Le Canà, un’azienda a conduzione famigliare che è passata dal conferimento delle uve alla produzione di vino in bottiglia, grazie a Paola, Alessandra e Luca
27 Novembre 2023
All’interno del mondo di Le Canà, assieme a Paola e al marito Luca, che si occupano della parte di accoglienza e dell’agriturismo di questa giovane realtà. Il nome dell’azienda è un chiaro riferimento ad un tino di legno del passato, che in questa zona era rettangolare, dove un tempo veniva pigiato il vino con i piedi e grazie alla canalina centrale defluiva il mosto.
L’azienda è a conduzione famigliare e oltre a Paola i protagonisti principali sono la sorella Alessandra, che si occupa di amministrazione e il fratello Luca, l’enologo di casa. Sembra una barzelletta, ma c’è un terzo Luca coinvolto nei processi aziendali, il marito di Alessandra!
Per ascoltare la storia di Le Canà ci sediamo al tavolo della grande sala degustazioni e, grazie alla voce narrante di Paola, scopriamo che l’azienda ha più di cent’anni di storia vitivinicola, con la sua famiglia che si è dedicata al conferimento delle uve e, fino a qualche anno fa, anche alla produzione di frutta. Il punto di svolta nel 2014, quando è stata creata ufficialmente la società agricola tra i tre fratelli, al termine degli studi di Luca ed Alessandra e dopo il richiamo alle origini di Paola, che negli anni precedenti era impegnata nell’insegnamento.
Mentre i fratelli hanno scelto quasi fisiologicamente una determinata strada che confluiva nell’attività di famiglia, quella di Paola è stata una scelta quasi conflittuale che da un lato la vedeva protagonista di tale realtà, mentre dall’altro c’era l’immaginario di stare a chilometri di distanza da quel mondo. Tra la voglia di restare e quella di andare via ha prevalso il primo desiderio.
“Se molli le potenzialità restano un forse, restano un sogno. Forse da sola non lo avrei fatto, ma assieme ai miei fratelli ho capito che quella era la cosa giusta da fare”. “Siamo in un paesino di mille anime, viviamo qui, d’inverno siamo noi i cinghiali, gli istrici, i caprioli e i nostri cani, pertanto devi essere deciso e pronto ad intraprendere questa vita, in completa armonia con la natura”.
Le Canà nel corso degli anni si è affermata nella produzione del vino in bottiglia e, dal 2020, ha aperto le sue porte alla ricettività, creando un agriturismo, con cinque appartamenti (dal monolocale a quello più grande con tre camere matrimoniali) sulle ceneri di un vecchio casolare tipico mezzadrile dell’800, mantenendone le caratteristiche architettoniche.
Parlando di vigna oggi si contano ventotto ettari, anche se si vinificano le uve di sette/otto di questi, dedicando la restante parte della produzione al conferimento. Tutti i vigneti sono a Carassai, disposti nelle due vallate principali, tredici ettari nella Valdaso (dietro i Monti Sibillini, con vista sul Mar Adriatico), lì dove scorre il fiume Aso, in una vallata molto aperta, prettamente agricola, dove è famosa la produzione di pesche. In quest’area, prettamente argillosa, vengono selezionate le uve a bacca bianca, mentre tra i quindici ettari disposti dall’altro lato, nella Vallata della Menocchia, più chiusa e con terreni più sabbiosi e variegati, si raccolgono le uve rosse.
Le Canà è BIO dal 2009, certificando prima le uve della produzione di vino in bottiglia. I trattamenti sono principalmente a base di rame e zolfo, con sovesci nella Val Menocchia, mentre nei vigneti più vicini al corpo dell’azienda si utilizza il letame.
In cantina si lavora principalmente con contenitori d’acciaio, ma anche con alcune barrique di rovere sia francesi sia americane.
Le vinificazioni sono tecniche, con fermentazioni innescate da lieviti selezionati, controllo delle temperature e l’utilizzo di gas inerte come l’azoto.
