Il percorso di Marco Mosconi nel mondo del vino che lo ha portato oggi a condurre una realtà che rispecchia a pieno la sua filosofia vitivinicola e di vita
03 Dicembre 2022
Siamo in località Mormontea, nell’azienda che porta il nome del suo attuale titolare Marco Mosconi, il quale ha ripreso in mano e rivoluzionato quella che è da sempre stata un’attività di famiglia, con un pregresso diverso da quella che è diventata in questi anni.
Fin dai primi del ‘900 i nonni di Marco hanno iniziato ad occuparsi di agricoltura e di viticoltura, principalmente per autosostentamento, in anni in cui questo mestiere era visto come un’attività povera e misera. Il nonno Cipriano lavorava la vigna per produrre il vino per sé stesso e per gli amici, vigna che è stata tramandata alla generazione successiva, con i figli Antonio, papà di Marco ed Alessandro, i quali si sono occupati di tutt’altre mansioni nella vita, ma continuarono a lavorarla per conferire le uve alla vicina cooperativa.
Marco Mosconi ha seguito la strada della prima professione del papà, studiando all’istituto tecnico, oltre a diplomarsi in tromba al conservatorio, per poi iscriversi alla facoltà di ingegneria, abbandonata dopo due anni. Un percorso di studi che non aveva nulla a che vedere con l’enologia e l’agronomia, materie che venivano seguite ed applicate dallo zio e di cui Marco è da sempre stato amatorialmente attratto. Negli anni duemila si faceva un po’ di vino da consumare a casa con un focus specifico sul Recioto, prodotto per nonna Rosetta, che è una grande amante di questo nettare ottenuto da uve appassite.
L’attività di campagna che portava alla vendemmia è sempre stata vissuta con fascino e con uno sguardo ludico, presenziando e supportando papà e zio nelle varie fasi.
Una passione forse inconscia tanto che all’esame di maturità della scuola di geometra è stato disegnato un ampliamento della cantina esistente a qui tempi, disegno che si è concretizzato qualche anno più tardi creando su suo progetto gli attuali spazi.
Nel 2004, con l’arrivo dei primi bandi europei si è pensato di poter realizzare la nuova cantina, tema che era diventato sempre di più un desiderio nella mente di Marco, che a quei tempi aveva iniziato a lavorare nell’ufficio tecnico del padre, ma parallelamente si stava appassionando di vino, frequentando le cantine del territorio, specialmente quella dell’amico Marco Dal Forno. Un cantiere che è durato qualche anno per arrivare all’attuale struttura della cantina, portando Marco Mosconi a staccarsi dal conferimento delle uve nel 2006, cominciando a vinificare per conto proprio; fino ad abbandonare il primo lavoro nel 2011 dedicandosi ad apprendere sempre di più il lavoro in vigna ed in cantina. Una sorta di innamoramento che lo ha travolto, sentendosi più parte della natura che nel ruolo di burocrate d’ufficio. L’esperienza nel settore vitivinicolo era molto limitata, ma l’approccio tecnico e pragmatico acquisito negli studi e nel lavoro ha favorito un veloce apprendimento anche in questo settore.
Nel frattempo è stato elaborato anche qualche altro progetto su carta per alcuni amici e conoscenti che dovevano creare le nuove strutture di cantina, unendo così gli studi passati alla passione più recente.
Il modello di riferimento per le vinificazioni inizialmente era individuato nella vicina cantina dell’amico Romano Dal Forno, seguendo uno stile simile, con una concentrazione più legata ai processi di cantina e affinamento e meno in campagna. La campagna era curata per lo più dallo zio, mancato qualche anno fa, e nel percorso di crescita aziendale e di consapevolezza vitivinicola, il focus ogni anno si spostava verso la cura e l’apprendimento delle attività che coinvolgevano i vigneti.
Tra il 2014 e 2015 si è deciso di abbandonare la chimica, pur non essendo mai stata materia abusata, grazie anche ad un cambio di mindset generale che stava affrontando Marco. Una modifica di paradigma sia nella conduzione della vita, con una maggior cura e consapevolezza sia a livello corporeo e mentale, che si è riflessa sulla conduzione della vigna. Eliminare la chimica ha significato non combattere o uccidere qualche elemento, ma dare vitalità all’ecosistema per aiutare la formazione di un naturale equilibrio. Alzare le frequenze energetiche per promuovere un ambiente più ricco e stabile che impatta in maniera positiva sulla pianta e sul suo frutto finale.
