Tornatore, un’avventura alla scoperta della realtà fondata dal Cavaliere Francesco Tornatore, tra tour in fuoristrada, visita alla cantina e degustazione
08 Marzo 2025
Prima tappa della giornata della Festa della Donna, con tanto di mimose in fiore sul versante nord dell’Etna, dove l’azienda Tornatore trova le sue radici.
Un’avventura guidata da Federica, che da otto anni si occupa di diverse mansioni in azienda, sia nell’area dell’accoglienza, ma anche nelle vesti di export manager, essendo uno dei motori fondamentali della crescita di questa realtà famigliare, che ha preso un posto.
Assieme a lei, a bordo di un fuoristrada, cominciamo l’avventura alla scoperta delle aree vitate dell’azienda, partendo dal suo cuore pulsante in Contrada Bragaseggi, dove tutto ebbe origine.
Tra le stradine sterrate e un cielo terso, approfondiamo la storia di questa realtà, nata dalle origini del Cavaliere, con mamma e papà che hanno sempre svolto attività di agricoltura, principalmente coltivando olive e nocciole alle pendici dell’Etna. La sua vita è stata però caratterizzata da un percorso totalmente diverso, investendo nel settore della tecnologia delle telecomunicazioni e fondando diverse realtà in tale ambito, dedicandosi all’imprenditoria nel panorama modiale, pur non tralasciando le terre etnee quasi tutti i weekend e trascorrendovi diverse settimane l’anno.
Nel corso degli anni il fratello maggiore è mancato, mentre la sorella è emigrata in Australia, trovandosi a gestire una proprietà di famiglia di alcuni ettari. Così, la decisione di un ritorno alle origini e, visto il trend di rinascita della viticoltura sull’Etna, l’investimento nel mondo del vino e dell’allevamento della vigna.
Oggi troviamo centoventi ettari di terreni di proprietà, acquisiti grazie alla repentina espansione aziendale, di cui ottantacinque vitati (di questi settantacinque attualmente in produzione). Assieme a Federica raggiungiamo uno degli appezzamenti vitati più grandi della proprietà dell’azienda, il quale si può considerare uno dei corpi unici più estesi di tutta l’area del Vulcano.
Circa trentacinque ettari vitati dove si incrociano cinque Contrade: Malopasso, Pietrarizzo, Piano dei Daini, Zottorinotto e Verzella. Più precisamente ci troviamo nel comune di Castiglione di Sicilia, paese che si può scorgere sulla destra della nostra cartolina, il quale nasconde Giardini Naxos e Taormina. Nella parte frontale scorre il fiume Alcantara, che anticipa i Monti Nebrodi, mentre, nascosto da nebbia e nuvole, alle spalle si trova l’Etna.
Dalla parte più alta si può avere un’idea dell’estensione della proprietà, con le varie pertinenze e le diversità dei terreni che si alternano tra un mix di basalto, rocce più grossolane sia nere ma anche pietre giallastre o rosse. Si può ben notare come i terreni più alti siano più drenanti, mentre quelli più bassi trattengono maggiormente l’acqua, formando alcune pozzanghere.
In quest’area, che non apparteneva al nucleo originario della famiglia, si è cominciato ad investire tra i trenta e i venticinque anni fa, ripristinando di anno in anno i vari terrazzamenti, che contano circa quindici chilometri di muretti a secco e piantando diversi vigneti. Si ricorda come il 2017 sia stata un’annata eccezionalmente calda, facendo prendere la decisione di creare un impianto di irrigazione a goccia per poter salvare le piante più piccole.
I due casolari che si possono notare in lontananza rappresentano rispettivamente la nuova cantina, che si nasconde per diverse decine di metri sottoterra, sfruttando così la forza di gravità nei vari processi, e un palazzo dedicato a foresteria, oggi per gli amici, ma in un futuro prossimo l’obiettivo è quello di aprirlo al pubblico, ricavando anche una sala degustazioni interna.
Oltre a questo grande corpo l’azienda Tornatore ha acquistato nel 2019 altri due appezzamenti, in Contrada Calderara e Contrada Santo Spirito, pur fondando le sue origini in altre due aree.
Stiamo parlando del nostro punto di ritrovo a Contrada Bragaseggi e Contrada Trimarchisa. Questa è la nostra seconda tappa, raggiungibile percorrendo una stradina sterrata e, visto il meteo, piena di pozzanghere e fango.
Prima di arrivare a destinazione scorgiamo parte di Contrada Pietrarizzo, caratterizzata da pietra vulcanica, di proprietà esclusiva della sola azienda Tornatore, una sorta di “Monopole” alla francese.
In Contrada Trimarchisa è presente una parte della vigna più vecchia della proprietà, ereditata dalla famiglia, che in realtà un tempo era più avvezza al business delle nocciole e dell’olio, oltre ad avere anche vigneti di varietà quali Nero d’Avola, Merlot e Cabernet.
Quest’area conta dodici ettari vitati ed è praticamente tutta di proprietà di Tornatore, ad eccezione di un piccolissimo produttore che ne detiene una minima parte. Si può notare un terreno argilloso e limoso, con terre di sfumature nere o giallastre.
Gli impianti spaziano dai più recenti ad alcuni di oltre cinquant’anni, quest’ultimi dedicati alla produzione del vino di Contrada. Tra gli appezzamenti si può notare anche un piccolo cantiere che circonda il vecchio Palmento, in fase di ristrutturazione.
Diverse decine di anni fa le vinificazioni si svolgevano proprio qui e, come da tradizione, c’era un’area dove ci si poteva nutrire e si poteva riposare, così da supervisionare tutti i processi di trasformazione delle uve.
La struttura ha mantenuto la sua forma, ritrovando quasi tutti i componenti originari, tra cui le botti nella parte inferiore.
