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domenica, 5 Maggio, 2024

In cantina Zahar, a meno di due chilometri dalla Slovenia, Sant’Antonio in Bosco (Trieste)

Dopo un incontro casuale con la sorella di Mitja qualche anno fa in toscana, finalmente in compagnia sua e della moglie Tania, nella loro azienda Zahar

18 Novembre 2023

A pochi passi da un luogo tristemente famoso come la Foiba di Basovizza, andiamo a scoprire l’azienda vitivinicola Zahar, condotta da Tania e Mitja, oltre che dalla nuova leva Jalen. Un incontro casuale nel 2020 con la sorella di Mitja, Martina, in una vacanza toscana, per poi re-incontrare la coppia ad una manifestazione nel marzo del 2023, fino all’incontro in cantina a Sant’Antonio in Bosco, a meno di un paio di chilometri dal confine con la Slovenia.

Ci troviamo davanti ad una realtà in divenire, con i lavori in corso per il suo restauro, iniziati nel 2019, sebbene la storia di Zahar sia decisamente più lunga. C’è da sottolineare che il nome Zahar è di origine boema e la famiglia di Mitja si è insediata in questa zona sicuramente prima del 1860, anno in cui fu costruita una prima parte della cantina. Esplorando le varie zone, ad un paio di metri sotto il livello della strada, possiamo notare una sorta di puzzle di ambienti, che formano l’attuale area per le vinificazioni. Una parte di queste costruzioni si deve grazie alla forma di compenso che hanno lasciato gli operai che un paio di secoli fa erano impegnati nella costruzione della linea ferroviaria Trieste-Vienna. Per sdebitarsi del pernotto offerto dai contadini della zona li aiutavano a costruire parti di casa o di strutture adiacenti.
Osservando una foto del 1985, affissa alla parete, si nota il sistema di archi che delimita un’area dall’altra, archi che nel corso del tempo sono stati quasi sommersi dal deposito di fieno e mangime per gli animali.

Dai primi anni 2000 sono state ammodernate le varie aree, creando una cantina uniforme per la produzione del vino in bottiglia.

Produzione del vino che è da sempre stato un “affare di famiglia”, dal bisnonno a nonno Bruno e papà Stevo, principalmente per autoconsumo, essendo questa come tante altre, una realtà agricola a trecentosessanta gradi. In questo caso non serve andare indietro di molti anni, poiché il luogo dove ora sorge la sala degustazioni fino al 2000 era la stalla dedicata ai maiali e alle mucche.

Oggi in cantina troviamo per lo più vasche in acciaio, alcuni tonenau e barrique, ma sono in arrivo tre botti grandi ovali da dieci ettolitri per l’affinamento dei mono-vitigni: Vitovska, Malvasia e Tocai. Le prime bottiglie si sono iniziate a produrre nel 2009, inizialmente con l’aiuto di papà (che dopo qualche screzio da buon rapporto padre-figlio, ha dato carta bianca a Mitja), mancato nel 2013, iniziando, alcuni corsi di conduzione della vigna e vinificazioni, complementarmente con il primo lavoro di Mitja. Tra il 2013 e il 2014 si è deciso di intraprendere la strada dei Vini di Luce di Alessandro Filippi, sposando a pieno la sua filosofia in vigna e cantina. Anche se il 2014 è stata un’annata molto difficile, si è cominciato ad eliminare la chimica, fino ad ottenere la certificazione BIO nel 2020. I trattamenti sono a base di rame e zolfo, con l’aiuto di tisane naturali, che aiutano a ridurre l’utilizzo dei primi due. Periodicamente vengono effettuati alcuni sovesci, purtroppo impossibili quest’anno, a causa della vendemmia prolungata e i tempi stretti e l’imminente raccolta delle olive.

Parlando dei terreni dell’azienda, troviamo un totale di tre ettari e mezzo, tutti basati su flysch (marna arenaria riconducibile alla ponca) di cui un ettaro è di proprietà e con gli ottomila metri adiacenti, in affitto, forma l’appezzamento più grande di Zahar. La restante metà è sempre in affitto ed è composta da micro-appezzamenti che si estendono tutti nell’arco di qualche chilometro, sempre a Sant’Antonio in Bosco. Tra i tre ettari e mezzo è compreso anche l’uliveto, con cui si produce l’olio extravergine di oliva, con olive che vengono portate in un frantoio sloveno, per rispettare la certificazione biologica, non supportata dai frantoi facenti parte della DOP Tergeste.

