APPASSIONATO DI VINO - NO INFLUENCER

venerdì, 26 Aprile, 2024

Villa Parens, assieme al mitico Giovanni Puiatti a Farra d’Isonzo (Gorizia)

Villa Parens con Giovanni Puiatti, tra storia, filosofia di pensiero, esperimenti, realtà e l’assaggio dei vini

02 Aprile 2022

Dopo qualche anno di conoscenza con Giovanni Puiatti, finalmente si concretizza la possibilità di incontrarlo nella sua Villa Parens a Farra d’Isonzo.

Villa Parens

Ci sediamo subito nel salotto degustazioni, dove tutto è curato nel minimo dettaglio, dai quadri alle pareti, ai divanetti all’arredamento e Giovanni comincia il racconto che lo ha portato ai giorni nostri.

Senza andare troppo in là con la storia possiamo cominciare questa avventura partendo dall’acquisto di Villa Parens, una casa austriaca che allora era del proprietario del mulino del paese, nel 1942 da parte del nonno di Giovanni.

Il motivo dell’acquisto è stata la necessità di avere un punto d’appoggio per coltivare e governare i cento ettari di terra, comprati antecedentemente e contro la volontà del padre, questa volta dalle suore orsoline di Gorizia. Nonno era il primo di quattordici figli e la sua famiglia possedeva circa tremila ettari di boschi in Slovenia, oltre a due segherie e diverse proprietà a Lubiana, essendo originaria di quelle terre.

Le fondamenta della produzione vitivinicola sono state gettate da papà Vittorio Puiatti, che, dopo aver lavorato in Toscana, nella zona del Chianti, nel 1967 ha fondato l’azienda Puiatti, una delle bandiere della regione Friuli, con una produzione arrivata a circa novecentomila bottiglie per anno, fino alla sua vendita nel 2010 ad un gruppo farmaceutico.

Giovanni è rimasto all’interno del gruppo fino al 2013, da cui, per una differente visione e l’idea di non cambiare la sua storia, cultura, identità, ha deciso di staccarsi, dando così forma alle sue idee, continuando la sua attività di enologo e la sua filosofia di produttore nei sei ettari di proprietà, mantenuti nelle colline di Ruttars, lanciando una nuova linea di vini, a nome Villa Parens.

Villa Parens è nata ufficialmente nel 2014, dalle uve della prima vendemmia 2013 e rappresenta il riassunto dell’esperienza e la continuità con storia famiglia, oltre che il proseguo del sogno di rimanere in questo settore a cui Giovanni ha fatto una vera e propria dichiarazione d’amore. “Questo so fare, questa è la mia vita, sono innamorato di tutto ciò ed è questo che voglio fare…con questo tipo di prodotto!”.

Si può affermare che il percorso che ha tracciato papà Vittorio si è sempre basato sulle innovazioni e la tecnologia, a giovamento della dimensione artigianale che poteva solo godere di un aiuto da parte dell’industrializzazione, per ottenere prodotti sempre migliori. In un periodo nel quale le aziende che stavano cominciando ad imbottigliare si potevano contare sulle dita di una mano con nomi quali i Felluga e Mario Schiopetto; Puiatti è stato uno dei traini, assieme ai citati colleghi, per la crescita del territorio friulano, in qualità e visibilità.

Dal punto di vista tecnico il legno, fin dai primi anni, è stato bandito dalla cantina, sostituito dal cemento prima e dall’acciaio poi. “L’uva non nasce con il sapore di legno e se ogni varietà ha un nome diverso vorrà dire che ognuna ha le sue peculiarità; l’uomo non ha il diritto di inserire un comune denominatore che ha ovviamente dimostrato di interagire, oltre che conservare. E poi il legno in cantina è come la panna in cucina, aggiusta tutto”. Sulla strada dei concetti scientifici e tecnologici il cardine del lavoro di Puiatti è stato quello di voler guidare la trasformazione di quello che la natura ci offre per poi far mantenere il risultato in bottiglia. “Siamo scientifici, senza fare affidamento a lune, maree, o al signore che ce la mandi buona; l’unico fattore da cui dipendiamo è l’andamento della stagione e quindi da come si comporta la natura”. Il risultato della trasformazione deve essere un vino che non presenta un grado alcolico anestetizzante per i nostri sensi, ma un prodotto equilibrato che possa essere apprezzato sia dal naso che dal palato dei consumatori.

Innovazione distintiva è stata dal punto di vista filosofico, trasformando la concezione del vino non solo come alimento e bevanda, ma come una materia estetica, che possa far emozionare, soprattutto con le sue note olfattive, i profumi che lo rendono unico. Sempre parlando di materie trasversali è possibile secondo questa concezione associare il vino ad una situazione artistica, facendo emergere nei consumatori un giudizio soggettivo.

