Maso Grener, il sogno realizzato da Cinzia e Fausto, due enologi che si sono conosciuti all’istituto di San Michele all’Adige
19 Settembre 2021
Dopo aver pernottato per due notti al Maso Grener e aver salutato la signora Cinzia con la promessa di tornare, prima o poi, per assaggiare i vini ed ascoltare la storia di questa piccola realtà, a causa del meteo avverso, c’è stata la possibilità di poter approfondire l’azienda nella mattinata dell’ultimo giorno dell’esperienza nella Piana Rotaliana.
Maso Grener è situato nelle colline Avisiane, in località Pressano, una frazione di Lavis ed è il risultato della concretizzazione del sogno di Cinzia e Fausto, che si sono conosciuti ai tempi delle scuole superiori all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
Entrambi per molti anni hanno lavorato per altre cantine, Fausto tra Friuli e Trentino mentre Cinzia è rimasta nella regione natale Trentino.
Pur avendo delle proprietà vitate di famiglia, l’azienda è stata creata ex novo, acquistando il Maso nel 1999 da una famiglia trentina trasferitasi a Bologna, che già da anni lo aveva affidato ad un custode, il quale ne aveva mantenuto con cura e dedizione la superficie.
Fino al 2013 nessuna vinificazione, ma il conferimento delle uve alla cantina di Lavis, “con orgoglio e riconoscenza” aggiunge nel racconto Fausto, apprezzando il lavoro che questa ha fatto e fa per il territorio.
Maso Grener è quindi una delle più recenti cantine del territorio ad entrare nel mercato, affermandosi fin da subito per la storia pregressa dei suoi protagonisti e per le etichette prodotte.
Un’altra tappa saliente è stata quella di aprire nel 2006 la parte ricettiva, con un piccolo bed and breakfast, così da diversificare l’offerta e far vivere ai turisti un’esperienza legata al mondo del vino, ma anche potendosi godere in relax il territorio.
L’origine del nome Grener proviene dai genitori di Fausto, che porta il cognome Peratoner, tipico della Val Gardena. Mamma e papà sono scesi dalla Valle raggiungendo la Piana Rotaliana e, visti come stranieri, hanno ricevuto l’appellativo di “Grodner” (Gardenesi) trasformatosi negli anni in Grener.
Il Maso così da “Tratta” fu ribattezzato in “Grener”.
Gli ettari vitati sono tre, di cui a corpo ne troviamo la maggior parte, con vigne che spaziano dai trenta ai quarant’anni d’età. Le varietà piantate sono: Nosiola, Chardonnay e Sauvignon, mentre, in unico vigneto, appena sopra a Maso Poli, di poco meno di un ettaro, è piantato il Pinot Nero.
A completare la superficie dell’azienda anche un ettaro di alberi di mele.
I terreni presenti a Pressano sono definiti geologicamente “giovani”, con una formazione che trova origine tra i duecento e i duecentocinquanta milioni di anni fa e sono caratterizzati dall’incontro del vulcano con la parte dolomitica. Si trovano principalmente tre conformazioni diverse che presentano: terra bianca, quasi in totalità composta di dolomia; terra grigia, con porfido e granito e terra rossa, dove si trovano le vigne di Pinot Nero.
Secondo Fausto i concetti legati ai trattamenti e ai diserbi sono materia ormai passata, puntando ad essere un’azienda sostenibile, giovando dell’ecosistema in cui ci si trova, rispettandolo al massimo e favorendo i processi legati alla vigna.
“il nostro obiettivo è quello di far crescere la vite a proprio agio, in questo modo abbiamo visto che: uno è più longeva e due, nelle condizioni giuste, riesce a dare il massimo. Negli anni in cui studiavo io si puntava tutto sulla tecnologia e l’evoluzione chimica, ma per fortuna ora vedo che si stanno riconsiderando gli aspetti legati alla pianta e al terreno. Nelle mie esperienze lavorative di enologo aspettavo l’uva nel piazzale ad ogni vendemmia, ma oggi si riesce a monitorare tutto il ciclo vitale dal terruar, alla pianta, all’uva, fino al prodotto che entra ed affina in bottiglia…questi sono i veri valori aggiunti”.
