Nel lato più a nord del centro di Bolzano, attorniati dai vigneti, per approfondire l’azienda Rottensteiner, in compagnia di Judith
02 Dicembre 2023
Ci troviamo nella parte più a nord di Bolzano dove trova sede Weingut Hans Rottensteiner, per scoprire questa storica realtà altoatesina, in compagnia di Judith, moglie di Hannes, il quale rappresenta l’ultima generazione dell’azienda. Un immediato tuffo nella storia per trovare le prime tracce della famiglia, risalenti al 1527, grazie ad alcuni documenti scritti da un lontano parente al servizio del duca dell’epoca. Una persona di cultura e competente nella scrittura, che ha tramandato le prime tracce dei Rottensteiner, il cui nome significa letteralmente “rossa”, “pietra”, chiaro riferimento alle montagne di porfido che caratterizzano questa zona. Un altro simbolo arrivato ai giorni nostri è lo stambecco, diventato poi lo stemma di famiglia, rappresentando così le radici montane.
Le origini più recenti di Rottensteiner si attribuiscono a nonno Hans, da cui l’azienda prende il nome, il quale si trasferì dalla collina di Santa Maddalena a San Pietro, proseguendo l’attività viticola, che da sempre è stata tradizione famigliare e di queste terre, affiancata ad altre coltivazioni e piccoli allevamenti per autosostentamento. La prima conformazione aziendale vedeva soli tre ettari vitati che circondavano un Maso al di là della strada, rispetto all’attuale cantina, nel pesino di San Pietro. A dare una svolta all’azienda, Anton, detto Toni, che già collaborava con il padre in cantina e voleva espandere l’attività vitivinicola dopo gli studi in enologia a Wädenswil, in Svizzera. Furono così acquistati alcuni appezzamenti a fondo valle con lo scopo di ottenere uve da vinificare, con le prime botti situate al Maso, per poi trasferirsi nella più grande cantina di Via Sarentino 1.
Un’attività che è via via cresciuta negli anni, acquisendo altri Masi e appezzamenti vitati, oltre ad avere l’intuizione vincente di creare una rete di conferitori fidati, che da una trentina, sono arrivati oggi ad essere quarantacinque, con contratti che si passano di generazione in generazione, per un totale di circa sessanta ettari (compresi quelli di proprietà). Anton è tutt’ora presente in azienda, occupandosi principalmente di viticoltura, assieme al protagonista principale di questa realtà che oggi è il figlio Hannes. Hannes è supportato dalla moglie Judith, Evi, sua sorella maggiore e dalle altre due sorelle, che conducono alcuni vigneti per poi conferire le uve in azienda.
Judith, cicerone di questa mattinata in azienda, proviene da tutt’altre esperienze, figlia di un insegnante di conservatorio, ha studiando nel suo passato musica classica, pur essendo già convinta che non voleva né suonare né insegnare. Per questo motivo, parallelamente, ha portato avanti anche gli studi in scienze delle comunicazioni per poi lavorare nel settore marketing in un’azienda specializzata in turismo, ottenendo anche il diploma sommelier. Appassionata e affascinata sempre di più dal mondo vitivinicolo ha iniziato ufficialmente il suo percorso in azienda nel 2013, occupandosi sia di accoglienza, ma anche di export e di una parte di amministrazione.
A giocare un ruolo fondamentale per Rottensteiner sono i Masi, diventati simbolo di questa azienda. Ne citiamo cinque: Reiterhof, il Maso natale di Anton, dove un tempo, oltre alle vigne sorgeva una piccola osteria; Kristplonerhof, Maso natale di Rosl Rottensteiner e oggi gestito dalla primogenita Evi; Hoffmannhof, acquistato dalla famiglia negli anni ’70 e curato dalla figlia più giovane di Anton, Silvia; Premstallerhof, che, sebbene non sia di proprietà della famiglia ha da sempre svolto un ruolo importante per l’attività dei Rottensteiner e lo ritroveremo spesso protagonista del racconto; infine Maso Köfelehof, curato da Hannes, con una vista bellissima sulla torre Druso che è diventata in parte il simbolo della cantina.