Il Cavaliere ha voluto investire solo su varietà autoctone, tra cui Carricante, una minima percentuale di Catarratto, Nerello Mascalese e una parte di Nerello Cappuccio. La filosofia dell’azienda Tornatore è quella di essere sostenibili in tutti i processi, sia di vigna sia di cantina, avendo intrapreso la certificazione Viva Sustain. In vigna è stata ottenuta anche la certificazione Bio, lavorando quasi esclusivamente con rame e zolfo, anche in annate come la 2023, in cui la peronospora ha causato la perdita del 40% della produzione. Dove è necessario, si adotta anche del sovescio a base di favino. Parlando di sesti d’impianto la decisione è stata quella di meccanizzare il più possibile le attività di campagna, investendo sulla tecnica della spalliera e mantenendo alcuni appezzamenti ad alberello.
Tornatore si è imposta sicuramente sul mercato nell’ultimo decennio, ma l’inizio della produzione di vini in bottiglia risale al 2012, quando i figli del Cavaliere, hanno spinto affinché si investisse sulla trasformazione di quelle uve che venivano precedentemente conferite, per ottenere vino in bottiglia di qualità. In circa otto anni si è passati da ottanta/centomila a quattrocento/quattrocentocinquanta mila bottiglie prodotte, attestandosi come l’azienda che produce l’8% del totale della produzione dell’intera area della DOC dell’Etna. Piccola parentesi, l’azienda possiede anche tre ettari di uliveto, per lo più situati nella parte a sud di Castiglione, dove si trovano vecchi ulivi di Nocellara dell’Etna e meno del 5% di una varietà locale chiamata Randazzese.
Oggi troviamo dieci etichette, caratterizzate da sole uve autoctone, un’Etna Bianco e un Etna Rosso, ottenuti da uve provenienti da tutte le Contrade, di cui il secondo affina per circa sei mesi in legno da cinquanta ettolitri, mentre il primo riposa solo in acciaio; un vino Rosato; il Bianco e il Rosso di Contrada Pietrarizzo, i quali riposano rispettivamente sei mesi e un anno in botti grandi; altri due rossi dalle Contrade di Trimarchisa e Calderara, che affinano per almeno diciotto mesi in botti da venticinque ettolitri; il bianco di Contrada Zottorinotto, affinato per circa un anno in barrique di acacia e due Metodi Charmat, con uve Nerello Mascalese vinificate in bianco e in rosato. È presente anche un Metodo Classico a base Nerello Mascalese che sta ancora riposando sui lieviti e non si sa ancora quando uscirà.
Ritornati al punto di partenza in Contrada Bragaseggi, prima degli assaggi uno sguardo alla cantina, il regno di Angelo di Grazia (conosciuto qualche mese prima ad un evento a Siracusa), enologo che dal 2019 segue vinificazioni e affinamenti dei vini Tornatore. Qui troviamo grandi vasche in acciaio e cemento (dove il vino solitamente affina prima degli imbottigliamenti), oltre ad alcune botti di diverso formato e qualche anfora per l’affinamento di un nuovo vino di Contrada.
La maggior parte dei vasi vinari sarà spostato nella nuova cantina, di cui abbiamo accennato nelle prima battute dell’articolo, mantenendo qui un’area di stoccaggio, ma anche di supporto per le vinificazioni conto-terzi, sempre più numerose visti gli investimenti degli ultimi anni sull’Etna.
All’interno di una delle sale degustazioni, al piano inferiore dell’abitazione di famiglia, coccolati dal caldo della stufa a legna, ci immergiamo negli assaggi di alcuni vini Tornatore, cominciando con l’Etna Bianco DOC Zottorinotto 2021. Un vino che ha visto i suoi natali nel 2019, quando il Cavaliere, reduce da uno dei suoi tanti viaggi in Francia presso uno dei suoi stabilimenti, è tornato con l’idea di voler produrre un vino che assomigliasse ad uno Chablis, principalmente per avvolgenza ed intensità, pur non perdendo le caratteristiche dell’Etna.
Un vino affinato in barrique di acacia che si presenta con note intense al naso, sentori tropicali, di ananas, miele, tocco di spezia, salvia, origano, sottofondo sulfureo e un principio di idrocarburo. In bocca ha un buon corpo, ben bilanciato, con una buona beva, spalla acida, mineralità e discreta sapidità, con una buona lunghezza.
Passiamo al confronto tra i tre Etna Rossi DOC di Contrada, cominciando con il Pietrarizzo 2021, 100% Nerello Mascalese, il primo vino di Contrada prodotto nel 2014 e forse più rappresentativo dell’azienda. Si presenta al naso con una buona freschezza, caratterizzato da frutti rossi, note di sanguinella, sentori ematici, per un sorso di beva, una buona sapidità, spalla acida, tannino abbastanza fine e di discreta lunghezza.
Il secondo vino è il Calderara 2019, che si presenta con note di frutta più matura, un tocco di spezia, sottobosco, ma anche rabarbaro, per un sorso sempre fresco, ma più intenso, con un buon corpo, sostenuto dalle parti dure, tannino sempre delicato e maggior persistenza.
Concludiamo con il Trimarchisa 2018, che sprigiona note più terziarie, di sottobosco, spunto terroso, tocco di china, ma anche frutta sotto spirito, cioccolato e tabacco dolce. In bocca è comunque ben bilanciato, con un buon corpo, anche in questo caso equilibrato, sicuramente pieno e ben persistente.
Un ringraziamento a Federica per l’accoglienza, in attesa di conoscere il Cavaliere e bere un calice in compagnia, potendo magari toccare con mano la fine dei tanti cantieri e lavori di recupero delle aree esplorate.