Un pezzo di storia del St. Magdalener vissuta assieme a Josephus Mayr dell’azienda Maso Mayr-Unterganzner di Cardano
23 Luglio 2022
Un ingresso un po’ ostile tra la statale 12 e il fiume Isarco che ti catapulta in un mondo parallelo rispetto a quello cittadino, con un piccolo borgo di un tempo che si scosta dalla modernità, questa è solo l’anticipazione dell’azienda Unterganzner di Josephus Mayr.
L’incontro con Josephus, un uomo di altri tempi, con le mani segnate dal lavoro di una vita avviene in cantina, il primo ambiente scoperto. Una cantina ricavata in una vecchia struttura, che si divide in tre principali ambienti: uno spazio per le vasche in acciaio e cemento (originali del 1972), uno per le numerose barrique e botti di diverso formato, di cui una è dedicata ai novantacinque anni di papà Josephus, celebrati nel 2004, cinque anni prima della sua scomparsa, e un ultimo nascosto da una botola.
Alzando la porta situata sul pavimento della cantina si accede ad una scala, che porta ad un tunnel sotterraneo, buio, umido e quasi tenebroso. Questa era la cantina originaria del maso di un tempo, presumibilmente edificata nel 1500, ed oggi vi sono contenute le barrique dell’azienda Unterganzner, adagiate ad un particolare sistema che consente di ruotarle per il riempimento e svuotamento senza essere spostate, per almeno cinque o sei anni di ciclo vitale.
Percorrendo il tunnel si incontra una botte incisa, dove è raffigurato San Paolo, attorniato da una scritta in tedesco che recita il consiglio di un periodico bicchierino di vino!
Svoltato l’angolo si accede ad un altro spazio dove sono presenti altre botti in legno di diverso formato, tra cui una commemorativa che raffigura Josephus e la moglie, in occasione delle nozze d’argento del 2012.
Si capisce da subito che quest’azienda è ricca di storia, una storia che comincia negli anni dell’impero Austro-Ungarico, quando nel diciassettesimo e diciottesimo secolo la famiglia Mayr forniva vivande e risorse combattenti all’impero, godendo di alcuni benefici che altre famiglie non avevano. Facendo un salto al primo dopo guerra prima e all’avvento del fascismo poi, ci fu un repentino declino dettato dalla perdita dei mercati principali, austriaco e tedesco e poi dall’esproprio da parte del nuovo regime, di due terzi delle proprietà per lasciare spazio alla costruzione di nuove industrie. Il nonno di Josephus aveva otto figli da sfamare e uno di questi era suo padre (classe 1909), che, a causa del periodo poco florido ebbe suo figlio all’età di cinquant’anni. L’azienda nel secondo dopo guerra riprese molto lentamente il suo periodo di ascesa e Unterganzner fu gestita da Josephus dall’età di ventun anni, vista la differenza d’età con il padre, a cui era molto legato.
Oggi Unterganzner conta una decina di ettari, dislocati nei pressi della cantina, oltre ad un particolare vigneto sperimentale di un decimo di un ettaro a 1330 metri di altitudine nel quale è piantato del Solaris, in un progetto di ricerca con l’assessorato regionale dell’agricoltura. Uno sguardo verso il futuro per approfondire al meglio il tema delle varietà resistenti e il loro apporto positivo nel mondo del vino, anche se il sogno sarebbe quello di arrivare ad avere delle varietà resistenti di uve autoctone.
Per quanto riguarda le lavorazioni e i trattamenti dal 1984 non si usano più diserbanti e concimi chimici, adottando un sistema di lotta integrata per difendersi dagli attacchi sempre più frequenti di peronospora e oidio. Oltre al vigneto, sono presenti anche quattro ettari di meleto, di cui poco più della metà sono certificati BIO ed è paradossale scoprire come i frutti provenienti da questi appezzamenti siano pagati meno di quelli gestiti in maniera convenzionale.
Tornando a parlare di grappoli, uno dei dictact principali di questa realtà è quello di vinificare solo con uve di produzione propria e un aneddoto che racconta Josephus è quello di quando era presidente dei vignaioli dell’Alto Adige. In quegli anni ha proposto, con tanto di approvazione, la riduzione dell’acquisto delle uve dal 49% al 15%, regola durata fino alla fine dei suoi due mandati.
Prima di raggiungere la sala degustazioni uno sguardo allo spiazzo esterno dove arrivano le uve, che vengono diraspate e trasferite in cantina per le fermentazioni, grazie all’inoculo di lieviti neutri, oppure, per le varietà a bacca bianca direttamente in pressa consentendo solo un minimo contatto. Tra i bianchi solo lo Chardonnay fermenta e affina per una parte in barrique, mentre gli altri solo in acciaio e cemento, al contrario dei vini rossi che vedono tutti il legno per un periodo più o meno lungo, dipendentemente dall’etichetta.
I vini prodotti sono sedici, con un riconoscimento principale nei vini rossi e una media di sessanta/ottanta mila bottiglie per anno, che vengono praticamente esaurite ancora prima di essere immesse nel mercato.
