Ultima tappa Pratello, quando si sta bene in compagnia si perde la concezione del tempo
11 Ottobre 2020
Terza e ultima visita dell’esperienza in Valtenesi nell’azienda Pratello.
Azienda che avevamo incontrato anche il giorno precedente nel corso di una sosta/aperitivo in una delle zone dove sono presenti i loro vigneti, precisamente a Sant’Emiliano Alto, dove è situata l’omonima Pieve Romanica (nella quale venivano raccolti i dazi doganali). Oltre alla vista mozzafiato siamo stati deliziati in quell’occasione da Naike, quinta generazione dell’azienda, da un assaggio di due delle etichette prodotte e qualche stuzzichino. I terreni più prossimi al lago sono caratterizzati da sassi, porfidi, graniti oltre a ghiaia ed arenaria.
L’azienda, fondata a fine ‘800 dal bisnonno della giovane, conta 120 ettari situati anche nei territori di Ronchi, Sant’Emiliano Basso, nella zona del Lugana DOC, Brusadilì, Fornaci, Ogaria. Circa l’80% sono coltivati a vigneto mentre nel restante 20% vengono allevati animali come oche, anatre, galline accomunati dalle zampe palmate utili a favorire la pacciamatura del terreno.
Ma veniamo al pomeriggio di domenica e alla visita nel corpo centrale dell’azienda Pratello che si trova a Padenghe sul Garda, a circa tre chilometri in linea d’aria dal Lago di Garda. Ci accoglie la giovane Naike e cominciamo subito la degustazione con il Tuchì, da uve del vecchio tocai, un vino prodotto in una delle più antiche DOC “San Martino della Battaglia” da vigne vecchie 80 anni e rivalutate dall’azienda che ha iniziato a commercializzare questa etichetta nel 2018.
Il nome “Ottocento” è un riferimento ad una delle battaglie più cruente della storia, nella II Guerra d’Indipendenza tra Italia, Francia ed Austria.
Un’uva portata in Italia dall’impero Austro Ungarico, espiantata via via nel corso degli anni dai contadini poichè poco fruttuosa a livello economico, sostituita dalla più redditizia Turbiana.
Ci troviamo davanti ad un vino giovane, con profumi freschi di agrume, salvia, ottima acidità e sapidità e a mio avviso un buon potenziale nel corso dei prossimi due/tre anni, curioso di riassaggiarlo.
Cambio di protagonista nella conduzione della degustazione dei vini Pratello con l’arrivo di Vincenzo, padre di Naike, che fa il suo ingresso in scena in modo esuberante ma di estrema professionalità.
L’anima dell’azienda, senza cellulare (va a scrocco dalla figlia), ci delizia con un vino a lui estremamente caro e accompagnato dalla frase: “il vino per chi ama il vino”.
Un Riesling 2019 fresco, dai sentori di salvia, rosmarino, alloro, mango, frutto della passione fiori di sambuco, in bocca persistente fresco, abbastanza sapido. Un vino che si può bere oggi come tra dieci anni con un piacere di beva che si mantiene nel tempo nella sua espressione delle colline moreniche.
Vincenzo ci delizia con la sua filosofia di eliminare tutto ciò che di superfluo c’è nel vino tra cui zuccheri ed aromi, per enfatizzare la varietà, l’uva, il territorio di produzione, senza maschere non necessarie.
Passiamo poi al Manzoni Bianco, dai profumi di mango, cannella, rosa canina e delle punte speziate di noce moscata. Come gli altri fresco, minerale, sapido, caratteristiche che si trovano in quasi tutti i vini prodotti nelle zone limitrofe del lago.
Sicuramente viene trasmessa la filosofia di Vincenzo nel bicchiere e negli assaggi, vini diretti, verticali, senza il superfluo.
Un assaggio di Lugana “90+10” con un 90% di Turbiana e un 10% di altre uve bianche per poi passare al 100% Rebo 2015, un uva incrocio di Merlot e Teroldego di origine trentina.
Uve appassite per una cinquantina di giorni, macerazione di un mese e affinamento tra acciaio e tonneau di un anno. Un vino di carattere, con sentori di prugna, frutta rossa molto matura, spezie, cannella, cioccolato. Ottima struttura e persistenza con mineralità e spalla acida che ne anticipano un futuro molto promettente.
Più volte citata la lavorazione in anfora nel corso della chiacchierata Vincenzo di delizia con un Groppello 2015, non ancora in commercio, macerato 15 giorni sulle bucce e affinato per due anni in anfore di terracotta. Un vino di una linea molto particolare denominata Kahos (il che è tutto un dire) che mi ha emozionato con sentori che ricordano il Pinot Nero al naso, il varietale nella sua espressione più pulita, e in bocca un tannino importante ma domato, con dei sentori ancora verdi.
Quando il produttore si sta divertendo è sempre un piacere e siamo stati deliziati anche da un Syrah del 2016 in versione rosè affinato in barrique per due anni. Un vino, che al contrario del precedente non è il mio genere, ma è stato un piacere poterlo assaggiare e scoprire con i suoi sentori di vaniglia, pepe bianco, frutta esotica e candita.
Dopo un ritorno sul calice di Groppello si è fatto tardi ma quando si sta bene il tempo scorre che è un piacere. Naike ci porta a vedere la cantina sotterranea dove troviamo parte dello stoccaggio sia delle bottiglie sia dei vari vasi vinari dall’acciaio, al legno di diverso formato alle anfore.
Una chiusura “col botto” di un weekend in Valtenesi, non solo rosato ma alla scoperta di un territorio che non avevo mai approfondito così da vicino.