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mercoledì, 19 Marzo, 2025

Con la nuova e la più storica generazione di Fattoria Pomona, Castellina in Chianti (Siena)

Fattoria Pomona, con la seconda e l’ultima generazione dell’azienda rappresentate da nonna Inge, nipote Cosimo e la compagna Andrea

16 Giugno 2023

Nel cuore del Chianti Classico, a Castellina in Chianti, precisamente in Località Pomona, sorge l’azienda Fattoria Pomona, guidata oggi da Monica Raspi, assieme alla nuova generazione rappresentata dal figlio Cosimo e la compagna Andrea, ma sempre sotto la supervisione di nonna Inge.

Una mattinata che comincia con una passeggiata nel vigneto più vicino all’azienda, scortati dal bassottino Zoe, al di là della strada principale, ben delineato da fili elettrici, utili a proteggere la produzione da ospiti poco desiderati, come cinghiali, cervi o caprioli. Siamo nel vigneto dell’ “Omino”, ribattezzato così per una costruzione di sassi creata per gioco da Cosimo e la sorella Costanza, quando era bambino, dalle sembianze di un uomo con il cappello. Poco meno di due ettari e mezzo, nella zona più calda ed assolata, abbracciata dal bosco. Questo si divide principalmente in tre, con una parte che ospita le vigne più vecchie, del 1998, una parte di vigna piantata nel 2014 e un’ultima che vede un nuovo impianto di sei anni. Gli altri due appezzamenti si trovano in località Sant’Ilario, meno di due ettari, e in zona Termine, nei pressi dell’omonimo rigagnolo, anche in questo caso circa due ettari, che fanno arrivare ad un totale di circa sei ettari la superficie vitata dell’azienda.

Fattoria Pomona è certificata BIO dal 2012, praticando un’agricoltura di assistenza, che possa assecondare il decorso della vigna. Trattamenti a base di rame e zolfo in bassi volumi; la gestione del suolo prevede la lavorazione del sottofila ed il decompattamento delle carreggiate a fine stagione, lasciando i filari inerbiti. Le ultime annate sono state molto sfidanti, caratterizzate da piogge eccessive a parte le ultime due che hanno visto una predominanza della siccità. La stagione primaverile del 2023 si è aperta con una grandinata, fenomeno sempre più frequente in terra toscana, contrariamente al passato.

I terreni sono abbastanza uniformi, calcareo-marnosi, con la presenza, in alcuni punti specifici, di argille che tendono a colorazioni bluastre. Nella parte più a sud troviamo suoli un po’ più sciolti.

Tuffandoci nella storia troviamo il capostipite di questa realtà nella figura di Bandino Bandini, trisnonno di Cosimo, che nel 1890 ha comprato la proprietà, creando un’azienda mezzadrile, con circa novanta ettari, tra allevamenti, coltivazioni e le varie strutture, tra cui il forno per la terracotta e il frantoio. Dalle larghe vedute commerciali e un passato come ufficiale dell’esercito, nei documenti di compravendita ritrovati, si può leggere la sua professione, indicata come “benestante”. L’azienda subì un abbandono di trent’anni, a causa dei mancati pagamenti dei mezzadri, da parte della matrona ereditiera dell’epoca, facendo così decadere i vari contratti di lavoro e di conseguenza le attività dell’azienda.

All’epoca di Bandino Bandini il vino veniva fatto in maniera hobbistica, con testimonianze del 1936 che indicano che si tentava di produrre un vino di qualità, ma tra la guerra, la fine della mezzadria e il frumento che portava più profitto, non era di certo la priorità aziendale.

Il punto di svolta di Fattoria Pomona avvenne tra il 1979 e il 1980 quando Enzo Raspi, nonno di Cosimo, prese in mano questa realtà, pur provenendo dal settore medicale, convinto che il Chianti Classico fosse un buon vino, ma quello di Pomona fosse nettamente migliore. Così si piantò un primo ettaro e duemila metri di vigna, 80% Sangiovese e 20% Cabernet Sauvignon, seguendo le tendenze dell’epoca. Si iniziarono le prime vinificazioni di qualità e grazie alle origini tedesche della moglie Inge, si iniziò a commercializzare le prime bottiglie, esclusivamente della Riserva, proprio in Germania. Nonna Inge che ha portato avanti l’attività di famiglia, anche dopo la scomparsa del marito, fino al 2007, quando ha lasciato le redini alla figlia Monica, che nel frattempo lavorava come veterinaria. Trovandosi davanti ad un bivio, se continuare quanto avevano costruito i genitori pur senza basi tecniche, o se vendere il tutto, decise per la prima opzione, rimboccandosi le maniche ed entrando in questo mondo “dalla porta dello sgabuzzino”. Venendo ai giorni nostri, l’unico che ha scelto consapevolmente di intraprendere questa strada è l’ultima generazione, Cosimo, che ha studiato enologia e si è trovato “pronto” ad affrontare questa attività, fin da subito, non provenendo da altri settori, ma essendo nato e cresciuto nel vortice aziendale, fino ad appassionarsi e voler fare questo mestiere.

