Dopo pranzo in compagnia di Alberto, nella sua Elvira Vini, Val Liona (Vicenza)

Elvira Vini, dopo pranzo vicentino in compagnia di Alberto, protagonista di questa piccola realtà nata dalla passione per il mondo del vino

02 Marzo 2024

Primo pomeriggio vicentino in compagnia di Alberto, vignaiolo presso Elvira Vini, una realtà vitivinicola che sorge tra le terre di Val Liona, qualche curva più su del paese di San Germano dei Berici.
Le origini di questa azienda sono, in realtà, di Sossano, dove mamma Paola e papà Gaetano avevano fondato negli anni ottanta una ortofrutticola, che si occupava principalmente della coltivazione di mele, oltre a tre ettari di ortaggi, sposando fin da subito il metodo di agricoltura biologica, una delle prime della Regione Veneto.

Dal 2017 l’azienda è condotta da Alberto e dalla moglie Denise, con l’aiuto del fratello Luigi che è socio nell’azienda, ma svolge altra attività, ricordando necessariamente l’ancora prezioso supporto dei fondatori Paola e Gaetano.

Fin dalle origini il nome dell’azienda è dedicato a Elvira, madre di quattordici figli dei quali Gaetano è il più giovane. Nonna Elvira è stata omaggiata anche con il suo volto in etichetta.

Quando Gaetano e Paola avviarono la loro attività, erano poche le conoscenze tecnico-scientifiche, e fare agricoltura biologica fu una scelta di vita che incluse anche un diverso stile di alimentazione, un modo di pensare alternativo dello sviluppo economico, un abbracciare un preciso ideale sui temi della salvaguardia dell’ambiente e della salute delle persone. Fu così che intorno al loro progetto ed alla loro famiglia si sono create connessioni e allacciati legami con altre persone che, come loro, avevano queste sensibilità e fu attraverso queste nuove amicizie che nel 2001 ebbero l’opportunità di acquistare i terreni in collina ove oggi l’azienda opera.

Coerentemente alla storia aziendale, anche sui terreni di collina si continuarono gli orientamenti colturali aziendali, con l’impianto di un meleto sul fondo di una dolina, le coltivazioni di cereali e di ortaggi, sempre con metodi di agricoltura biologica.

Nel 2002 si realizzò anche il primo vigneto di Carmenere e Cabernet Franc, al quale ne seguirono altri fino al 2006, con l’impianto anche di Merlot e Pinot Grigio; inizialmente si pensava di vendere l’uva alle emergenti cantine in zona.

Nel frattempo Alberto e Luigi, figli di Gaetano e Paola, entrambi periti agrari, pur continuando a coadiuvare i genitori in azienda, facevano esperienze proprie; Alberto da agronomo presso una Cooperativa ortofrutticola veronese e successivamente da tecnico di un’organizzazione di rappresentanza agricola, Luigi negli studi universitari nel mondo delle tecnologie alimentari che lo hanno portato a lavorare in seguito presso importanti aziende agroalimentari del Veneto.

Fu nel 2004 che Alberto, raccogliendo l’appoggio dei genitori e del fratello Luigi, propose la costruzione della cantina per valorizzare l’uva aziendale. Di lì, seguì un percorso personale di studio del mondo del vino e di confronto con le realtà vinicole limitrofe. Al primo disorientamento nell’approcciarsi a quello che è il mondo del vino “convenzionale”, seguirono le prime frequentazioni delle fiere di “vini naturali”, come Vini Veri e Vinnatur ,  “Li mi sono ritrovato”.

Nel 2007 è stata fatta la prima vinificazione nella neonata cantina, costruita di fianco all’abitazione di famiglia, inizialmente con uve Carmenere, Merlot e il Pinot Grigio un paio di anni dopo. Vitigni internazionali che erano stati piantati per la vendita dell’uva, con la volontà di sfruttarne la facilità di meccanizzazione dei vigneti e le migliori rese in zucchero, secondo quello che era l’orientamento tecnico-produttivo di quel periodo.

Un percorso che ha visto diverse tappe, con una concentrazione sul Carmenere e le sue difficoltà in vigna, che però regalavano ottimi sentori balsamici e mediterranei in bottiglia. Le internazionali, come il Pinot Grigio hanno fatto penare molto, prima di trovare una propria identità e collocazione, tra macerazioni brevi, o più lunghe, fino ad arrivare ad un Rifermentato in bottiglia e un Metodo Classico, che probabilmente sarà il prodotto su cui puntare, parlando di questa varietà (iniziato a produrre dal 2019).