Dopo un excursus sulla parte legata alla viticoltura e, a causa dell’imminente arrivo della pioggia, ci siamo rifugiati nella sala degustazioni, dove la stufa ha inaugurato la stagione autunnale.
C’è da sottolineare che non abbiamo saltato la visita alla cantina, poiché Maso Grener si appoggia ad una cantina a poche centinaia di metri per le vinificazioni ed affinamenti, condividendo anche mezzi e strumenti di lavoro.
Riscaldati gli animi e le ossa è giunto il momento dell’assaggio dei vini prodotti, che Fausto sottolinea vogliono rappresentare le varietà piantate ed il territorio, senza particolari lavorazioni ed eccessivi affinamenti.
Il punto di partenza è la Nosiola, un vino che è da sempre stato considerato come da bere giovane, per le tecniche limitate di un tempo che ne vedevano un consumo entro il giugno dell’anno successivo alla vendemmia. Un vino che invece può emozionare elevandosi in bottiglia anche per dieci, quindici e addirittura vent’anni. Se poi pensiamo che quest’uva è la base del vino santo, che i sei produttori della Valle dei Laghi producono nelle annate migliori, i margini per l’invecchiamento ci sono tutti (pur facendo appassimento in quello specifico caso).
La varietà Nosiola è quella che ha il ciclo vitale più lungo di tutte le colleghe, partendo per prima e con un periodo di raccolta che la vede essere l’ultima.
Al naso è diretta, con sentori agrumati, di frutta fresca da un lato e secca dall’altro, un sottofondo erbaceo e di pietra bagnata. In bocca entra fresca e decisa, con una buona acidità, minerale e ben equilibrato.
L’abbinamento per eccellenza rimanendo nel territorio Rotaliano è con l’asparago bianco di Zambana.
Il secondo vino è l’unico blend dell’azienda Maso Grener, ottenuto da uve di Chardonnay al 70% e Sauvignon per il restante 30%, percentuali mantenute fin dall’inizio della sua produzione, rispecchiando quelle degli appezzamenti vitati.
Al naso emerge la parte fruttata, agrumata e le note erbacee, mentre in bocca è diretto, con una buona mineralità e acidità.
In entrambi i casi la filosofia applicata per le vinificazioni è la semplicità, con una vendemmia regolare a mano, in beans, raffreddamento delle uve tramite ghiaccio secco o camion frigo per poi procedere con una pressatura soffice e affinamento per entrambi i vini in solo acciaio. Sulla Nosiola vengono fatti periodici battonage fino a novembre.
Le fermentazioni, ad eccezione dell’annata 2014 vengono tutte attivate con un pied de cuve.
A Pressano troviamo due vigneti Cru: “Vigna Tratta”, di dieci ettari e “Vigna Bindesi” di sei ettari.
Maso Grener possiede due ettari del primo e mezzo ettaro del secondo, con suoli rispettivamente caratterizzati da terra bianca e terra rossa.
Solo nelle annate più favorevoli da “Vigna Tratta” si producono due vini: uno Chardonnay e un Sauvignon entrambi in purezza ed entrambi con le uve provenienti da vigne di più di quarant’anni.
Assaggiamo lo Chardonnay 2019, che effettua una veloce macerazione di circa sette/otto ore, direttamente in pressa, dove successivamente avviene un ciclo di pressatura molto lungo, non per avere una resa maggiore ma per favorire un maggior contatto con le bucce e relativa estrazione. Il 20% della massa fermenta in legno di barrique francese, dove affina per circa otto mesi per poi essere assemblata con il restante 80% che ha riposato in acciaio. Al naso emergono note fruttate, con una frutta più matura dei precedenti, pesca bianca, mantenendo una parte agrumata e di pietra bagnata. In bocca entra delicato, ma deciso con un buon equilibrio, discreta acidità e buona mineralità; l’uso del legno non ne denigra le caratteristiche territoriali e i profumi caratteristici.
