In compagnia del Marchese Filippo Mazzei, nella tenuta siciliana Zisola, fondata sui terreni calcarei alle porte di Noto
28 Dicembre 2023
A pochi passi da Noto è nata nel 2003 Zisola, una nuova realtà vitivinicola, grazie alla vision della famiglia Mazzei capitanata oggi dal Marchese Filippo Mazzei. Le origini della famiglia appartengono alla zona del Chianti Classico, a Fonterutoli, dove oggi la tenuta ha raggiunto quasi cinquecento ettari.
La chiacchierata assieme al Marchese Mazzei si apre con un breve tuffo storico, dalla fondazione dell’azienda nel 1435 agli anni ’90 in cui si è consolidata nel panorama vitivinicolo nazionale ed internazionale per la produzione di Chianti Classico e dei vari Supertuscan IGT, ma anche con le interpretazioni di Vermentino, i Bianchi e i Rosati della Maremma.
Filippo Mazzei, prima di immergersi nell’attività aziendale di famiglia, ha svolto alcune esperienze tra Milano e Parigi, non pienamente certo della vocazione per il mondo vitivinicolo.
All’inizio degli anni duemila il Marchese ebbe la possibilità di esplorare da vicino la Sicilia, grazie all’amico Diego Planeta che lo accompagnò per settecento chilometri alla scoperta dell’Isola, a bordo della sua Passat. La volontà era quella di comprare dei terreni e fondare una nuova azienda, incitato da alcuni colleghi per l’acquisto, ma con il timore iniziale di essere visto dagli abitanti del posto come uno degli “stranieri” che voleva investire in territori diversi dalle proprie origini.
La zona che ha fatto scattare la scintilla è stata quella sud-orientale della Sicilia, più simile alla Toscana, avendo una varietà autoctona simbolo come il Nero d’Avola, terreni calcarei, una maggior “umanizzazione”, ma anche una ricchezza in termini di storia ed arte.
Alla mia domanda perché non è si è investito nella zona dell’Etna il Marchese Filippo Mazzei ha risposto che in quegli anni era una zona che non voleva nessuno, poiché “spendevi poco, ma compravi anche poco” i terreni erano in stato di semi-abbandono, oltre ad una maggior difficoltà di relazionarsi con le persone del luogo. Di sicuro il suo interesse per la zona del vulcano verte ad est e a sud della montagna, per gli ottimi risultati sui vini bianchi.
Dopo quattro anni di ricerca, quasi alla fine della speranza di trovare la giusta location, finalmente è stato individuato un baglio con alcuni terreni circostanti. L’anno di fondazione di Zisola è stato ufficialmente il 2003, trovando il suo cuore pulsante in un vecchio casolare, nato come azienda agricola a trecentosessanta gradi, convertita negli anni ’60 in azienda produttrice di agrumi.
Prima degli anni sessanta i vini prodotti erano per lo più destinati alla vendita come vini da taglio.
Oggi troviamo ventiquattro ettari vitati, con vigneti allevati ad alberello (piantati ex-novo), potendo sfruttare i valori aggiunti di questa tecnica, con uve più vicine al terreno e protette dall’apparato fogliare, donando al prodotto finale una maggior freschezza ed un equilibrio naturale. Ci sono anche da sottolineare alcuni contro, quali la bassa resa, tra i quaranta/sessanta quintali per ettaro, di media, e le ore di lavoro uomo per anno che sono circa quattrocento. Le piante possono godere di un impianto di irrigazione sotterraneo, che si attiva in caso di necessità.
Ci troviamo a centotrenta metri sul livello del mare, con un ottimo sbalzo termico tra giorno e notte, salvo quando a farla da padrone è lo scirocco, che riscalda sia le giornate sia le notti siciliane.
Zisola è certificata BIO, “anche se non sono un fautore del biologico, poiché sia qui sia in Toscana è diventata più una guerra di religione, ben consapevole che il rame è un metallo pesante e non è perfettamente sostenibile. Bisognerebbe andare oltre, cercando di vedere il BIO come un punto di partenza e non di arrivo, adottando e ricercando nuove tecniche per impattare il meno possibile sulle piante e di conseguenza sulle uve”. In questa zona è “relativamente facile” la conduzione biologica, grazie all’ecosistema in cui ci si trova. Le principali problematiche “con cui si combatte” sono oidio e tignola, oltre ad una cicalina proveniente dalla Libia.
La produzione di agrumi non è stata eliminata del tutto, per mantenere una diversità tra le varietà, che si completano anche con alberi da frutto: mandorli, milletrecento vecchi ulivi e mille ulivi che andranno in produzione il prossimo anno, di varietà Neresca e Nocellara.
Il 2023 è stato un anno molto produttivo per le olive in Sicilia, godendo anche di un’ottima qualità del prodotto finale.
