Ivan Vogric, chiacchierata con una delle viste più belle sui vigneti del Collio a poche decine di metri dal confine con la Slovenia
21.01.2024
Ci troviamo in Località Uclanzi, frazione di San Floriano, in una delle terrazze più belle del Collio, in compagnia di Ivan Vogric, che oggi conduce l’azienda di famiglia, ribattezzata a suo nome.
Una realtà famigliare che si compone di undici ettari a corpo, avendo trenta/trentacinque anni fa raggruppato tutte le proprietà, acquistando anche le terre confinanti per ottimizzare gli spostamenti ed avere tutti i vigneti in prossimità della cantina. Ad esclusione di un ettaro e mezzo in Località Giasbarna, a tre chilometri e mezzo.
Ivan è stato uno dei primi figli di agricoltori in zona della sua generazione a studiare, grazie alla lungimiranza di papà Luciano che spinse affinchè si formasse alla scuola di enologia a Cividale del Friuli. Scuola che è stata la fortuna dell’agricoltura di questa Regione, grazie anche ai finanziamenti dedicati, iniziando a “sfornare” profili professionali non solo preparati nella pratica, ma anche nella teoria di conduzione di vigna e cantina.
Finita la scuola, nel 1984 e dopo un anno di militare Ivan Vogric, iniziò la co-conduzione di quella che era l’attività di famiglia, grazie al piccolo bagaglio lasciato dai nonni e del papà. Queste zone erano un tempo molto povere e una parte dei terreni dell’azienda fu riscattata a fine anni ’50 dai nonni, che in precedenza non erano nemmeno proprietari. Il vino era un alimento e quello che si riusciva a vendere faceva prendere “una boccata d’aria economica” alle famiglie. Nel 1964 è nato il Consorzio del Collio e “se quella volta si fosse deciso di inserire nel disciplinare un tempo di attesa di almeno un anno prima di vendere il prodotto finale, sicuramente si sarebbe fatta più qualità eliminando così i vari pastroccioni”.
C’è da ricordare che negli anni sessanta un litro latte valeva come un litro vino e i produttori di vino ci hanno messo la faccia per innalzare la qualità di questo prodotto e incrementarne via via i costi. “Chissà se i produttori di latte avessero fatto la stessa cosa, forse oggi non ci sarebbe una monovarietà e parte dei terreni del Collio potrebbe essere dedicata alle vacche al pascolo”.
Nel 1993 l’azienda è stata presa in gestione totalmente da Ivan Vogric, essendo papà Luciano andato in pensione. Luciano che ai suoi tempi non ha colto l’occasione di mettere il vino in bottiglia, cosa che ha iniziato a fare fin da subito Ivan, arrivando oggi a produrre circa sedicimila bottiglie. Una produzione limitata che si potrebbe ottenere anche con meno superficie vitata; con il senno di poi undici ettari sono sicuramente più del fabbisogno di una piccola azienda famigliare come questa, che vende una parte delle sue uve ad una grande azienda del territorio.
Il 90% dei vini sono bianchi, mentre viene prodotto un solo rosso a base di Cabernet Sauvignon. Per quanto riguarda i bianchi Ivan Vogric produce solo monovarietali, tra cui Pinot Grigio, Friulano, Malvasia e Sauvignon, avendo anche una parte di Chardonnay, che però non viene imbottigliato. Anche se il Collio è famoso per la Ribolla Gialla i terreni dove sorgono le sue vigne non sono favorevoli a questa varietà che richiede un substrato più magro e povero. Qui i terreni sono più ricchi ed argillosi, pur essendoci nella parte inferiore la tipica ponca.
La gestione della vigna viene portata avanti in maniera “convenzionale”; secondo Ivan il biologico è una sorta di presa in giro poiché il solfato di rame è un metallo pesante e i prodotti ad alto lavamento devono essere erogati con più frequenza, “il trattore non va ad acqua santa, ma è necessario un combustibile fossile”. L’ultima annata è stata particolarmente difficile e i trattamenti sono stati quindici, anche se sono stati interrotti a luglio. I terreni vengono lasciati inerbiti, ma si effettua un diserbo autunnale. Si preferisce utilizzare il glifosato che mettere a repentaglio la salute degli operatori che lavorano nei terrazzamenti.
