Alla scoperta dell’azienda Manuelina, che prende il nome dalla figlia maggiore di Paolo Achilli, situata nella parte più orientale dell’Oltrepò Pavese
12 Febbraio 2023
Una mattinata in compagnia dell’amico e giornalista Valerio Bergamini, alla scoperta dell’azienda Manuelina, situata nella parte più orientale dell’Oltrepò Pavese, a Santa Maria della Versa, a pochi chilometri dal piacentino. Siamo a circa duecento metri sul livello del mare e assieme ad Andrea, che si occupa dell’accoglienza in azienda, ci immergiamo da subito tra i vigneti situati nella parte posteriore del cuore aziendale.
Manuelina oggi conta circa venticinque ettari vitati, di cui quindici sono a Pinot Nero, che si trovano tutti a corpo, ed in generale sono situati a pochi chilometri di distanza, oltre ad avere alcune vigne tra i trecento e i quattrocento metri sul livello del mare, da cui si ottengono le uve per le basi spumante.
Tra gli impianti si notano quelli più recenti di circa dieci/dodici anni fa, ma anche quelli più storici, come la vigna dedicata alla Croatina del “Pà Luigi”, con piante di sessanta/settant’anni, a doppia casarsa.
Il substrato di norma è caratterizzato da argilla, con alcune zone in cui il calcare la fa da padrone, “sfruttate” per la coltivazione del Riesling Renano.
Tutti i vigneti sono inerbiti in maniera naturale e annualmente si adotta la tecnica del sovescio, a base di piante che possano essere dei fissatori d’azoto, a filari alterni, pur non mancando delle piante spontanee, come la rucola selvatica, presente anche nel mese di febbraio. La conduzione segue i criteri della lotta integrata, interventi anticrittogamici limitati al minimo, concimazione fatta con prodotti organici solo di mantenimento e non di forzatura della produzione, potature corte e inerbimento naturale. Ci sono principalmente due peculiarità del terroir che giovano ai vigneti: la ricca umidità del terreno che riduce la possibilità che la pianta vada in stress idrico e la ricca ventilazione che caratterizza la Valle Versa.
Giunti quasi alla parte più alta degli appezzamenti si trova l’area pic-nic, creata da un paio d’anni come luogo da far vivere ai visitatori, sia con esperienze di degustazione all’aperto, sia per eventi più strutturati. Simpatico trovare le, ormai famose, “Matite di Aldo”, ottenute dalla lavorazione da parte dell’artigiano dei tronchi provenienti da boschi locali e colorate.
Un’altra particolarità di questo luogo è l’ultimo albero da frutto rimasto, un melo selvatico, a simboleggiare una delle antiche attività della famiglia Achilli, prima di dedicarsi a pieno alla viticoltura, ovvero la produzione e commercializzazione di mele.
La storia di questa realtà si può ricondurre agli anni venti del ‘900 quando due fratelli, Luigi e Guido Achilli, iniziarono la produzione di vino, che veniva commercializzato in damigiana, con il nome di Azienda Agricola Luigi Achilli. A continuare la strada tracciata da Luigi i due figli Paolo, più focalizzato sugli aspetti di campagna e vigneto e Antonio, più legato alla parte commerciale, anche se poi i ruoli si possono mescolare come in tutte le piccole realtà. Essendo il cognome Achilli molto frequente in queste zone, si è deciso di ribattezzare l’azienda con il nome della figlia maggiore di Paolo, Manuela, omonima della moglie di Antonio, coinvolte entrambe in azienda rispettivamente nei ruoli amministrativo e logistico.
Oggi si è mantenuta parte della tradizione di produrre vino sfuso, che si affianca alle circa duecentomila bottiglie per anno, le quali si dividono in tre tipologie di Metodo Classico, 100% Pinot Nero: “137”, “145”, i due Cru rispettivamente in Bianco e Rosè, con un affinamento minimo di trentasei e quarantotto mesi sui lieviti; oltre ad un Dosaggio Zero che affina almeno trentasei mesi. Con uve Pinot Nero in purezza vengono inoltre prodotti due spumanti Metodo Martinotti e due vini frizzanti più del quotidiano, in bianco e in rosa. Nel mondo dei bianchi troviamo un Pinot Grigio e un Riesling Renano, per poi passare ai rossi: Barbera, Pinot Nero e Sangue di Giuda, il rosso frizzante dolce con uve Croatina, Barbera e Uva Rara. Passiamo poi alla Croatina, che trova la sua espressione in due versioni di Bonarda. Achillius, per il progetto “La Mossa Perfetta”, portato avanti assieme al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese e ad altre quattordici aziende, nell’ottica di rilanciare questa tipologia di vino “Mossa”, simbolo per anni del territorio. Croatina che viene vinificata anche ferma, con un affinamento in botte grande da trenta ettolitri (unico vino di Manuelina che vede il legno) per un anno e almeno due anni di bottiglia, per dare vita alla Bonarda “Pà Luigi”, un vino più strutturato, dedicato al padre di Paolo e Antonio. Solo nelle migliori annate si lasciano affinare circa trecento bottiglie di “Pà Luigi” due anni in più così da creare una nuova etichetta dello stesso vino in edizione limitata, chiamata “Riserva del Fondatore”, venduta in cassetta di legno. Non da ultimo un vino dolce a base di Moscato.