Dopo aver parlato ed esplorato la parte di campagna, uno sguardo alla struttura che ospita una cantina essenziale, la quale comincia nella parte esterna, atta a ricevere le uve per le fasi iniziali delle lavorazioni, effettuate in prima mattinata, al fine di combattere il caldo delle giornate siciliane di settembre. Si lavora tutto diraspato con una pressatura immediata delle uve a bacca bianca, mentre le uve a bacca rossa vengono trasferite in acciaio, dove, in una prima fase, si abbassa la temperatura a quindici gradi, per poi alzarla gradualmente.
Lavorando appezzamenti con diverse esposizioni e caratteristiche non c’è fretta di raccogliere le uve, salvo in casi eccezionali, dilatando la vendemmia per un arco temporale che permette di lavorare al meglio tutta la produzione. Anche parlando di fermentazioni non c’è una regola fissa, utilizzando lieviti selezionati neutri per alcune masse o innescandole grazie ad un piede per altre.
In cantina si trova principalmente acciaio termo condizionato, due sale che ospitano le barrique (più di ottocento) ed alcune tonneau poiché “il Nero d’Avola ha bisogno del legno”, e tre anfore (due da quindici ettolitri e una da venti) di cocciopesto, dedicate alla vinificazione del Catarratto.
Di media le botti di legno vengono utilizzate per quattro/cinque passaggi, sia per un tema di cessione, ma anche per un limite logistico degli spazi.
Nel 2025 è previsto un ampliamento della cantina, che andrà ad ospitare anche alcune vasche in cemento, destinate per lo più agli assemblaggi, oltre alla linea di imbottigliamento (processo che oggi si effettua nella cantina in Toscana).
Le bottiglie prodotte per anno sono circa centosettanta/centottanta mila, “terrorizzato da vini densi, troppo maturi, pesanti”, la filosofia di Zisola è quella di produrre vini di beva, verticali, ricchi di freschezza, acidità, enfatizzati anche dalle caratteristiche del substrato e del terroir in generale.
Le etichette Zisola sono sei e contano due vini bianchi: “Azisa”, 100% Grillo vinificato in bianco e “Contrada Zisola”, Catarratto che per metà della massa effettua una macerazione di tre mesi nelle anfore citate, mentre l’altro 50% viene vinificato in bianco; oltre a quattro vini Rossi: “Zisola”, Nero d’Avola affinato per dieci/dodici mesi in barrique per lo più usate; “Doppiozeta”, selezione di tre vigneti di Nero d’Avola: Piscina, Sopra Navel, Mandorleto, con un affinamento maggiore, di quattordici/sedici mesi in botti nuove ed usate; “Achilles”, Syrah e “Effe Emme”, Petit Verdot, entrambi affinano in barrique nuove ed usate per quattordici/sedici mesi.
Per assaggiare i tre vini più rappresentativi dell’azienda Zisola ci affidiamo a Lapo, traferitosi dalla Toscana alla Sicilia per il supporto nella gestione dell’azienda, principalmente per quanto riguarda i tour e le degustazioni.
Cominciamo con “Zisola” 2021, Nero d’Avola in purezza, il re della zona che vuole esprimere le sue note più fresche e fruttate, con un passaggio in legno che possa innalzare i suoi sentori, senza impattare con un terziario troppo invadente. Al naso esprime note di frutti di bosco, ciliegia, susina, un tocco di sanguinella, sentori erbacei, con un discreto sottofondo di tabacco e liquirizia. Al palato entra fresco, di beva, con una buona acidità, immediato, abbastanza minerale e con una discreta sapidità, tannino setoso e discreta persistenza.
Passiamo al fratello maggiore, Nero d’Avola “Doppiozeta”, ottenuto da una selezione di uve provenienti da circa tre ettari vitati. Un 2019 che esprime note più legate ad un frutto in confettura, sentori di rabarbaro, un tocco fumè, note ematiche, leggera spezia e vaniglia, per un sorso che mantiene una buona spalla acida, buona mineralità, discreta sapidità, finezza di beva, sempre verticale, tannino integrato, con un maggior corpo e persistenza.
Una conclusione in bianco, con il Catarratto 2021, disponibile da marzo 2023 sul mercato, con quattromila bottiglie circa. Un vino che si presenta al naso con note di agrume, cedro, pompelmo, limone, ma anche un tocco di pietra bagnata, note erbacee, di origano e uno spunto di fiori gialli. In bocca è estremamente ricco di acidità, presenta un sorso tagliente, verticale, esuberante; un sorso che ricorda l’agrume percepito al naso. Sicuramente in grado di sorprendere negli anni, con una grande potenzialità evolutiva.
Chiedendo venia per il brindisi di vino rosso con la mia felpa bianca, come si evince dalla foto, un arrivederci al Marchese Filippo Mazzei, al fine di approfondire le aziende in Toscana e scrivere anche delle Tenute di Belguardo e Castello di Fonterutoli.