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martedì, 11 Febbraio, 2025

Chateau de Messey, assieme all’amica Amélie in località Ozenay (Borgogna)

Quarta tappa della giornata a Chateau de Messey, per scoprire castello, cantina e struttura ricettiva a pochi chilometri da Tournus

16 Maggio 2024

Dopo aver esplorato il confine più a sud della Borgogna ricominciamo la salita verso Beaune, fermandoci per una tappa a Chateau de Messey, in località Ozenay, per scoprire castello, cantina e la struttura ricettiva che può accogliere fino a settanta persone. Siamo a pochi chilometri da Tournus, cittadina borgognotta dove svetta l’antica Abbazia di San Filiberto.

Presso il Castello lavora Amélie, giovane ragazza conosciuta alla manifestazione Millesime Bio, a Montpellier, nel ruolo sia commerciale, ma anche di accoglienza e di supporto ad eventuali lavori di vigna e cantina qualora fosse necessario, rimanendo l’azienda una piccola realtà produttiva con risorse limitate.
La prima cosa che si nota arrivando in questo posto bucolico è che sembra di essere tornati indietro nel tempo, al medioevo, in un’area circondata dal verde, tra prati e alberi, ma anche ricca di aiuole di fiori ben curati e qualche mucca che fa capolino. Il castello è ben integrato nell’ambiente circostante, assieme alle costruzioni vicine, tra torrette, ex stalle, case per la servitù, che hanno trovato un nuovo destino.
Il silenzio e la natura imperversano, nel relax di un’epoca che non sembra essere perduta.

Assieme ad Amélie andiamo alla scoperta di Chateau de Messey, partendo dalla zona in cui si trova, ovvero nel cuore del Mâconnais, la parte più a sud della Borgogna, un tempo non così famosa e prestigiosa, la quale sta facendo molto parlare di sé in questi ultimi anni, creandosi il dovuto spazio sia a livello nazionale sia internazionale, principalmente per quanto riguarda la produzione di vini bianchi.

La proprietà della tenuta è di un belga, Marc Dumont, che, appassionato di vino e viticultura, ha investito in questa zona nel 1990. C’è da sottolineare, però, che le prime tracce di insediamenti in queste terre risalgono al nono secolo, ma la struttura principale è stata edificata nel sedicesimo, attorno al 1575. La proprietà precedente era di alcuni nobili della Regione, i quali non producevano vino, ma, ahimè, non si hanno troppe informazioni sulla famiglia e la loro attività

Parlando di vigna troviamo cinque ettari nelle terre circostanti, Les Crêts du Chateau de Messey – Chardonnay; mentre altri cinque nella zona di Cruzille, in quello che è denominato Clos des Avoueries. I vigneti più storici sono quelli attorno al castello, con cui si produce vino fin dalla fine del diciannovesimo secolo. La nuova proprietà ha recuperato parte delle vecchie vigne oltre a ripristinare le fallanze piantando nuove barbatelle, frutto di una selezione massale, investendo anche sul nuovo impianto di Cruzille, creato da zero.

La distinzione tra le due aree vitate ha portato la proprietà a produrre per anni due soli vini bianchi, differenziando i macro-appezzamenti, fino al 2017 quando, grazie al nuovo enologo Frédérik, si è deciso di intraprendere una nuova strada, su più fronti. Innanzitutto il processo di conversione al biologico, ottenendo la certificazione nel 2021 e, contemporaneamente, una parcellizzazione dei due territori, con un’analisi dei terreni e una serie di micro-vinificazioni al fine di trovare le differenze interne delle due aree vitate.
Si è potuto constatare che, sebbene gli appezzamenti facessero parte di due corpi ben definiti, al loro interno sono presenti delle sostanziali differenze, che regalano ai vini diverse sfumature di sentori.

Dal lavoro di zonazione sono emersi dei risultati, semplificati e tradotti in due mappature che ben spiegano la suddivisione territoriale. Nella prima area, frontale rispetto al castello, in un terreno quasi al 100% calcareo, molto povero e permeabile, si sono individuate sei diverse aree. In questo caso la cosa più strana è che non ci sono grandissime differenze climatiche, di altitudine o di agenti esterni (come boschi o fiumi) che impattano sulla vigna, ma si denotano comunque delle caratteristiche diverse nei prodotti finali.
All’interno del secondo appezzamento, situato a quattrocento metri sul livello del mare, da cui nelle giornate di sole si può scorgere il Monte Bianco, si sono individuate altre sei aree. In questo caso troviamo vigne più vecchie, di trentacinque anni, piantate in direzioni diverse (aumentando così la difficoltà delle lavorazioni), che trovano da un lato il bosco, mentre da altri più apertura, facendo così variare l’impatto sulle maturazioni e sull’apporto di sole e vento tra le varie piante. Anche il terreno è meno uniforme, con un suolo più misto, tra argilla rossastra e calcare. In quest’area, grazie all’aiuto degli alberi e all’agroforestazione, si trattiene più acqua di quella a corpo.