Un piccolo shop è stato creato nella struttura che ospitava stalla e fienile, ricavando nella parte superiore una sala degustazioni con vista vigneti, progettata dalla figlia di professione architetto, in cui ci accomodiamo per assaggiare qualche vino prodotto. Il primo vino assaggiato è il “Kohlegg” 2021, che prende il nome del maso di Cornedo, riacquistato nel 2017 dopo duecento anni, dove risiedono una parte degli appezzamenti Unterganzner. Una sorta di micro-vinificazione che ha prodotto trecento bottiglie di vino bianco blend di varietà resistenti di Solaris, Souvignier Gris, Muscaris ed altre provenienti da cloni dell’Università di Udine tra cui Souvignier Cretos, Nepis, Soreli, Fleurtai. Vinificazione ed affinamento tutto in acciaio per un vino dai sentori di mango, ananas, ginestra, note vegetali, leggere spezie dolci, miele di acacia, per un palato pieno, corposo ma delicato, minerale con una buona acidità e persistenza.
Un secondo bianco è lo Chardonnay “Platt & Pignat” 2020 che prende il nome dai due vigneti da dove provengono le uve, di cui circa il 20% sono lasciate surmaturare in pianta e fermentano successivamente in barrique. Vino dai sentori di ananas, mela, gelsomino, tiglio, con spunti agrumati e speziati, per un palato in cui ritorna la parte fruttata, con una buona spalla acida, minerale, di buon corpo e persistenza.
Prima di passare ai rossi una bollicina molto particolare, “Tirolensis” Metodo Classico Brut 100%, Lagrein che affina ventiquattro mesi sui lieviti ed è prodotto in collaborazione con le aziende appartenenti al consorzio Tirolensis Ars Vini, che dalle otto fondanti, oggi sono rimaste sei. Le uve vengono vendemmiate nella stessa giornata, alla stessa ora da tutte le aziende, che poi trasferiscono la materia prima in una, a rotazione, che si occupa della vinificazione del vino base, portato successivamente a spumantizzare.
Particolarità di questa bottiglia il logo del consorzio individuato in un draghetto. Vino dai sentori di piccoli frutti rossi, fragolina di bosco, lampone, ma anche arancia sanguinella per un sorso dalla bolla fine, delicato come al naso, con una buona acidità, discreta mineralità e persistenza, sicuramente fresco e di beva non troppo impegnativa.
Il primo rosso Unterganzner che assaggiamo è il St. Magdalener 2021, da uve Schiava Grossa, Schiava Piccola, Schiava Media e Lagrein, provenienti dal vigneto limitrofo alla cantina. Affinamento per qualche mese in botte grande e bottiglia, per esprimersi al naso con note di fragoline dibosco, ciliegia, arancia sanguinella, tocchi ferrosi ed ematici con un sorso dall’ottima beva, delicato, con una buona acidità e mineralità e un tannino velato.
Dopo di questo il St. Magdalener “Klassisch” 2020, che in questo caso affina per circa un anno e mezzo tra barrique e tonneau e si esprime con note un po’ più accentuate del precedente, che mantengono una buona parte fruttata, addizionandosi di spunti speziati, di tabacco dolce con un legno che fa capolino, ma sempre in maniera ben dosata. In bocca un corpo maggiore e una maggiore morbidezza per una buona persistenza.
Passiamo ai vini “più muscolosi” con il Lagrein 2021 e al fratello maggiore “Lamarein” 2020, il cui nome è stato perfino tatuato sul braccio da una sua grande fan. Il primo vino, che affina in barrique per poco meno di un anno, sprigiona sentori di frutti di bosco, frutta sotto spirito, sottobosco, tabacco, foglia bagnata, una speziatura dolce, per un palato dal tannino morbido, ma con una buona acidità, mineralità e lunghezza.
Infine il gioiellino di casa Unterganzner, le cui uve vengono fatte appassire per tre mesi in fruttaia, non tutte ma solo quelle a peduncolo corto o le “recie” (la parte esterna del grappolo) per estrarre il miglior nettare. L’affinamento avviene in barrique per circa diciassette mesi per un vino che si esprime con note di frutti di bosco, fiori rossi secchi, cuoio, tabacco, cacao, liquirizia dolce, per un palato avvolgente, morbido, con grado ma comunque di beva piacevole, supportato da una buona mineralità e spalla acida, molto persistente.
Dopo un giro di batteria, essendo Josephus e la moglie entrambi musicisti e parte di una delle bande di Bolzano, scendiamo per i saluti e per la consegna della maglietta Winetelling.
Uno sguardo alla riserva storica conservata al piano inferiore accende la curiosità di Josephus e ovviamente anche la mia, così da aprire nelle battute finali due vecchie annate, rispettivamente St. Magdalener 1991 e un Cabernet Sauvignon 1989 (il mio anno di nascita).
Questi stappi sono sempre emozionanti e aumentano di valore se all’interno delle bottiglie trovi ancora dei vini ancora in forma, anche smagliante per uno dei due.
Il primo vino un po’ spento al naso ha comunque regalato un ottimo sorso, ancora ricco di mineralità, spalla acida e buona beva a temperatura di cantina.
Il Cabernet è stato emozionante, con un naso ancora ricco di sentori vegetali, note fruttate, spezie, cacao, spunti ematici che pian piano tendono a note terziarie.
Un incontro ricco di storia ed emozioni per un percorso nel passato, sia per il luogo sia con le vecchie annate; maglietta numero 175 per Josephus Mayr!