In Der Eben, dopo una strada tutta curve e tornanti si raggiunge il Maso dove Urban e la sua famiglia si dedicano alla produzione di vino e mele
02 Dicembre 2023
Una stradina tutta curve e tornanti, laterale dell’autostrada del Brennero, ci porta a raggiungere la località Lastebasse dove Urban e la sua famiglia hanno fondato l’azienda In Der Eben. Ci troviamo in uno storico Maso, le cui origini si fanno risalire al quattordicesimo secolo, con alcune testimonianze scritte che attestano la produzione di vino in questa zona fin dal 1348. Forse quest’attività vede la sua origine anche in anni precedenti, ma non sono mai stati trovati scritti a dimostrarlo, antecedenti alla data citata.
La storia di In Der Eben è iniziata quando il nonno di Urban, Heinrich, viticoltore di Bolzano, si è visto espropriare il suo vigneto principale a causa dell’urbanizzazione della città e, con il ricavato, ha acquistato il vecchio Maso nel 1982. È stato papà Johannes a dare una svolta all’azienda, cominciando il percorso di conversione al biologico, nel 1990, uno dei primi in Alto Adige, assieme al papà di un altro amico, Thomas Niederemayr.
All’inizio le uve erano conferite alla cantina sociale, ma visti i risultati ottimali che si ottenevano, in termini di qualità e, non volendo che queste finissero assieme alla massa, Johannes cominciò a produrre i propri vini in bottiglia. Nel 2005 è stata creata una migliore strada per congiungere il fondo valle al Maso e, nello stesso anno, è stata impostata la cantina, nella parte più bassa della struttura, dove un tempo avvenivano già vinificazioni e sicuramente uno degli ambienti era dedicato alla stagionatura dello speck.
Un’attività che ha coinvolto anche il figlio Urban, il quale, dopo gli studi a Laimburg e la specializzazione in un’altra scuola tedesca, nel 2010, ha cominciato ad affiancare il padre, per poi prendere in mano la conduzione di In Der Eben ufficialmente dal 2014. Un lavoro portato avanti, dal 2010 al 2015, parallelamente ad un’altra professione, assieme ad un gruppo di viticoltori altoatesini, che lo ha visto coinvolto in molte aziende tedesche ed austriache, come consulente per i lavori di campagna nella realtà di Marco Simonit.
Un’esperienza molto formativa e importante che lo ha portato a vedere nuove aziende, principalmente biodinamiche anche se molto impegnativa, in termini di orari molto duri, dormendo spesso fuori casa e una discreta mole di chilometri per raggiungere tutte le aziende seguite.
Oggi In Der Eben conta tre ettari e mezzo a corpo, tra i trecentocinquanta e i quattrocentocinquanta metri sul livello del mare e alcune migliaia di metri gestiti in collaborazione con un amico frutticoltore situato a San Paolo.
Vicino all’azienda si trova un terreno ricco di porfido di origine vulcanica, mentre la vigna di San Paolo è caratterizzata da un terreno alluvionale, con sabbie fini, molta più profondità e fertilità. Per quanto riguarda i terreni vicini all’azienda troviamo un substrato molto magro, povero, “danno poco ma molto concentrato, non in termini di alcol, ma con tannini più alti rispetto alla media dell’Alto Adige”.
L’azienda è certificata BIO, ma si lavora utilizzando anche alcuni principi della biodinamica, dal 2014, con trattamenti a base di rame e zolfo, che vengono integrati con preparati a base di latte, bicarbonato, oltre a quelli biodinamici come 500P (che al suo interno presenta materia di accumulo già integrata), 501 e compost a base di letame e vinacce. La ragazza di Urban possiede un allevamento di angus da carne, da cui si ricava la materia organica. Non è escluso per il futuro che qualche animale possa passare un periodo in vigna, ma magari su punterà a qualche vitello, che di sicuro è più docile dei tori.
La varietà principale allevata è la Schiava, vinificata in tre versioni, oltre a Sauvignon; Traminer; Moscato Giallo; Malvasia Rossa (vecchia varietà locale); Pinot Nero; e un vigneto misto di Teroldego, Lagrein e Merlot, da cui si ottiene un blend di campo “Freistill”.
Le bottiglie prodotte per anno sono circa venti/venticinque mila, con una prospettiva di arrivare a trentamila, visti i nuovi impianti che entreranno in produzione. “Siamo piccolini ma in montagna c’è da fare!”.
Parlando di nuovi impianti e progetti, lo scorso anno si è piantato un vigneto di Riesling Renano, nei terreni di un’amica a Bressanone e, assieme a lei, anche se si occupa di tutt’altro, c’è l’idea di produrre una nuova etichetta a base di quest’uva, in purezza.
Le etichette sono il corrispettivo delle varietà coltivate, citate precedentemente, anche se la Schiava trova tre diverse interpretazioni: una in rosato e due in rosso di cui una è più giovane e fresca, mentre la seconda è il frutto di una selezione di uve e un affinamento di più tempo tra botte e bottiglia. Oltre alla produzione di vino si producono anche mele, attività in capo a papà Johannes, con cui, oltre al conferimento alle cooperative, si produce del succo di mela ad uso famigliare e si è sperimentata la produzione di sidro, che, forse nel prossimo futuro, potrebbe rappresentare una nuova area produttiva di In Der Eben.