La produzione dei vini dell’azienda Le Canà di circa ottantamila bottiglie per anno, che si dividono in Passerina Spumante Brut, Metodo Martinotti, e una Passerina vinificata in bianco, rispettivamente “Gaialuce” (nome di fantasia) e “Quies”; due Pecorino Offida DOCG “Tornavento” e “Retemura”, con quest’ultimo che effettua la fermentazione in legno. Passiamo poi ad un Rosato “Doravera”; due Rosso Piceno: “Infernaccio” e “Davore” e Marche Rosso” Vincè, ottenuto da uve appassite.
Una degustazione con vista notturna sulle colline marchigiane che comincia con la Passerina spumantizzata con Metodo Martinotti dai sentori agrumati, scorza di limone, di una tenue mela gialla, un tocco di fiore bianco, gelsomino e una nota leggermente erbacea, di fieno, in sottofondo. In bocca la bolla è pungente, ha una buona spalla acida, freschezza, discreta sapidità, di beva e di non troppa persistenza.
Passiamo alla Passerina ferma annata 2022, “Quies” (dal latino “quiete”; le nonne si riposavano sotto al gelso in etichetta, presente nella proprietà, al ritorno dal lavaggio dei panni, percorrendo la vecchia strada che conduceva al fiume), lavorata in assenza di ossigeno e con controllo della temperatura, la quale esprime una buona nota aromatica, litchi, melone bianco, pesca bianca, tè verde, note di peperone, per un palato fresco, di buona beva con una buona acidità, discreta sapidità, per un sorso di discreta persistenza.
Il Pecorino è definito “il vino con cui divertirsi di più” per le sue caratteristiche e la versatilità in vinificazione. Andiamo ad assaggiare il “Tornavento” 2022 (appellativo dell’appezzamento di fronte all’azienda, a trecento sessanta metri sul livello del mare a circa metà Valle, baciato dal vento che va e torna dai Monti Sibillini), che esprime sentori più “pieni” del precedente, note che puntano all’agrume maturo, note tropicali, di ananas, basilico, ma anche un sottofondo di mandorla e uno spunto di pepe. In bocca spicca la sapidità, buona spalla acida, fresco, una nota quasi piccante, per una discreta persistenza e ottima beva.
Un assaggio anche del Pecorino “Retemura”, il più vecchio appezzamento di Pecorino, che significa letteralmente “dietro alle mura” (lì dove un tempo iniziava la campagna). Una fermentazione in legno di barrique francesi di primo passaggio, di un mese e mezzo circa, per poi affinare in legno. Annata 2021 che si esprime con un agrume maturo, note di miele di acacia, note erbacee, un pepe bianco che fa capolino, per un sorso comunque fresco, sapido, con una discreta acidità, buon corpo, buona beva e di buona persistenza.
Il mondo dei Rossi si apre con l’ “Infernaccio” (dal nome di un vecchio appezzamento di Sangiovese tra bosco, macchina mediterranea e calanchi; un tempo, difficilmente raggiungibile, e lavorabile solo manualmente, pertanto definito agli anziani del posto un infernaccio), Rosso Piceno, a base di Sangiovese che predomina e Montepulciano al 20%, affinato in solo acciaio.
Annata 2022 esprime un ottimo tripudio di frutti rossi al naso, con note floreali, di petali di rosa, un leggero alloro e un leggerissimo sottobosco, per un sorso fresco, di beva, di buona acidità,
Un ultimo assaggio in cui si invertono le percentuali, con il Montepulciano che surmatura in vigna; l’affinamento è di un anno in barrique sia francesi sia americane. Il “Davore”, che significa “dalla parte delle bore” (o che guarda a nord, in questo caso), 2020, al naso si presenta più carico, con la frutta che tende al sotto spirito, prugna, frutti neri, inchiostro, grafite, un sottofondo speziato e di vaniglia. In bocca comunque emerge la freschezza, con un corpo e alcolicità importante, discreta sapidità, importante tannino e decisamente persistente.
Una serata a base di vino, ma anche di manicaretti locali, tra crostini tipici marchigiani; la Galantina, un piatto antico a base di gallina disossata e ripiena di carne macinata, spezie, carote, olive e uova sode, bollita ed affettata; lasagne e un rotolino di maiale con una riduzione di mosto.
Dopo una notte di tranquillo riposo nell’agriturismo e un’ottima colazione, per il team Le Canà maglietta numero 291!