Caves de Donnas, nella parte più bassa della Valle d’Aosta, per scoprire la prima cooperativa Valdostana, assieme al suo presidente Alessandro
20 Novembre 2022
Siamo al confine tra Valle d’Aosta e Piemonte, nel Comune di Donnas, dove sorge la cooperativa Caves de Donnas e, assieme al presidente Alessandro Jans, andiamo ad approfondirne la storia, partendo dagli anni ’70.
Nel 1971, il vino di Donnas ottiene la prima DOC Valdostana; un gruppo di produttori inizia a pensare di poter produrre vino insieme, partendo dai loro appezzamenti vitati di esigua superficie; a metà degli anni settanta inizia la costruzione del fabbricato dove ci troviamo, che è tuttora la sede dell’attuale cooperativa. Inizialmente questa si chiamava Caves de Donnaz, diventata poi Caves de Donnas, mantenendo la “S” finale in Caves, per sottolineare la pluralità dei primi anni della cooperativa, quando ogni viticoltore vinificava le proprie uve per poi conferire il vino alla cantina, in cui veniva mescolato, per poi essere affinato ed imbottigliato.
Dal 1986 il Donnas diventa una sottozona della neonata DOC Valle d’Aosta; il vino è prodotto con un blend di minimo 85% di uve Nebbiolo, del biotipo Picotendro, tipico di quest’area, e un 15% di altre uve rosse autoctone, tra cui Neyret e Freisa Bleuvva (Neretto Nostrano).
Essendo nel punto vendita andiamo a scoprire le varie etichette che vengono prodotte: partendo dai vini bianchi, troviamo il “Blanc des Caves”, a base di Erbaluce, il Valle d’Aosta DOC Pinot Gris, e il “Dernier Soleil”, un passito ottenuto da uve Erbaluce (anni fa prodotto anche dalle uve di Pinot Gris);
Tra i vini rosati troviamo invece uno spumante Charmat a base di Nebbiolo, denominato “Magie” e il Valle d’Aosta DOC Rosé “Larmes du paradis”, sempre ottenuto da uve Nebbiolo;
Il cuore della produzione della cantina è però costituito dai vini rossi: il “Rouge de Caves”, ottenuto da uvaggio di Vien de Nus, Neyret e Vernassa; il “Barmet”, un Nebbiolo giovane affinato solo in acciaio, il cui nome deriva dalle grotte semi-naturali che si trovano tra i vigneti; il “Picotendro”, altro Nebbiolo che affina sei mesi in tonneau; il Valle d’Aosta DOC Donnas, l’etichetta principale e più antica delle Caves, che affina per ventiquattro mesi in botti di rovere da venticinque ettolitri, il Donnas DOC “Napoleon”, affinato invece in botte piccola, il cui nome è dedicato ad un episodio storico nel quale i soldati di Napoleone assetati sfondarono la porta di una cantina ai piedi di uno dei vigneti di Pont Saint-Martin, e infine il “Vielles Vignes”, Donnas DOC Superiore, ottenuto sempre da uve Nebbiolo vendemmiate tardivamente ed invecchiato per ben trenta mesi, tra botte e bottiglia.
Dopo una panoramica sui vini approfondiamo quelli che sono i numeri dell’attuale cooperativa Caves de Donnas, che oggi conta circa cinquanta soci, per un totale di diciannove ettari vitati, di cui due e mezzo sono gestiti direttamente dalle Caves mentre per un’altra gran parte si gestiscono esclusivamente i trattamenti fitosanitari. La cooperativa ha a disposizione due persone che si occupano della campagna, per il semplice fatto che sempre più appezzamenti non trovano un seguito generazionale.
La media dell’età delle piante è decisamente avanzata e da sempre viene portata avanti la lotta integrata, senza diserbi, adottando la confusione sessuale e cercando di impattare il meno possibile sulla pianta e sul prodotto. Vista la posizione dei vigneti i trattamenti si effettuano a mano, con una pompa a spalla o talvolta con un sistema di tubi che aiutano i vari addetti, collegando le cisterne in cima agli appezzamenti e scendendo fino al fondo valle.