Parlando dell’annata 2023, purtroppo, il riscontro non è così positivo, a causa della scarsa escursione termica, con notti calde e con numerosi problemi di oidio, soprattutto dopo la metà di luglio. Un’annata non qualitativa come le altre, che necessita di togliere prima il vino dalle fecce. L’unica nota positiva è che non ci sono state grandinate in questa zona.

Anche in cantina si segue la linea guida della campagna, cercando di impattare il meno possibile con agenti esterni; i primi anni per avviare le fermentazioni si utilizzava un pied de cuve, mentre ora il processo avviene spontaneamente, in vasi vinari di acciaio inox, all’interno dei quali tutte le varietà svolgono un minimo di due/tre giorni di macerazione sulle bucce.

Le etichette prodotte sono abbastanza numerose, partendo da una Malvasia che, dopo una macerazione di otto/dieci giorni, affina in legno di tonneau; Malvasia più fresca, solo acciaio e macerazione di un paio di giorni; Vitovska di cui un terzo della massa (dipendentemente delle annate) affina in tonneu per sei mesi; “Soncek”, uvaggio di Malvasia, Vitovska e Tocai (proveniente da una vigna di settant’anni), uve macerate assieme sette giorni ed affinate per circa metà in legno di tonneu sei mesi e la rimanente parte in acciaio; un Rosè di Refoscoun vino fatto per scherzo in sole trecento bottiglie”.
Passando ai rossi troviamo “MCMXLVIII”, Merlot che, dipendentemente dall’annata, affina in acciaio e una parte in legno, dedicato a papà e alla sua data di nascita 1948; un Refosco che affina un anno tra tonneau e barrique; “Jalen”, dedicato al figlio, rifermentato in bottiglia di Refosco; “Sara”, 90% Vitovska e 10% Malvasia rifermentate in bottiglia, dedicato alla figlia Sara e una birra fatta in collaborazione con un mastro birraio trentino, conosciuto ad una manifestazione.

Una curiosità è che il figlio Jalen, di dodici anni, ogni anno seleziona alcune uve e produce il suo vino, con una pressa dedicata e una damigiana da venticinque litri. Vini per i genitori e per gli amici maggiorenni, oltre che per fare una scorta al fine di assaggiare i suoi risultati una volta consentito di bere alcolici.

Si è fatta l’ora di pranzo e Tania ha imbandito una ricca tavolata con formaggi e salumi locali, frittatine, crostini con il baccalà mantecato e una specialità di questa zona: Liptauer, prodotto regionale dell’est del Friuli e delle nazioni dell’est adiacenti: una salsa a base di formaggio di latte di pecora, panna acida, burro o birra, cipolla, paprika, prezzemolo o semi di cumino, acciughe.

Ottimi manicaretti accompagnati dagli assaggi dei vini Zahar, che sono cominciati con la Vitovska 2021 e i suoi sentori fruttati di albicocca al naso ma anche erbacei, con note di erbe officinali, mentuccia fresca, per un sorso dritto e verticale, fresco, con una buona acidità e mineralità, discreto corpo, finezza, persistenza e un sottofondo speziato che ritorna in bocca.

Passiamo al più strutturato “Soncek” 2021, uvaggio di autoctone, che si presenta al naso con note di frutta gialla matura, pesca gialla, un leggero sentore tropicale, miele, macchia mediterranea, un sottofondo balsamico e speziato. Il sorso ha un corpo più ricco, intenso, caldo, con una buona spalla acida, sapido, le parti dure rendono equilibrato l’assaggio, ideale con piatti strutturati e con una buona persistenza.

Conclusione in rosso con il Refosco 2021, che al naso si apre con le note tipiche di ciliegia, amarena, ma anche frutti di bosco, sentori di leggero sottobosco, nota speziata, pepe, per un ingresso al palato fresco, con un buon corpo, spalla acida, discreta sapidità, tannino che fa capolino e buona persistenza.

Un ringraziamento speciale alla famiglia Zahar, che merita la maglia 290, in vista della fine dei lavori e la conseguente apertura dell’agriturismo.

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