L’ingresso nella Puiatti di Giovanni è stato attorno agli anni ’80, dopo il diploma in enologia ed interrompendo la carriera di cestista della Reyer Venezia, durata dai sedici ai ventun’anni; l’altezza e la stazza ne sono sicuramente un biglietto da visita che si notano facilmente.

Villa Parens, pur essendo un nuovo brand, ricalca a pieno i punti cardine tracciati negli anni da Vittorio Puiatti e vuole promuovere vini legati, oltre che alla tradizione, ad un’idea, risultato di professionalità, passione, talento, coraggio.

Una metafora citata da Giovanni è quella della ristorazione di alto livello, dove il cibo viene in una certa maniera per farne capire l’essenza degli ingredienti di un piatto e nel vino deve esserci la stessa attenzione. Se poi parliamo di abbinamento, questo equilibrio tra uno e l’altro elemento, deve essere fondamentale, per poter elevare entrambi, e non far predominare l’uno o l’altro.

La proposta della produzione vinicola del Collio è anacronistica, il volume alcolico e l’uso del legno non avvicinano il consumatore, godiamo ancora un credito commerciale, ma dobbiamo farci un bell’esame di coscienza, per tornare ad essere la terza regione di interesse enoico in Italia

La visione di Giovanni ci riporta agli anni ’90, dove i venditori di uva hanno capito che dalla trasformazione si poteva ottenere qualcosa in più e ci fu un incremento di piccole aziende, che di media proponevano e propongono vini di alto grado alcolico, con affinamenti in legno, senza presidiare quanto offre il territorio e la sua natura.

Come possiamo snaturare una Ribolla Gialla che ha per natura una spiccata acidità e un basso tenore alcolico? Come mai il territorio fa nascere un prodotto di un certo tipo e molti lo propongono come un prodotto di una natura opposta?”

Parlando di Ribolla Gialla si può aprire la grande parentesi degli ultimi anni, nei quali si è costruita una prospettiva di business piuttosto infondata e quasi belligerante con il mondo del Prosecco. Sarebbe più sensato dare una visibilità a quest’uva per quello che è, e non esasperarla in uno charmat prodotto in quantità, senza valorizzarne la qualità. “Il mio spumante, nella volontà e ricerca di valorizzare un blanc de blanc friulano, l’ho chiamato Grand Cret, dal nome della zona dove sono posizionate le vigne, senza indicare Ribolla Gialla, che ahimè, sta diventando un vitigno sinonimo di opportunità commerciale”.

Oggi Villa Parens conta sei ettari con quattro varietà piantate: l’autoctona Ribolla Gialla, Sauvignon, Chardonnay e Pinot Nero. I terreni non sono inerbiti e il sottosuolo è caratterizzato dalla marna pura, o ponca, con una resa di novanta/cento quintali ettaro in una conduzione di “viticoltura responsabile”. “Non credo in una legislazione scritta dall’uomo, di cui ci hanno messo dodici anni per farla; se il BIO fosse stato naturale sarebbe sceso Mosè con le sue tavole”.

Nel rivalutare i terreni di proprietà, sono stati reimpiantati una parte degli ettari, credendo nella Ribolla Gialla ed in un clone friulano di Sauvignon. Parlando invece dello Chardonnay, varietà nel 1975 non riconosciuta in Italia, papà Vittorio, riconoscendola, la vinificava e, proprio in quell’anno scrisse in etichetta il nome del vitigno, innescando un iter burocratico, attraverso il sequestro della produzione e l’iniziò di una battaglia legale. Dopo due anni di etichettatura con il nome “Pinot Bianco Chardonnay”, la Cee ed il ministero dell’agricoltura riconobbero questa varietà all’Italia.

Come rosso la scommessa è il Pinot Nero, con cui Giovanni Puiatti ha confidenza dal 1984, varietà che ritiene “l’ultimo dei bianchi” per le sue caratteristiche in vigna e i risultati in bottiglia. “Il Pinot Nero può salvare il Friuli, che è un territorio riconosciuto per i vini bianchi, non c’è Merlot o Cabernet, Refosco o Terrano che tengano, è questa l’uva che si avvicina di più a quelle a bacca bianca”. “Se conosci il valore di una carezza puoi avvicinarti al Pinot Nero, è come una fidanzata. Se sai cos’è il velluto e la seta puoi affrontare il Pinot Nero”.

Le etichette prodotte sono diverse, ed ognuna rappresenta un’interpretazione dei vari vitigni, come nel caso della Ribolla Gialla, proposta in versione più fresca, d’annata, con un lungo ed interessante affinamento in bottiglia, in versione spumante Metodo Classico, primo ed unico (dal già citato nome Gran Cret), per finire con la versione Raccolta Tardiva, agro-dolce.

E’proprio dalla Ribolla Gialla 2021 che iniziamo la scoperta dei vini di Villa Parens, un vino dai tenui sentori di fiori bianchi, pesca bianca, note agrumate per un palato delicato, minerale, fresco, sapido.