Curiosità è che nonna Inge vive nell’appartamento più alto presente in azienda, costruito in un secondo momento su quella che originariamente era la terrazza della villa, godendo di una vista su San Gimignano e Monteriggioni.

Proseguendo la scoperta di Fattoria Pomona, ci spostiamo in una prima parte di cantina, dove all’interno delle vasche d’acciaio avvengono le fermentazioni delle uve, esclusivamente raccolte a mano. Un processo che avviene in maniera spontanea dopo la diraspatura. Anche qui viene applicato lo stesso concetto del minor intervento possibile, che si promuove in vigna. Un piccolo supporto solo dalle nuove tecnologie che permettono di controllare le temperature delle vasche, così da regolare i diversi processi. Gli affinamenti avvengono nella parte superiore, dove è presente la cantina originaria, a ferro di cavallo, all’interno della quale troviamo botti grandi di rovere di Slavonia (dai dieci ai venticinque ettolitri, con sole due botti da settecento litri, che hanno più di vent’anni), ma anche vasche in cemento ed acciaio e un unico clayver, per l’affinamento del bianco 100% Trebbiano. Le vasche in cemento sono quelle originali utilizzate dai nonni ed è affascinante vedere una dedica di nonna Inge a nonno Enzo, per le nozze d’argento del 1984, fatta applicare ad una di queste: “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai in una botte scura e teco affogar mi è dolce in questo mar di vino”.

Il nome del borgo, che ha poi battezzato l’azienda, proviene da quello della Ninfa dei Giardini, Pomona, che troviamo nel mito greco; una bellissima ragazza che si dedica alle piante e fiori. Questa è stata adocchiata da Zeus, che, però, non suscitò alcun interesse in lei. Il re degli olimpi, per dispetto, la trasformò in una Ninfa.

Le bottiglie prodotte da Fattoria Pomona sono circa venti/venticinque mila per anno e si dividono in sei etichette: un solo bianco “Pomonica”, 100% Trebbiano; “Piero Grosso” e “Piero Rosso”, entrambi ottenuti da uve di Sangiovese delle piante più giovani, con il primo in bottiglia da litro e uve della parte più bassa delle vigne, definito come vino “democratico e quotidiano”; i nomi sono dedicati al fratello Piero. Passando al mondo dei Chianti Classico troviamo l’annata e la Riserva, ottenuti rispettivamente con uve di Termini e Sant’Ilario il primo e con sole uve di Pomona per la Riserva. Infine l’internazionale Cabernet Sauvignon, che un tempo era stato piantato per “coccolare” il Sangiovese.

Per toccare con naso e bocca il lavoro dell’azienda ci sediamo nella ventilata parte esterna, cominciando gli assaggi con il Chianti Classico 2020, vestito di un’etichetta che porta lo stemma di famiglia, con rappresentate due aquile nere. Sangiovese che resta in macerazione per circa tre settimane e vino che affina tra i dieci e dodici mesi in botti grandi di legno per offrire al naso sentori freschi, di frutti rossi, spunti mentolati, nota di cuoio, leggermente ematico, con un tocco ferroso e di sanguinella. In bocca entra fresco e con una buona beva, buona anche la sapidità e mineralità, oltre alla spalla acida e persistenza, con tannini fini e ben integrati.

La Riserva è ormai esaurita o già assegnata, dedicandoci così al Cabernet Sauvignon 2021, ottenuto da uve prodotte da vecchie piante, affinato in solo acciaio per un anno. Vino che esprime note fresche, erbacee, con un immancabile presenza di peperone verde, pur moderato, un tocco di lampone, note floreali, frutti di bosco, leggero inizio di sottobosco. In bocca la freschezza e la beva la fanno da padrone, con una buona acidità, finezza, tannino che emerge ma non sovrasta, buona sapidità e mineralità e discreta persistenza.

Fattoria Pomona produce anche una piccola quantità d’olio, ad uso per lo più interno e l’idea è quella di poter espandere negli anni sia questa attività, sia i vigneti, arrivando ad un target di dieci ettari.

Prima di andare via, foto di rito anche con nonna Inge, oltre allo scambio di magliette, Pomona per me e la 260 per Cosimo e Andrea.

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