La conduzione della vigna, come abbiamo anticipato, è biologica e si utilizzano esclusivamente rame e zolfo, senza adottare altre tecniche. All’interno della vigna si mantengono i filari inerbiti spontaneamente e si cerca di promuovere la ricchezza del sottosuolo, puntando anche alla biodiversità dell’ambiente. È in progetto di piantare, principalmente nell’area a corpo, anche alcuni alberi, per non incappare in una monovarietà di coltivazione e favorire l’attrazione di animali ed insetti favorevoli alla viticoltura. Un punto a favore di Chateau de Messey è che non ci sono altre aziende confinanti, così da non avere alcuna problematica con eventuali vicini irrispettosi.

Per toccare con mano le vinificazioni, ci dirigiamo in un primo ambiente della cantina, dove sono contenute le vasche in acciaio dedicate ad una prima parte della vinificazione delle uve raccolte a mano e successivamente pressate. Qui, grazie anche al controllo della temperatura, si avvia lentamente il processo di fermentazione del mosto fiore, trasferendo successivamente la massa, grazie ad alcuni tubi che portano il liquido in barrique per gravità, all’interno della cantina limitrofa. La cantina, tutta costruita in pietra, fa parte dell’area più vecchia della struttura, è il luogo dove avviene la fermentazione alcolica e la malolattica parlando esclusivamente di vini ottenuti da uve Chardonnay. Negli stessi vasi vinari, per lo più barrique da duecentoventotto litri, con l’eccezione di alcune botti più grandi (tendenzialmente con una minima percentuale di legno nuovo) avviene l’affinamento. Un riposo di circa un anno per tutti i vini, tenuti separati per parcelle e poi assemblati sempre rispettandone la provenienza. Si utilizzano botti di diverso formato dipendentemente dal tipo di complessità e il livello di contatto che si vuole dare ad un vino di una determinata area geografica.

La produzione di Chateau de Messey si attesta sulle cinquantamila bottiglie in annate favorevoli come la 2022 (dimezzate nel 2021 a causa della pessima annata). Le etichette sono nove e si dividono in otto vini bianchi e una bollicina di Crémant de Borgogne, prodotta per la prima volta nel 2021 e lasciata affinare ventun mesi sui lieviti.

Per assaggiare alcuni dei vini ci spostiamo in una saletta degustazioni ricavata all’interno di una vecchia stanza nella parte posteriore della proprietà, forse un tempo dedicata a cantina di stoccaggio sia di vini sia di alimenti, la quale oggi contiene anche la cantina privata della proprietà.

Il primo vino degustato è il “Mâcon-Villages Les Chauettes” 2022, che in italiano significa Le Civette, riportando un disegno dell’animaletto in etichetta, oltre a scrivere, a fianco, tutte le specie che si trovano e si sono incontrate in vigna. Questo è l’unico blend dei due macro-appezzamenti e vuole essere il punto d’ingresso di Chateau de Messey, esprimendo al naso sentori delicati di pesca bianca, albicocca, un tocco di erba aromatica, note leggermente ammandorlate e di leggera pietra bagnata. In bocca il sorso è fresco ed immediato, con una discreta spalla acida, mineralità e moderata persistenza.

Passiamo al secondo vino Mâcon-ChardonnayLes Crêts” 2022, dall’omonimo appezzamento limitrofo al castello, che si esprime con sentori che tendono più alla pietra bagnata, ma anche all’agrume e un tocco di idrocarburo, per un sorso più pieno e ricco, dalla buona acidità, discreta sapidità e mineralità e più persistenza con una costante mandorla che ritorna anche al palato.

Il terzo vino è Mâcon CruzilleClos des Avoueries – Pierres Rouges”, sempre dell’annata 2022, proveniente dalla vigna omonima, molto apprezzata anche dai cinghiali. Qui predomina un tocco erbaceo, con erbe aromatiche, spunto di basilico, ma anche un sottofondo di agrume, ananas, un leggero confetto e pietra bagnata. In bocca emerge un buon equilibrio tra le parti morbide e dure, caratterizzate da una buona mineralità e sapidità, con una buona beva e discreta persistenza.

Concludiamo con il vino più gastronomico dell’azienda, il Mâcon CruzilleClos des Avoueries – Barramine” 2022, con uve del vigneto da cui prende il nome, situato in un estremo dell’appezzamento, per più della metà circondato da bosco. Qui le maturazioni sono più tardive e i sentori più pieni, con una frutta più matura, pesca gialla, albicocca, ananas, un tocco di legno che fa capolino, pur rimanendo ben integrato. Anche in bocca il gusto è deciso e più ricco, bilanciato comunque da una buona spalla acida, mineralità e sapidità e buona persistenza.

Un grazie di cuore all’amica Amélie per averci fatto scoprire le varie sfaccettature di Chateau de Messey, che partono decisamente dalla vigna, meritando così la maglietta numero 336!

Dopo la degustazione uno sguardo al centro del piccolo paese di Tournus e cena a base di tartare al pub del paese, parte dell’hotel Le Rempart. I proprietari della struttura possiedono anche alcune vigne di Pinot Nero, con cui producono, assieme ad una cantina terza, un interessante Bourgogne di immediata beva

Giunta la notte un rilassante riposo nella camera Montagny immersi in un’epoca ormai passata, trovando il risveglio in una splendida giornata di sole, così da riprendere al meglio il cammino, solo dopo la colazione preparate da Muriel, che gestisce la parte ricettiva dell’azienda.

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