A casa del grande maestro distillatore Vittorio Gianni Capovilla, meglio conosciuto con l’abbreviativo di “Capo”
24 Ottobre 2022
Non un lunedì mattina qualunque il penultimo inizio di settimana di ottobre, che mi ha portato alla scoperta dell’azienda agricola Capovilla, racchiusa in Villa Ca’ Dolfin, a poche centinaia di metri dal centro di Rosà, in provincia di Vicenza.
In attesa del protagonista principale della storia, Vittorio Gianni Capovilla, detto “ Capo”, il racconto di questa realtà viene anticipato dalla giovane Francesca, la quale in azienda, oltre che dell’accoglienza, si occupa delle più disparate mansioni, come l’attività di scrittura a mano dei bindelli che vengono legati come etichetta ad ogni singola bottiglia.
Ci troviamo in un’azienda agricola, di cui la distilleria è la punta dell’iceberg, poiché oltre agli strumenti di distillazione e le sale di affinamento, nei campi limitrofi alla struttura sono stati piantati quattro ettari di alberi da frutto e alcune vigne, lavorati in maniera del tutto biologica, pur avendo fatto decadere la certificazione nel 2021. Le varietà coltivate sono pesche, in tre diversi cloni, pere, susine, siepi di prugnolo gentile, ciliegie selvatiche, uva fragola bianca e rossa.
Oltre alla produzione propria vengono selezionati alcuni fornitori di frutta e vinacce che ogni anno recapitano la materia prima alla distilleria. Essendo in ottobre siamo nel pieno dei vari processi, tra arrivi di vinacce, fermentazioni, distillazioni.
Il luogo più affascinante è decisamente la sala dove avvengono le distillazioni mediante la tecnica “a bagnomaria” con alambicchi di rame di produzione tedesca.
I processi sono distinti per i fermentati di frutta e per la vinaccia, partendo in entrambi i casi da una materia di altissima qualità che viene fatta fermentare spontaneamente.
La materia prima “vinaccia” viene inserita in due caldaiette nelle quali sono presenti quattro cesti cadauna, così da separare la massa e rendere agevole l’estrazione della stessa dopo la distillazione. Si effettua una prima distillazione durante la quale il vapore alcolico si trasforma, tramite condensa, in un liquido chiamato flemma, distillato trasparente a 30-35°. La seconda distillazione avviene nell’alambicco da ripasso dove attraverso un percorso dei vapori si ottiene la giusta concentrazione alcolica e tramite “prelevacampioni” vanno separate le cosiddette teste e code dal cuore del distillato. Il distillato defluisce attraverso il contalitri fiscale in serbatoi di raccolta sigillati in attesa dell’estrazione in presenza dei Funzionari delle Dogane. Durante questa operazione vengono prelevati cinque campioni, piombati con i sigilli doganali, e uno di questi viene portato al Laboratorio Chimico delle Dogane per verificarne la salubrità (alcool metilico, metalli pesanti, sostanze volatili) certificando così l’idoneità del prodotto. Nel frattempo riposano sigillati in attesa dell’esito delle analisi per successiva “liberazione”.
Essendo nel pieno del processo di distillazione il collaboratore Giuseppe è impegnato nell’operazione di eliminazione delle teste e delle code del distillato, per lasciarne solo la parte migliore, il cuore. Un processo che viene fatto tutto a mano, o meglio a naso, frutto dell’esperienza di anni in questo lavoro. “Non c’è una regola di quante teste ci siano, possono variare da materia prima a materia prima in funzione dello stato stesso della vinaccia o dei fermentati”.
Per renderla semplice, cosa assolutamente opposta, la testa è la prima parte che fuoriesce dalla seconda distillazione e si può identificare (avendola anche annusata, non proprio da vicino), in un insieme di odori acetati che ricordano il solvente per eliminare lo smalto dalle unghie. La coda è la parte finale nella quale si può percepire un sentore più grasso e spento nella materia, che potrebbe inficiare il risultato che si vuole ottenere.
“Un processo di cui potremmo parlare per ore” esclama Capo “con un impianto studiato nei minimi dettagli onde ottenere il miglior risultato qualitativo”.
I Distillati a pieno grado vengono conservati in contenitori di acciaio per tre/cinque anni nel caso della frutta e nel caso della Grappa anche oltre. Saranno il tempo e Gianni Capovilla a decidere quando sono pronti per gli ultimi passaggi prima dell’imbottigliamento. I Distillati a pieno grado vanno inseriti nel CaSCo System, ovvero Capovilla Spirits Condensing System brevettato da Capovilla: un processo fisico semplice dove per differenza di temperatura le componenti più leggere (metanolo, acido cianidrico, eventuali tracce di teste) vanno condensate e separate tramite una canaletta interna. Ancora una volta un piccolo grande dettaglio, che per tanti potrebbe essere superfluo, al fine di ottenere un prodotto dalla massima pulizia ed estrema qualità. Lentamente il cuore viene fatto raffreddare e si aggiunge acqua di sorgente depurata, per poi filtrare il tutto con un filtro composto da quindici fogli di cellulosa per eliminare le ultime impurità.