“Qui i viticoltori erano principalmente degli appassionati che producevano il vino per autoconsumo, strenui appassionati ai loro vigneti difficili, sostenuti da poderosi muri in pietra a secco, tanto da essere definiti eroici”
I terreni di bassa Valle sono principalmente acidi (simili ad altre zone come Ghemme, Carema o Gattinara), figli dell’arretramento del ghiacciaio che ha lasciato i propri sedimenti. L’intervento dell’uomo ha creato una sorta di ecosistema artificiale, con un sistema di terrazzamenti che, in fase di creazione, hanno avuto la necessità di essere integrati da materia organica e terra franco limosa portata manualmente da altre zone.
Per toccare con mano la viticoltura di questa zona ci spostiamo in auto nei vicini vigneti tra Donnas, Perloz e Pont Saint-Martin. A caratterizzare entrambe le zone ci sono vigneti a pergola oltre che le monorotaie che facilitano il trasporto dei materiali e delle vendemmie. Curiosità è che qui le viti vengono chiamate in dialetto “Maiole”.
Approfondendo la storia di Alessandro, appassionato fin dall’adolescenza di questo settore, scopriamo che ha studiato scienze viticole ed enologiche ed è presidente della cooperativa dal 2022. Suo nonno aveva un piccolo vigneto, che ha avuto una sorte sfortunata, essendo stato rimpiazzato, nel 1984, dalla costruzione della strada che si estende nella parte vitata più a nord di Pont Saint-Martin. Un tempo le persone che dovevano raggiungere le vigne dovevamo munirsi di pazienza e forza di volontà caricando tutto il peso del lavoro sulla propria schiena, muniti di gerle chiamate “brente”. Oggi è riuscito a mettere assieme circa un ettaro, formato di appezzamenti più o meno grandi; il più esteso è di tremilacinquecento metri. Per raggiungere le sue vigne son necessari più di cento scalini in salita, ma la fatica è ripagata dal panorama mozzafiato, con le pergole che incorniciano i borghi di Pont Saint-Martin e Donnas. Sotto alle vigne possiamo vedere la Cascina Baraing, un tempo una delle più grandi del paese, proprio quella in cui era stata sfondata la porta dai soldati di Napoleone per rubarne in vino. Oggi i vigneti di questa antica proprietà, anticamente costituiti in corpo unico, sono stati ereditati da diversi proprietari.
Un altro elemento tipico di questo territorio sono le barme, piccole grotte più o meno naturali che si sono formate sotto alle grandi rocce che affiorano tra le vigne. Grazie all’uomo che le ha nel tempo ampliate scavandone e allargandone l’interno, sono diventate dei ricoveri coperti per conservare gli attrezzi del mestiere.
Tornati alla base non poteva mancare uno sguardo alla cantina, composta dai locali di fermentazione e affinamento in acciaio e dalla cantina di invecchiamento vera e propria in cui vi sono le botti grandi in legno di rovere e i tonneau. Lo stabile della cooperativa comprende anche un ristorante, dato in gestione, e due alloggi. Le uve rosse vengono diraspate e il pigiato finisce per caduta nei serbatoi in acciaio, dove avviene la fermentazione, innescata da lieviti selezionati.
Per filosofia non vengono utilizzati coadiuvanti enologici, e per il Donnas classico vengono utilizzati legni quasi esclusivamente di grande formato, che non vanno a coprire troppo le peculiarità organolettiche del vino.
Prima di ritornare verso la pianura padana, un assaggio di “Napoleon”, prodotto da Caves de Donnas una delle circa ottantamila bottiglie complessive che vengono prodotte ogni anno. Vino dai sentori di frutti di bosco, leggero sotto spirito, fiori rossi, prugna, note di tabacco, per un palato abbastanza morbido, dalla buona acidità, abbastanza minerale, tannino presente ma non invadente e buona lunghezza.
Un ringraziamento al presidente Alessandro e per lui maglietta 206!