Le vigne si estendono tra i duecentosessanta metri di Bolzano a quelli più alti, che raggiungono i mille metri sul livello del mare, in un terreno in cui la fa da padrone il porfido. L’estensione dei vigneti è nell’arco di circa dieci chilometri, con il 90% situato a Bolzano, per poi spostarsi tra Caldaro, Appiano e trovare quelli più distanti a Termeno. Le zone più basse sono caratterizzate dalla presenza di uve a bacca rossa, mentre in quelle più alte si trovano le varietà a bacca bianca. La conduzione della vigna non viene imposta, ma condivisa con i vari conferitori (che di media posseggono un ettaro vitato e si occupano per lo più di altre attività), adottando il sistema di lotta integrata SQNPI per la maggior parte dei vigneti (ufficialmente dal prossimo anno, dopo una sorta di “periodo di prova”), con alcune aree in cui si adotta il disciplinare BIO e un Maso, a Santa Maddalena (il Premstallerhof), che viene condotto in maniera biodinamica, da cui si ottengono due etichette di vino.
Per toccare con mano i processi di vinificazione ci addentriamo nella cantina di produzione, una sorta di labirinto tra vasche in cemento, acciaio e legno di diverso formato. Le grandi vasche in cemento rappresentano la parte più storica dell’azienda, utilizzate ancora oggi per la fermentazione di Lagrein e Cabernet. Con il passare degli anni è subentrato l’acciaio, per la fermentazione ed affinamento di tutti i vini bianchi, che escono sempre l’annata successiva alla vendemmia.
Le botti di legno si differenziano in grande e piccolo formato, custodite in due aree diverse; nel primo caso a farla da padrone sono quelle da cinquanta ettolitri, dove affinano una parte dei vini rossi; mentre in una barricaia riposano centodieci classiche barrique dedicate a Lagrein Selezione, Pinot Nero e Cabernet.
Hannes assaggia costantemente i vini in affinamento per decretare quali andranno in bottiglia come “selezioni” e al fine di monitorare il lavoro delle barrique, decidendo se pensionarle o meno; ogni anno il legno nuovo può spaziare da un 8% a un 20%, circa.
Tra le botti in legno se ne nota una celebrativa, che riporta le date 1956 e 1981, raffigurando dal basso Hans Rottensteiner e un importatore svizzero Georg Vogel, oltre allo stambecco simbolo di famiglia e il paesino di San Pietro. Georg ha svolto un ruolo molto importante per l’azienda Rottensteiner poiché un tempo, recatosi in cantina ad assaggiare i vini, voleva acquistare tutta la produzione dello sfuso per poterlo poi imbottigliare e vendere in Svizzera. La decisione della famiglia è stata quella di destinargli un 70-80% della produzione e, fino agli anni ’80, è stato il principale cliente di Rottensteiner, fino al termine degli embarghi imposti dalla Svizzera sulle importazioni di vino imbottigliato. Parallelamente all’attività di import acquistò anche un Maso, per la produzione delle proprie uve, ad oggi gestito dalla nuora. Parliamo sempre del Maso Premstallerhof di Santa Maddalena, che, dopo un primo anno in cui sono state ottenute due casse di uva da quattro ettari, dove la signora Getrud Vogel, cresciuta a Zurigo, ha concretizzato molta pratica e studi per quanto riguarda la conduzione in biodinamico, ottenendo ottimi risultati produttivi, soprattutto in termini di qualità delle uve. (Ritroveremo questo vino protagonista degli assaggi).
Parlando di produzione Rottensteiner si attesta sulle quattrocentomila bottiglie, con la possibilità di arrivare a mezzo milione, con etichette che si dividono in tre diverse linee: la “Classic” dove troviamo per le fila dei bianchi, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sauvignon, Chardonnay, Müller Thurgau, Sylvaner, Gewürtztraminer, Moscato Giallo; un Rosato a base di Lagrein; mentre per quanto riguarda i rossi troviamo: Pinot Nero, “Lago di Caldaro Scelto” con uve Schiava, Lagrein Riserva, “Santa Maddalena Classico” blend di Schiava e Lagrein, Cabernet Riserva.