Prima di assaggiare i vini, uno sguardo alla cantina, che un tempo era situata sotto all’attuale casa di Paolo, spazio che negli anni è risultato sempre più piccolo, pertanto si è deciso di investire in una nuova, più confortevole e moderna struttura. Qui troviamo autoclavi, vasche in acciaio, vetroresina ed una sola botte grande, in una cantina dove si utilizza l’azoto per i vari passaggi, temperature controllate e fermentazioni con lieviti selezionati. Qui si trova anche il magazzino e l’area di affinamento dei vini, scoprendo che “in cantiere” c’è un Metodo Classico che sta riposando sui lieviti, con l’obiettivo di proporlo sul mercato dopo centoventi mesi di affinamento. Dovremmo aspettare il 2030 per assaggiare questa chicca!
La filosofia di Manuelina è quella di lavorare sempre più nell’autonomia energetica, con tanto di pannelli solari, riducendo il più possibile gli sprechi. Negli ultimi anni è stata creata anche un’iniziativa che mira alla raccolta dei cartoni usati che verrebbero buttati via dai vari clienti, così da riciclare il materiale e dargli un altro ciclo vitale.
Sopra agli uffici, frutto dell’opera di ammodernamento della vecchia casa di famiglia, avvenuta nel 2000, è stata ricavata una sala degustazioni, che viene utilizzata nel periodo più freddo dell’anno o nelle giornate non favorevoli agli assaggi all’aria aperta.
Qui iniziamo ad assaggiare i vini prodotti, partendo dal Pinot Nero Metodo Classico Brut Rosè “145”, vendemmia 2016, in edizione limitata, essendo stato sboccato nell’ottobre 2021 dopo cinquantaquattro mesi sui lieviti e venduto solo dopo un anno dalla sboccatura. Al naso piccoli frutti rossi, note di arancia, pompelmo rosa, un leggero confetto e una delicata pasticceria per un palato fresco, con una buona spalla acida, bolla fine, buon equilibrio e discreta persistenza. L’etichetta riporta l’esatta porzione di vigna da cui vengono prodotte le uve per questo spumante che, purtroppo, nel 2017 non è stato prodotto, a causa di una gelata che ha bloccato il ciclo vitale delle piante.
Una bolla diversa in casa Manuelina la troviamo nella Bonarda “Achillius” 2021, dal cognome della famiglia Achilli, dove troviamo a simboleggiarlo un grappolo stilizzato, i cui acini sono rappresentati dalle impronte digitali della famiglia. Al naso si percepiscono sentori di ciliegia, marasca, chiodi di garofano, rosa fresca per un sorso fresco, con discreta acidità, tannino incisivo e discreta persistenza. La bottiglia utilizzata per il progetto è la Marasca e ognuna è numerata (2553 di 3500). La Bonarda nell’Oltrepò è definita come il vino della domenica e tale progetto, come anticipato, mira a rilanciarne la sua essenza e darle il giusto merito nel mercato del vino.
Un passaggio anche di bianco Riesling Renano “Filare 52”, dedicato all’anno di nascita di Paolo, 1952 che, nella sua annata 2020, deve ancora essere messo in vendita. Vino che affina per un anno in solo acciaio e più di un anno in bottiglia il quale esprime note di frutta tropicale, ananas, ginestra, che tendono poi al miele e ad una leggera nota di idrocarburo che fa capolino. In bocca un buon equilibrio, con una buona mineralità e un buon sostegno dalla spalla acida, per un vino di buona persistenza.
Non potevamo non finire con “Pà Luigi” Riserva del Fondatore, annata 2016, che riposa un anno in botte grande e quattro anni in bottiglia. Al naso note di marasca, amarena, frutta sotto spirito, arancia sanguinella, tabacco, cioccolato, per un sorso pieno, comunque fresco, di buona mineralità e discreta sapidità, tannino abbastanza delicato ed una ricca lunghezza.
Un’esperienza a tutto tondo nel mondo Manuelina, ringraziando Andrea e Antonio che meritano la maglietta 227!