In cantina la filosofia rispecchia quella della vigna, le fermentazioni sono spontanee e si cerca di trovare il momento giusto per effettuare le corrette operazioni, presidiando e assaggiando puntualmente i vini. L’imbottigliamento, oltre ad essere determinato dalla prontezza dei vini, segue l’andamento lunare.
Prima di assaggiare i vini in bottiglia andiamo a dare uno sguardo alla cantina, al di là della sala degustazioni, dove si possono vedere due ambienti di epoche distinte. La prima area, dove prevalgono le vasche in acciaio è di più recente costruzione, mentre la parte più storica della cantina risale al quattordicesimo secolo, o forse anche prima.
Qui sono presenti principalmente botti di legno, di diverso formato, dai tonneau al legno grande, poiché la mentalità di In Der Eben e di Urban è quella di far fermentare quasi tutti i vini proprio in legno, materiale in cui svolgono l’affinamento.
Tornando al caldo della sala degustazioni iniziamo ad assaggiare i vini dell’azienda, che si contraddistinguono per essere tutti tappati con tappo di vetro, fin dal 2011.
Il primo assaggio è di Malvasia Rossa 2020 che affina due anni in tonneau e dieci mesi in bottiglia; un vino dalle note di piccoli frutti rossi, ribes, fragolina di bosco e una nota speziata che lo contraddistingue, per un sorso fresco, dalla buona acidità, un discreto tannino e sapidità, discreta la persistenza.
Passiamo alla protagonista di In Der Eben, la Schiava, “Sant’Anna” 2020, con un nome che proviene dalla chiesetta di Sant’Anna, adiacente ai vigneti dell’azienda. Non facendo parte della DOC Alto Adige, nello specifico della sottozona Santa Maddalena, e avendo un’altra Santa tra i vigneti di Schiava, si è battezzata così questa etichetta. Una Schiava che affina sempre in botte grande, per almeno ventiquattro mesi e, nello specifico, questo vino è il risultato del blend di quattro vasi vinari. Al naso emergono i frutti di bosco, un sottofondo speziato, spunto di alloro, nota di liquirizia, un tocco di caffè, mentre in bocca entra fresco, abbastanza sapido e minerale, di buona beva, con una discreta complessità, un tannino che si fa sentire e una discreta persistenza.
La seconda interpretazione di Schiava è la “Sant’Anna R”, 2016, dove la lettera “erre” sottolinea che si tratta di una sorta di Riserva, anche se non prevista da alcun disciplinare per questa varietà. Ottenuta da una selezione in vigna, fermentazione delle uve con i raspi e affinamento per più di quaranta mesi in botte grande. Vino scommessa di Urban, il quale vuole dimostrare che la Schiava può essere una varietà atta all’invecchiamento. In questo caso troviamo note che tendono più al sottobosco, leggere note di frutta sotto spirito, note ematiche, un tocco di rabarbaro e una leggera balsamicità, mantenendo in bocca un’ottima freschezza, verticalità, con una percentuale alcolica del 12% ha una grande beva, buona mineralità e sapidità, la costante presenza di un tannino che si fa sentire e una buona persistenza.
Una piccola parentesi sul nome di questa realtà, In Der Eben significa letteralmente “in pianura” e questo è lo storico nome del Maso, che è stato attribuito, non per la sua posizione pianeggiante, ma per la serie di pianure, una sopra all’altra, che si trovano nella strada che porta a Bressanone.
Non poteva mancare un assaggio di Pinot Nero 2019, con uve provenienti dal vigneto più alto di In Der Eben, a cinquecentocinquanta metri sul livello del mare, vino affinato, anche in questo caso, in botte grande, solitamente trenta mesi. Al naso emergono sentori di ciliegia matura, note erbacee, quasi terrose, bastone di liquirizia, un sottofondo speziato e di sottobosco. Al palato una ricca spalla acida, un discreto corpo e sapidità, abbastanza minerale, ricco di tannino e con una buona persistenza.
Conclusione del mondo dei vini rossi con il blend di campo “stile libero” o “Freistil” 2018, uvaggio di Teroldego, Lagrein e Merlot, uve che vengono vendemmiate, vinificate ed affinate assieme. Un vino dal colore più scuro di tutti gli altri, con sentori di frutti neri, note di confettura, un tocco inchiostro, note di liquirizia fresca, spunto di cioccolata, mantenendo sempre una velata speziatura. In bocca presenta una buona spalla acida, con un buon corpo, vino pieno intenso ma al contempo verticale, con una discreta sapidità, tannino immancabile e buona persistenza.
Prima di lasciare l’azienda un passaggio anche dei due vini bianchi, Sauvignon 2020, e Gewürtztraminer 2021, con uve che vengono, in entrambi i casi lasciate per un 30% a contatto sulle bucce, mentre l’affinamento avviene in legno.
Si ottiene così un Sauvignon che punta più a sentori fruttati e meno varietali, esprimendo note di pesca gialla, un tocco erbaceo, di fieno, fiore di sambuco, salvia, camomilla per un palato ricco di acidità, un’estrazione di tannino, sapidità, freschezza, buona beva e discreta persistenza.
Anche nel secondo vino il varietale non è troppo spinto, con note di frutta, agrume, un velo di zagara e note di miele, per un sorso elegante, con una buona acidità, discreta sapidità, freschezza, buona sapidità tannino.
Ringraziando Urban per l’accoglienza e la panoramica sui suoi vini, con un particolare focus sulla Schiava, per lui maglietta numero 299!