Abbiamo la fortuna di assaggiare il Sauvignon 2020 in purezza; anche in questo caso l’uva resta in macerazione in pressa, prima di procedere alla pressatura soffice, si passa poi ad una decantazione in acciaio e fermentazione di tutta la massa in legno, con l’utilizzo di botti grande di acacia.
Dopo un primo travaso l’affinamento è di circa otto mesi nello stesso vaso vinario.
Al naso esplodono sentori che si possono definire “dolci” frutto della passione, litchi, sambuco, leggere note erbacee e di peperone. In bocca è diretto, verticale, con una buona mineralità e discreta acidità.
Per completare la gamma dei bianchi un ospite a sorpresa “L’Ov” 2019, prima e unica esperienza di Chardonnay che ha effettuato una macerazione in anfora a forma di uovo, di materiale ceramico, da cui prende il nome. Un contatto sulle bucce per tre mesi e successivo affinamento per poco meno di un anno nella stessa anfora. Va in bottiglia nel dicembre successivo alla vendemmia, senza alcuna filtrazione.
Stappiamo una delle trecento bottiglie prodotte, la quale si presenta al naso con note di frutta matura, mela cotogna, note di fiori gialli, note mielate e una leggera spezia dolce. In bocca è comunque diretto, teso, territoriale, con le note minerali, sapide e un’acidità leggermente più moderata.
L’ultimo assaggio è di Pinot Nero 2019 prodotto con le uve di “Vigna Bindesi” 2019, vino non ancora in commercio, come nel caso del Sauvignon 2020, assaggiato precedentemente.
Le uve effettuano una pigiatura e macerazione per circa diciotto giorni in tini aperti di legno. Dopo la svinatura resta in barrique per circa cinque mesi. In azienda vengono usate barrique che spaziano dal primo al quinto passaggio ed in questo caso solo il 15% del vino effettua l’affinamento in quelle più nuove.
Al naso i piccoli frutti la fanno da padroni, con una fragolina di bosco, ciliegia, leggero sottobosco, confettura. Elegante, delicato scorrevole in bocca, con una buona acidità, minerale e con un tannino setoso alla fine.
Alla domanda di qualcuno sulla longevità del Pinot Nero in bottiglia, Fausto esclama ironicamente: “Il Pinot Nero non dovrebbe mai finire!”
Ad oggi le bottiglie prodotte sono circa quindici/diciassette mila per anno e per il futuro stanno affinando tremilatrecento bottiglie di Tento DOC a base 100% Chardonnay, vendemmia 2020. L’idea è quella di procedere alla sboccatura dopo sessanta mesi di affinamento sui lieviti.
Due curiosità di Maso Grener prima dei saluti: una delle due figlie della coppia, Sonia, è stata la nostra guida alla scoperta dell’azienda Foradori il giorno precedente. L’altra curiosità è che il logo dell’azienda rappresenta un “Bagolaro”, albero presente nella parte esterna, davanti all’ingresso della struttura ricettiva.
Quando Fausto e Cinzia sono arrivati in quel luogo vi era un bosco e il padre di Fausto decise di lasciare questo unico albero, pianta dalle caratteristiche molto solide che difficilmente cede alle intemperie della natura. Un buon auspicio corredato da un uccello, rassomigliante ad un merlo, che fa le veci di una cinciallegra. Nella bibbia vi è un passo il quale narra che gli uccelli del bosco non costruiscono granai, non seminano, ma vivono lo stesso. Noi umani non possiamo permetterci di vivere senza lavorare, ma la decisione presa, passando da dipendenti di aziende terze a coronare il sogno di fondare la propria realtà, ha dato una svolta alla vita di Fausto e Cinzia, permettendogli ritmi di lavoro diversi, pur più incessanti e difficili, ma più soddisfacenti e pertinenti alla loro filosofia.
Sperando di tornare presto a far visita alla coppia a Maso Grener, per non sentirne troppo la mancanza, è stata fatta qualche scorta di vino tra cui Pinot Nero e uno Chardonnay del 2013, oltre a donare la maglietta numero 85 a Fausto!