Degustazione dei vini dell’azienda Barone di Villagrande abbinati ad ottimi manicaretti, alla storia e filosofia raccontate da Marco Nicolosi
29 Dicembre 2023
Siamo sul versante sud-est dell’Etna, a poche centinaia di metri dal centro di Milo, all’interno del cuore pulsante dell’azienda Barone di Villagrande, in compagnia del team di questa realtà e del suo attuale titolare, Marco Nicolosi.
Il contesto dove si trova Barone di Villagrande è quello della conclusione della Valle del Bove, a seicentocinquanta/settecento metri sul livello del mare, valle che un tempo era un lago. Questo nel corso degli anni è collassato, lasciando oltre al substrato argilloso numerosi detriti del fondale lacustre.
Altra peculiarità di questa zona è l’escursione termica tra il giorno, in cui si toccano i quarantacinque gradi nei giorni più caldi, alla notte, dove la temperatura scende anche di venticinque/trenta gradi. Una caratteristica a favore delle uve a bacca bianca, che godono di tale shock termico per regalare vini di grande freschezza, acidità, verticalità, che si trasformano in longevità.
La struttura principale è composta dall’accoglienza, sala degustazioni, cantina ed alcune camere per gli ospiti, i quali possono godere di una vista mozzafiato su una parte di vigna composta dai terrazzamenti costruiti negli anni dalla famiglia Nicolosi, i primi ad adottare questa tecnica sull’Etna.
Chiacchierando con Marco Nicolosi torniamo indietro di qualche secolo, individuando la prima generazione di viticoltori nella sua famiglia nel 1727, che si è consolidata negli anni producendo e commercializzando sempre vino, il quale nei primi tempi era destinato ad altre regioni o alla vicina Francia, come prodotto da taglio. Una famiglia che ha ottenuto il titolo nobiliare sia per l’impegno nel combattere i briganti che saccheggiavano i mercanti sulla strada Catania-Messina, ma anche per i meriti enologici e vitivinicoli.
Giungendo al secolo scorso troviamo come protagonisti nonno Carmelo, uno dei primi sull’Etna, negli anni ’40 ad aver imbottigliato parte della produzione, utilizzando bottiglie bordolesi.
Passando al padre di Marco, Carlo, troviamo un ulteriore consolidamento aziendale, con una figura che in prima persona ha collaborato alla stesura del disciplinare della DOC Etna.
Tra gli anni ’90 e 2000 c’è stato qualche momento di difficoltà a causa delle richieste di mercato che vertevano su prodotti molto strutturati, di elevate gradazioni e affinamenti importanti. Non per questo l’identità di Barone di Villagrande si è modificata, non volendo seguire mode, pur essendo attenti ai trend di mercato, ma rimanendo fedeli all’interpretazione dei vini di territorio, senza denigrare l’espressione identitaria delle proprie uve. Una filosofia che negli anni si è dimostrata vincente, trovando oggi, con il cambio di rotta nei consumatori che ricercano meno pesantezza e più beva nel prodotto finale, un grande successo sui mercati nazionali ed internazionali.
Marco rappresenta oggi la decima generazione di Barone di Villagrande, ereditando una delle realtà più storiche della zona dell’Etna, “una grande fortuna, ma decisamente non semplice”. “In questo lavoro sei sempre connesso, è totalizzante, vai a letto alla sera e pensi a quello che può capitare di notte o a quello che devi fare la mattina successiva; per la piena realizzazione personale e professionale è necessario metterci la passione”.
Pur mantenendo la rotta della tradizione, uno dei cambiamenti maggiori apportato da Marco è stato l’introduzione dell’area ricettiva a pagamento, “Se mio nonno mi vedesse far pagare gli ospiti mi toglierebbe l’azienda all’istante; in altri tempi non si parlava di ricettività e all’ospite non veniva chiesto alcun conto”.
Oggi l’azienda conta nella zona di Milo diciannove ettari, di cui il 70% sono a bacca bianca, e di questi il 90% sono di uve Carricante. A completare l’estensione di Barone di Villagrande è presente anche un ettaro sul Monte Ilica e un ettaro sul Monte Arso, dove si trova principalmente il Nerello Mascalese, in produzione dal 2022 (con poco più di duemila bottiglie ottenute sommando l’estensione di entrambe le zone). La volontà dell’azienda è da sempre stata quella di investire in varietà che rispettano l’identità di questo territorio, adattatesi qui nei secoli e diventate le autoctone, due su tutte il Nerello Mascalese e il Carricante.