Uno sguardo alla sidreria, dove troviamo i serbatoi di fermentazione di varie capacità all’interno dei quali stanno fermentando le pere Williams, per ottenere uno dei distillati più gettonati di Capovilla.
In azienda si producono anche cinque Distillati invecchiati in una barricaia, nella quale sono contenute barrique e botti piccole, per l’elevazione in legno dei prodotti.
Tutti i Distillati vengono imbottigliati in azienda e le bottiglie, che complessivamente corrispondono ad una media annua di cinquanta/sessanta mila, sono confezionate con legaccio in spago e ceralaccate, i bindelli sono scritti a mano con le specifiche e la conseguente tracciabilità del prodotto (varietà, anno di produzione, totale dei litri prodotti alla gradazione indicata e il n° di bottiglia).
Nella sala di etichettatura si possono vedere le decine e decine di bottiglie prodotte in collaborazione con innumerevoli produttori, principalmente di vino, tra i quali balzano all’occhio Lino Maga, Angiolino Maule, Vignalta, Tramin, Pieropan, Franz Haas, Walter Massa etc. etc.
Vista la giornata di sole la degustazione non poteva che essere all’aperto sotto al grande gelso, partendo con un Distillato di vinacce di Traminer, uno di Nebbiolo e un Distillato di Uva Moscato Fior d’Arancio.
Raggiunti dal maestro Capovilla torniamo all’inizio della sua storia, negli anni settanta, quando la sua attività era quella di meccanico di auto da corsa: la sua officina era frequentata tra l’altro da un industriale di macchinari per l’enologia, che sapendo che Vittorio parlava tedesco lo convinse ad occuparsi dei mercati mitteleuropei.
La scintilla è avvenuta proprio in queste terre, nelle quali i distillatori erano e sono decine di migliaia, così tra una fiera e l’altra ha acquistato il primo alambicco da sessanta litri, così da dare inizio agli esperimenti e gli allenamenti per arrivare ad ottenere i primi risultati.
“G’ho scominsià a sogatoeare e dopo me g’ha ciapà ea febre” (ho iniziato come un gioco e poi è diventata una sorta di malattia). “La fortuna è che potevo confrontarmi con esperti di questo mondo, potevo fare domande e mi venivano date risposte. Così ho iniziato a portare loro le prove che facevo e mi arricchivano dandomi dei riscontri e suggerimenti”.
Un altro dei segreti è quello di distillare vecchie varietà, resistenti senza bisogno di trattamenti, che andrebbero sicuramente ad inficiare sulla buona riuscita del processo. Oltre alle coltivazioni proprie i fornitori sono tutti consolidati e affidabili come ad esempio nel caso delle già citate pere Williams, provenienti dalla Val Venosta, Levico e Caldonazzo, frutto di coltivazioni marginali e meno intensive delle più famose mele.
Tra le chiacchiere un assaggio anche del Distillato di Mele Cotogne, Corniole (raccolte nel 2007) e la Grappa Tabacco, con tabacco di varietà Kentucky affumicato.
Senza voler essere troppo tecnici, principalmente per mancanza di competenze, quello che si percepisce in tutti gli assaggi dei prodotti di Capovilla è l’enfatizzazione e valorizzazione della materia prima, che si può percepire sia al naso sia in bocca. Che si beva un Distillato di pere Williams o una Grappa Tabacco quello che resta impresso è la croccantezza di un frutto o l’aroma di un sigaro appena rollato.
L’alcol, pur elevato, è un elemento di contesto, che accompagna ben integrato e la beva si mantiene sempre elegante e delicata in tutti i casi.
Bizzarro sentire che per ottenere un litro di distillato a pieno grado sono necessari di media dai trenta agli oltre sessanta chili di materia prima. Da puntualizzare che Capovilla produce solo Distillati da fermentati, non produce liquori, alcolati, gin o altro ma solo Distillati puri.
Negli anni si sono sperimentate innumerevoli distillazioni: dal melograno, allo zenzero, corbezzolo, agrumi (che però “sporcano troppo l’impianto”, essendo sigillato, a causa degli oli essenziali), fino a diversi tipi di birra, come la famosa punk IPA. Alla base c’è l’idea di voler interpretare le materie prime che siano frutta o altro, rispettandone la loro essenza e quello che si vuole ottenere dalle distillazioni.
C’è da sottolineare come in altri paesi il distillato abbia una collocazione versatile negli abbinamenti, con cene a base di questi prodotti, che in Italia sono ghettizzati al solo fine pasto, ma c’è qualche margine di cambiamento, anche se rimane una nicchia ancora poco esplorata e valorizzata.
Non potevamo che finire in bellezza con “l’aperitivo” a base dell’introvabile Rhum Agricole prodotto a Marie Galante, isola delle Piccole Antille a sud di Guadalupa, ghiaccio e scorzetta di lime.
Finalmente la concretizzazione del sogno di aver toccato con mano questa realtà e aver conosciuto il maestro Vittorio Gianni Capovilla, o più semplicemente “Capo”; per lui maglietta numero 193!