Sono stati intrapresi alcuni studi e ricerche di biodinamica, antroposofia e fitoterapie per individuare tecniche agronomiche alternative al fine di innalzare il sistema immunitario delle piante, eliminando la chimica ed abbassando i livelli di rame e zolfo. Questi sono ancora utilizzati, in dosi limitate, ma vengono integrati da alcuni estratti e fermentati ottenuti da alcune piante, talvolta spontanee. Per due anni sono state effettuate alcune prove con lato fermenti che hanno sostituito totalmente rame e zolfo, con risultati interessanti, ma non ancora in grado di essere portati a regime.
Si sono approfondite, inoltre, le erbe spontanee, che devono portare un equilibrio al terroir, senza abusare di concimazioni e partendo dalla comprensione di un eventuale problematica per riportare successivamente una corretta stabilità. Per quanto riguarda le concimazioni non si utilizza un protocollo standard, ma si va ad agire per aree e zone, capendo di cosa necessita un terreno. Per esempio in alcuni appezzamenti si sta cercando di aumentare i livelli del carbonio con l’utilizzo di legno cippato fermentato due anni.
Lo step successivo nel cambiamento aziendale è stato in cantina, abbandonando i lieviti selezionati per le fermentazioni, lavorando solo con processi spontanei, frutto del buon lavoro di campagna, finalizzato a creare lieviti e batteri “buoni”.
Oggi Marco Mosconi possiede tredici ettari vitati e due ad uliveto, che si dividono nelle colline di Illasi, a Montecurto, tra Mezzane ed Illasi e un piccolo appezzamento a Mezzane. Vicino all’azienda troviamo un terreno alluvionale di matrice calcarea principalmente formato da ghiaia, limo, ciottoli e pochissima argilla; mentre sulle zone più collinari prevale la marna calcarea, affioramenti marini, fossili, con un terreno che paradossalmente trattiene maggiormente l’acqua.
La cantina è dimensionata per la vinificazione di sei ettari, con la produzione di circa quarantamila bottiglie per anno, dedicando una parte delle uve alla vendita. Non c’è l’intenzione di aumentare la produzione e nemmeno gli spazi, ma se si trova qualche vigneto vocato da affittare è sempre nell’interesse di Marco poter sperimentare la viticoltura in altre zone circostanti.
Ad oggi vengono prodotte due linee di vino tra cui la “Linea Fiore”, con la prima bottiglia introdotta nel 2019, nella quale non vengono usati solfiti in nessun processo di vinificazione, affinamento e nemmeno per l’imbottigliamento. Di questa assaggiamo la Garganega 2020, con uve che sono state appassite per quindici giorni, così da seccare al meglio il raspo, una macerazione di sette mesi in acciaio, per poi travasare il vino, messo successivamente in bottiglia. Al naso note di agrume, pesca gialla, gocce d’oro, buccia di agrume candita, salvia, una naturale speziatura, per un palato ricco in acidità, mineralità, un tannino che accompagna la chiusura e buona persistenza.
Il secondo vino Marco Mosconi è dedicato a nonna Rosetta 2018 che, dopo la scomparsa prematura del marito, ha da sempre portato avanti l’azienda. In questo caso non c’è contatto con le bucce, la fermentazione è stata fatta con un pied de cuve e si è adottata una minima dose di solforosa solo al momento imbottigliamento.
Un Soave che affina solo in acciaio, dai sentori di frutta gialla, note di buccia di limone, tiglio, note erbacee, leggero spunto burroso per un palato minerale, dalla buona acidità, ancora fresco, abbastanza sapido e dalla discreta persistenza.
Per finire un assaggio di un rosso, Corvina 2020 in purezza, che affina per poco più di un paio di mesi in tonneau (solo in quell’annata, volendo evitare il legno per questa linea senza solfiti aggiunti) e anche in questo caso, appartenendo alla Linea Fiore, non viene mai utilizzata la solforosa. Sentori di fragola, frutti di bosco, nota speziata, leggermente erbaceo, nota di rabarbaro per un gusto fine e delicato, fresco in bocca, buona spalla acida, un tannino in chiusura e con una discreta persistenza.
Prima dei saluti uno sguardo alla cantina, dove si trovano vasche in acciaio, una ventina di tonneau e qualche rimasuglio di barrique, otto per la precisione. A gennaio 2023 arriveranno anche un paio di anfore di terracotta, per sperimentare qualche vinificazione su questi vasi vinari.
Al piano superiore è situata la sala appassimento, non più utilizzata per una questione meramente burocratica, essendo la cantina costruita al di là della strada che divide la Valpolicella allargata dalla zona del Soave e, trovandosi in questa seconda parte, da disciplinare non è possibile effettuare questo processo. Questo spazio è rivalutato come magazzino e come sala per appassire alcune delle erbe spontanee utilizzare sia in vigna, sia per il benessere personale e anche in cucina.
Curioso di toccare con mano gli sviluppi futuri, per Marco Mosconi maglietta 208!