Nello specifico di Carricante si conta un ricco patrimonio genetico con diversi cloni, ottenuti da selezioni massali effettuate nel corso della storia aziendale e si presta una grande attenzione a quelli che si adattano di più, in questi anni di stravolgimenti climatici, per essere pronti alle evenienze future. Un ragionamento che viene fatto anche con le varietà autoctone minori, per cui Barone di Villagrande ha un occhio di riguardo: Minella Bianca, Catarratto Lucido, Grecanica, Lucignola, Madama Bianca, Visparola, utilizzate per i vini bianchi, ma monitorate di anno in anno per verificare quali possono essere le più indicate al fine di ottenere il blend più equilibrato ed identificativo. Il tutto creato da un costante e ragionato monitoraggio della vigna e non per strane alchimie di cantina.
Non parliamo solo di Etna e dintorni, ma l’azienda possiede anche sette terrazzamenti nell’isola delle Eolie, Salina, dove troviamo la Malvasia delle Lipari e altre varietà autoctone, per ottenere due diversi vini.
Spostando lo sguardo sui trattamenti, appuriamo che l’azienda è BIO dal 1989, certificazione ottenuta da un ente francese, non essendoci ancora in Italia. In queste zone quando si arriva a sette trattamenti (come nel caso del 2023) a base di rame e zolfo sono già considerati troppi; oltre a queste pratiche si utilizzano le trappole per la tignoletta e si cerca di presidiare costantemente la vigna per poter favorire la produzione delle uve, evitando eventuali “danni”, come nel caso della peronospora della scorsa stagione, decisamente contenuta.
Non può mancare uno sguardo alla cantina storica, dove si trovano ancora le vecchie botti grandi in legno, ormai in disuso. Questo ambiente è ancora oggi utilizzato come barricaia, adottando botti di più piccolo formato, principalmente in castagno (oltre ad acacia e rovere), prodotte a Marsala con alberi di proprietà, il cui legno viene fatto riposare e stagionare per circa sei anni, prima di essere trasformato nei vasi vinari.
Uno spazio costruito nel 1850 su tre livelli, per rispettare una vinificazione a caduta, dalla pressa, all’affinamento, passando per le fermentazioni, che ancora oggi rispetta tutti gli standard di un ambiente dedicato all’invecchiamento dei vini. La bottaia gode di un’esposizione a nord, è stata scavata sottoterra, costruita in pietra lavica, mantiene una temperatura costante (con un massimo di diciotto gradi in agosto e un minimo di sette nelle giornate più fredde) e gode di una cisterna di raccolta delle acque piovane, che mantiene un’umidità pressocchè costante del 75%.
La maggior parte delle vinificazioni avvengono nella più moderna e adiacente struttura, dove trovano spazio le vasche in acciaio. Negli anni sono state effettuate numerose prove sulle fermentazioni, ritenendo sopravvalutato focalizzarsi troppo sul tema del lievito. Si è dimostrato che dopo un anno di affinamento di diversi vini, ottenuti da due diverse fermentazioni, con lieviti selezionati neutri e spontanea, non si riesce a distinguere quale sia il risultato della prima tipologia di lievito e quale della seconda (quella volta su cinque, di media, che viene svolta in maniera corretta).
La filosofia di Barone di Villagrande è quella di intervenire il meno possibile nei processi, avvalendosi di una continua ricerca ed analisi per poter ottenere prodotti con meno intervento possibile. Sul tema solforosa emerge una sorta di “orgoglio” nell’utilizzo, poiché è un componente aggiuntivo visto come un aiuto per i vini che si vogliono ottenere ed offrire sul mercato.