Per quanto riguarda la linea dei “Cru” troviamo il Pinot Bianco “Carnol”, Schiava “Vigna Kristplonerhof”, Traminer Aromatico “Cancenai”, Santa Maddalena Classico “Vigna Premstallerhof”. Infine i vini della linea “Select”: “Vigna Premstallerhof” St. Maddalena Classico, Lagrein “Gries”, Pinot Nero Riserva e Cabernet Riserva. A concludere la gamma di etichette non poteva mancare un vino Passito, il Traminer Aromatico “Cresta”.
Per assaggiare i vini ci spostiamo nella sala degustazioni al piano superiore, con vista, cominciando da uno dei vini preferiti di Judith, Pinot Bianco “Carnol” con uve provenienti da due appezzamenti, dietro all’azienda, a Maso Toll e da un vigneto sopra Terlano a ottocento cinquanta metri. Già dal naso si percepisce la mineralità donata dal porfido, a discapito delle note più fruttate, che lasciano spazio alla pietra bagnata, un leggero sentore di agrume, leggera pesca bianca, un leggero gelsomino e salvia di sottofondo. In bocca emerge una ricca mineralità, buona sapidità, discreta spalla acida, per un sorso fresco, delicato e di buona persistenza.
Impossibile non notare la bottiglia che è diventata anch’essa un simbolo rappresentativo dell’azienda, grazie al marchio forgiato nel vetro rappresentante lo stambecco. “Avevamo quattro bottiglie diverse, con un magazzino diventato ingestibile e così, da cinque anni, si è scelto di creare una bottiglia identitaria disegnata in esclusiva da Rottensteiner. Abbiamo anche colto l’occasione per cambiare le etichette, non solo riadattandole alla vecchia grafica, ma stravolgendole, soprattutto nella linea dei Cru, con la rappresentazione fotografica di dove nascono le uve, mantenendo però un’etichetta più classica nelle Selezioni”.
Per quanto riguarda i vini rossi cominciamo con il “Vigna Premstallerhof” 2022 (prodotto dal 1964) Santa Maddalena Classico, vino di cui abbiamo più volte citato la storia, le origini e la provenienza delle uve di Lagrein (che non matura al 100%) e Schiava che crescono assieme in vigna e vengono fermentate assieme in acciaio per poi affinare un periodo di sei mesi in botte grande. Al naso emergono note delicate di frutti rossi, lampone, ribes, leggero sottobosco, leggera foglia di alloro, sottofondo delicato di spezia, per un pallato fine, verticale, dall’ottima freschezza, buona mineralità, non troppa acidità, tannino che fa capolino e discreta persistenza.
Passiamo al Pinot Nero Riserva “Select” 2020, con uve che provengono dai terreni calcarei di Maso Nussbaumer, situato a Missiano (Appiano), il quale affina un anno in tonneau e un anno in botte grande. Al naso sentori delicati, ciliegia, marasca, note ematiche, un tocco di rabarbaro, uno spunto di chiodi di garofano e di pepe bianco. In bocca entra fresco, con una buona acidità, abbastanza sapido e con non troppa mineralità, tannino abbastanza delicato, ma ancora giovane, per una buona persistenza.
Conclusione con la Riserva di Lagrein “Gries” “Select” 2021, una sorta di Grand Cru proveniente da un cuneo verde situato verso l’ospedale di Bolzano, diviso in tre mini-appezzamenti, di proprietà di aziende conferitrici. Una bassissima resa di uve che fermentano in cemento, per svolgere poi un affinamento di un anno in barrique e un anno in botte grande. Da queste zone emergono più le note di cioccolato, liquirizia, caffè, note di vaniglia, ma comunque con una frutta rossa in sottofondo, prugna, frutti di bosco e note di sottobosco. Piccola parentesi il Lagrein non è mai stato visto come un rosso importante, ma come colorante naturale della più scarica Schiava, oppure come Rosato, fino agli anni ’80, in cui si è iniziato a valorizzare come vitigno in purezza.
Uscito sul mercato da una settimana, al palato entra con un buon corpo, ma anche freschezza, tannino ancora giovane, spalla acida, discreta sapidità e mineralità e buona persistenza.
Per Judith maglietta numero 298, nella speranza di tornare con una giornata di sole, così da poter fare un tour tra i Masi.
P.S. Godetevi la vista dal bagno del piano superiore, che merita più di una foto”