Dopo un primo assaggio Giovanni procura una mela dalla vicina cucina e la taglia in due, facendomi notare la repentina ossidazione che questa ha a contatto con l’ossigeno. Lo stesso avviene per l’uva, la quale deve arrivare intera in cantina, essere pressata il più repentinamente possibile, mentre il vino per essere apprezzato a pieno deve essere annusato quanto prima, appena versato, così da cogliere quel “carpe diem sensoriale”, che pian piano svanisce rimanendo a contatto con l’ossigeno.

Un secondo esperimento per consolidare questo ragionamento annusando due diverse mescite dello stesso vino, una subito dopo averlo versato ed una dopo esattamente dodici secondi e ottanta di cronometro. Il vino annusato in maniera più repentina esprime effettivamente dei sentori più freschi e varietali che, solo dopo pochi secondi si attenuano leggermente. Questo a sottolineare nuovamente la cultura scientifica di Puiatti, ed il concetto di carpe diem che accompagna tutto il percorso dell’uva fino alla sua mescita in formato vino, dopo la sua trasformazione, che deve essere seguita il più scientificamente possibile per non perdere l’essenza della materia prima.

Passiamo poi al Sauvignon 2021, dai sentori non invadenti, un vino che non pecca di arroganza e si esprime con note di pesca bianca, sambuco, bosso. Una leggera nota vegetale, per un palato fresco, minerale, una maggiore spalla acida e buona persistenza.

Un aneddoto che mi racconta Giovanni è che nelle cene e degustazioni dei suoi vini non vuole l’acqua in tavola, perché ci pensa già il vino a dissetare gli ospiti. Le bottiglie di acqua in media vengono richieste solo dopo il terzo o quarto vino in assaggio.

La seconda Ribolla Gialla assaggiata è dell’annata 2016, presentata sul mercato appositamente dopo alcuni anni di affinamento in bottiglia, ed esprime sentori di frutta gialla più matura, pesca gialla, fiori gialli, ginestra, fieno per un palato minerale, pieno, persistente, con una buona spalla acida.

Assaggio anche il “più rosso dei bianchi”, il Pinot Nero 2018. Sentori di piccoli frutti rossi, ciliegia, prugna, violetta, leggera spezia, note ematiche, che con i suoi 12.5 gradi alcol entra in bocca delicato, fresco, con una buona sapidità e mineralità; un vino setoso, vellutato ed elegante.

Per concludere in maniera del tutto esclusiva, un vino che Giovanni condivide con gli amici, una delle circa mille bottiglie di Ribolla Gialla 2014 prodotta con uve che restano in pianta almeno trenta giorni in più dopo averne tagliato i tralci che la sorreggono. “Gran Finale” il nome di questo vino dai sentori dolci, di miele, frutta disidratata, fichi secchi, spezia dolce, fieno, fichi secchi. Il residuo zuccherino di centocinquanta grammi litro è ben equilibrato con le sue note di freschezza, mineralità, acidità e ottima persistenza.

Questo lo chiamo Sweet & Sour e richiama la vinificazione tardiva dei Riesling, oltre che dei grandi Sauternes

Per il futuro è in previsione un piccolo vigneto di Schioppettino, che da studi ampelografici risulta essere un parente stretto del Pinot Nero, e Villa Parens lo vuole interpretare come tale, senza esasperare quest’uva con un’eccessiva maturazione o affinamenti in legno, che ne snaturano l’essenza.

Dopo le chiacchiere e gli assaggi uno sguardo a dove parte tutto il processo di vinificazione con una pressa esterna, il cui marchio e primo modello è stato testato dai Puiatti ed adottato già nel 1983, con lo scopo di avere una pressatura il più soffice possibile, in linea agli spumanti. Il mosto viene poi condotto nelle vasche d’acciaio in una stanza illuminata di color rosso, all’interno della vecchia stalla della proprietà, datata 1861, dove avvengono le fermentazioni, con lieviti selezionati e un minuzioso controllo della temperatura. Il vino affina il tempo necessario e dalla pressatura a questa fase viene sempre saturato con l’anidride carbonica, per non permettere all’ossigeno di intaccare il prodotto. Ovviamente nessuna traccia di legno! Dopo i necessari travasi e filtrazione, si imbottiglia e si lascia affinare, per il giusto periodo di riposo prima della commercializzazione.

Villa Parens, un’esperienza a tutto tondo nel mondo Puiatti, rimandata più volte ma finalmente realizzata e, dopo una lunga chiacchierata, maglietta numero 162 per Giovanni!

La passione conduce oltre il limite, sempre alla ricerca di qualcosa che non so descrivere, che non esiste, che non so aspettare”. G. Puiatti

Guarda anche...

Ultimi post

Categorie