Le bottiglie prodotte sono circa centomila per anno, divise in cinque etichette: Etna Bianco DOC Superiore, ottenuto da un 90% di uve Carricante e un 10% di uve a bacca bianca; Etna Bianco DOC Superiore Contrada Villagrande, che, a differenza dl primo, vino riposa in tonneau per un anno circa (ad oggi non disponibile essendo finito lo stock di circa seicento bottiglie prodotte, a causa della vincita di un importante premio); Etna Rosso DOC, 80% Nerello Mascalese e 20% tra Nerello Cappuccio e Nerello Mantellato, il cui affinamento avviene per dodici mesi in tonneau di castagno; Etna Rosso DOC Contrada Villagrande, che mantiene lo stesso uvaggio, ma aumenta l’affinamento a due anni, sempre in botti di castagno; infine troviamo un Etna DOC Rosato a base di 90% Nerello Mascalese e 10% Carricante che affina in solo acciaio.
Da Salina Barone di Villagrande ottiene due vini bianchi: Salina Bianco IGP con uve 40% Malvasia delle Lipari, e un 60% di Rucignola, Catarratto e altri vitigni autoctoni; Malvasia delle Lipari DOC Passito a base di Malvasia delle Lipari e Corinto Nero.
Il lavoro delle uve a Salina è ancora più particolare ed elaborato, con le uve destinate al Passito che vengono raccolte e diraspate a mano, lasciate al sole sui graticci per quindici giorni, per poi essere vinificate. Il vino affina in soli contenitori di acciaio, per poi essere trasportato nella cantina di Milo per essere imbottigliato.
Per assaggiare i vini dell’azienda Barone di Villagrande, ci spostiamo nell’area predisposta alla ricettività, all’interno della quale viene offerta una degustazione in abbinamento ad alcune pietanze tipiche della zona.
Si comincia, in maniera piuttosto insolita, con la Malvasia delle Lipari Passito 2018 “l’oro colato dell’azienda”, prodotto in circa mille bottiglie per anno. Al naso esprime note di agrume, mandarino maturo, zagara, miele, uno spunto erbaceo, macchia mediterranea, una nota fumè, con un sottofondo balsamico, per un sorso fresco, dalla buona acidità, novantacinque grammi di zucchero per litro ben bilanciati, beva, sapidità, discreta mineralità e buona persistenza. Vino abbinato a zucca a cubetti, mandorle, uva passa.
Passiamo all’Etna Bianco 2022 che si esprime con note agrumate, di pompelmo, un tocco di pesca bianco, per poi lasciare spazio a salvia, origano e fiori gialli. Un sorso fresco, dalla buona acidità, teso, di beva, sapido e abbastanza minerale, per una discreta persistenza.
Ci spostiamo ad un accompagnamento di mare, con uno sgombro cotto a bassa temperatura, accompagnato da un’insalata di finocchi e arance.
Il mondo dei rossi si apre con l’Etna Rosso DOC 2020 che regala note di frutti rossi, ciliegia, frutti di bosco, una leggera prugna, spunti ematici, un tocco erbaceo e note che tendono al sottobosco per un sorso di beva, con una buona acidità, buona sapidità, tannino che si fa sentire e discreta persistenza. L’accompagnamento con una pasta e fagioli.
Il fratello maggiore è l’Etna Rosso di Contrada Villagrande, annata 2019, che esprime sentori più delicati, sempre legati alla ciliegia e frutta rossa, note più ematiche, rabarbaro e un sottofondo balsamico, che tende alla mentuccia ed eucalipto. Il sorso è più armonico ed equilibrato, con un buon corpo, ma ottima beva, tannino maggiormente integrato e buona persistenza.
Ad accompagnare il sorso maiale contornato di funghi locali, castagne e una riduzione ottenuta con lo stesso vino.
Conclusione in dolce, con un brownie di cioccolato accompagnato da un terzo vino rosso, non citato precedentemente tra le etichette prodotte, poiché fatto degustare e venduto sono in azienda. Lo “Sciara” (che in dialetto significa “lava”) è il vino di famiglia dell’azienda Barone di Villagrande, ottenuto da uve 80% Merlot e 20% Nerello Cappuccio e un affinamento di un anno, circa, in tonneau e almeno due anni di bottiglia. Annata 2019 che si esprime con sentori di frutta rossa e nera tendente al sotto spirito, liquirizia fresca, note speziate e di vaniglia, un tocco di inchiostro e grafite, per un sorso più pieno e di corpo, ma equilibrato da una buona acidità, abbastanza minerale, un tannino finale e di buona persistenza.
Un ringraziamento a Marco, tediato dalle mille domande ed al suo team che si adopera con passione nella ricettività, facendo vivere a pieno lo spirito di questa storica azienda.