Le vinificazioni possono essere definite “classiche”, con una mezza giornata di macerazione per le varietà a bacca bianca, per poi pressare tutta la massa diraspata e far fermentare le uve in acciaio, con lieviti selezionati. Dal primo travaso fino a fine gennaio viene fatto un battonage, regalando così più ricchezza e una sorta di grassezza al vino. Uno sguardo alla cantina ci fa toccare con mano i dieci gradi di temperatura costante che permette una continua autolisi dei lieviti che non interrompono il loro lavoro. Dopo aver affinato in solo acciaio, l’imbottigliamento avviene tendenzialmente a fine aprile, per avere vini pronti a fine maggio e conseguente presentazione all’evento Cantine Aperte, svolto in un clima di festa, assieme ad un amico che organizza un chiosco con del cibo, un altro amico che produce miele e una vicina con la vena artistica, la quale presenta una mostra fotografica.
Per quanto riguarda il vino rosso, viene ottenuto da una vigna di trent’anni, piantata contro le dicerie popolari che sostenevano che il Friuli non è una terra da vini rossi. Un vino che si è cominciato ad imbottigliare nel 2004 (anno in cui Ivan ha conosciuto la futura moglie, Katja). Così è stata presa la decisione di non vendere più le uve e vendemmiarle tardivamente, entro il quindici di ottobre, raccogliendo i grappoli più belli una settimana prima per lasciarli in appassimento all’interno del vecchio fienile. Successivamente viene vendemmiato tutto il resto della produzione, che viene vinificata e svinata facendo ripassare il vino sugli acini precedentemente appassiti. La massa ottenuta fa un passaggio in legno, utilizzando botti di diverse dimensioni, due botti da nove ettolitri, due tonneau e due vecchie barrique, per consentire al vino di ossigenarsi, senza assorbire sentori di legno. Dopo un anno in legno, sei mesi di riposo in acciaio e almeno due anni di bottiglia il vino può essere proposto sul mercato. Ora è disponibile l’annata 2019.
Dopo la cantina e l’approfondimento sui processi di vinificazione uno sguardo da vicino alla vigna che un tempo veniva curata da papà Luciano, “a modo suo”. Facendo una passeggiata lungo la strada asfaltata che porta alla parte più bassa della proprietà si trova la vecchia casa di nonna Marica (pronunciato Mariza), mancata all’età di 104 anni, a cui è stata dedicata una magnum di rosso quattro anni prima, al compimento del centenario.
In Friuli c’era una sorta di regola non scritta la quale prevedeva che l’uomo a pasto aveva diritto ad un bicchiere di vino, mentre la donna mezzo. Una tradizione rispettata, pur considerando un tempo il vino come un alimento, senza far differenza tra varietà, ma semplicemente considerandolo vino comune o bianco o rosso.
Tornati alla salda degustazioni (costruita nel 2010 sulle ceneri della vecchia stalla dei maiali) e alla splendida vallata ricca di vigneti, che porta lo sguardo fino in Slovenia, possiamo approfondire che la terrazza di fronte a noi qualche anno fa era un insieme di undici vigneti, oggi unificati in due lotti, intubando un fosso e recuperando il 20% di superficie incolta. Il risultato è stato una meccanizzazione di quest’area e un’ottimizzazione anche dal punto di vista idrico, consentendo una maggior resistenza e stabilità in caso di piogge, decisamente frequenti in queste zone.
Per il futuro c’è il progetto di creare sinergie con ristoranti o catering del posto per organizzare eventi di degustazione abbinati anche ai cibi friulani, così da offrire ai numerosi turisti, principalmente tedeschi e austriaci, un’esperienza a tutto tondo sul territorio.
Da sempre Ivan Vogric conserva alcune bottiglie e abbiamo il piacere di stappare un Sauvignon 2013. Al naso possiamo godere ancora di una grande freschezza, sentori verdi, erbacei, mentolati, balsamici, con un sottofondo di leggero peperone, tocco di liquirizia, note di mandorla secca, anice stellato. In bocca riappaiono i sentori di liquirizia, un’ottima freschezza, acidità, sapidità, discreta mineralità, per un sorso pieno, con un buon corpo, ma grande beva.
L’azienda Ivan Vogric gode di tre punti forza: il terreno, da cui affiora la dura roccia carsica; il fattore climatico, essendo a venti chilometri dal mare e cinquanta chilometri dalle Alpi Giulie e il fattore umano, con la passione che ci si mette nei lavori. Così abbiamo il risultato di tre generazioni di persone che hanno lavorato non per un valore economico, ma al fine di creare qualcosa di unico per la propria famiglia, che un giorno sarà un’eredità per chi avrà la stessa filosofia.
Tra gli ultimi sorsi di Sauvignon un ringraziamento ad Ivan e maglietta 304 per lui!