Un altro punto di svolta è stato nel 2014, quando c’è stato un innamoramento per la Grenache o Tocai Rosso, la cui finezza ed eleganza francese non era mai stata trovata tra i suoi Colli Berici. Dopo un periodo di ricerca, nel 2017, è stato individuato un vecchio vigneto di Tocai Rosso, a Villaga, che si presentava malconcio, quasi da estirpare e contaminato con altre varietà come Barbera e Syrah. Da questa vigna si è iniziato a produrre un vino dal grandissimo equilibrio, una bassa gradazione alcolica, ma con ottima estrazione, caratteristiche che dai vigneti giovani non è possibile ottenere. Questa varietà, in tre diversi cloni, è stata piantata un paio di anni fa anche in uno degli appezzamenti di Elvira Vini. Quest’anno e l’anno prossimo sono previsti anche due nuovi impianti di Tocai Rosso, varietà su cui si vuole puntare molto, a discapito del Carmenere, espiantato a causa della flavescenza dorata.

Parlando, invece, di Garganega l’interesse per questa varietà minimo inizialmente non c’era, ritenendola un’uva adatta ad altri territori. Nel tardo autunno del 2011, durante una passeggiata nelle zone limitrofe, è stato individuato un vecchio vigneto di questa varietà ancora da vendemmiare, bellissima da vedere e ottima da mangiare. Così negli anni successivi sono stati realizzati i primi impianti di Garganega, la quale ha trovato un ottimo substrato di roccia calcarea di origine marina, ottimo alleato per ottenere vini freschi, ma concentrati e dall’ottima sapidità.

Se dovessi immaginarmi tra dieci/quindici anni mi vedo a produrre solo due varietà Garganega e Tocai Rosso”.

Ad oggi gli ettari vitati sono quattro, (pur volendo arrivare a cinque, una volta giunti a regime) prevalentemente a corpo, nelle colline limitrofe, che tra una chiacchiera e l’altra andiamo a scoprire, sfidando fango e pioggia. Qui si possono notare le varie esposizioni e gli appezzamenti che talvolta sono di poche centinaia di metri, come nel caso di Durella e Chardonnay, piantate per sperimentare alcune vinificazioni di Metodo Classico.
È curioso notare le varie doline che si estendono tra le colline, oltre ai casotti in pietra utilizzati anticamente forse come ricovero attrezzi o forse come riparo per pastori e pecore che un tempo si recavano al pascolo in queste terre. Terre di origine marina che nascondono grotte carsiche al loro interno, una su tutte scoperta proprio di fianco ad alcune proprietà di Elvira Vini.

La vigna è l’ambiente di Alberto, il quale mette passione e dedizione per il mantenimento delle piante, con il minor intervento possibile. Parliamo lavorazioni in aridocoltura, in zone poco piovose e dove, fortunatamente, anche la grandine è rara. Elvira Vini è certificata BIO e i trattamenti sono a base di rame e zolfo, oltre ad oli essenziali di arancio ed alghe, anche se negli anni sono state sperimentate diverse tecniche per diminuire le dosi dei primi due, che comunque si mantengono molto basse.
Si effettua un sovescio con alcune essenze, cercando di evitare la concorrenza tra le piante (visto lo scarso quantitativo di acqua), che non viene poi tagliato, ma viene passato con un rullo, il quale permette di creare un materassino di vegetazione per mantenere una costante umidità nel terreno, fino al periodo di vendemmia. Il terreno, nel corso degli anni ha cambiato colore, arricchendosi di sostanza organica e passando da un color rosso ferroso a un substrato più scuro e maturo, che regala sentori di fungo.
Se dovesse capitare, soprattutto per piante più giovani si utilizza letame naturale maturo.

Alberto spiega che è riduttivo e sbagliato pensare al metodo di agricoltura biologica come la mera applicazione di un protocollo preciso di difesa, ma è necessario dedicarsi al costante monitoraggio e conoscenza dei propri vigneti, al continuo studio e confronto con il mondo scientifico, per imparare ad adottare tutte le tecniche agronomiche che possano mettere in condizioni la vite di essere meno suscettibile agli stress biotici ed abiotici.

Elvira Vini e il suo protagonista puntano a fare in modo che non ci sia troppa vegetazione, consentendo così una buona areazione, con pratiche quali scacchiature e sfogliature, limitando l’utilizzo della cimatrice, arrotolando invece i tralci con la tecnica della capannatura. Per ridurre l’attività fotosintetica viene adottata una polvere di roccia a base di caolino e zeolite, così da rendere anche più asciutto l’ambiente tra le vigne.

Vista la spiegazione esaustiva di Alberto, si comprende ancor di più l’attenzione per la parte agronomica e la sua propensione a stare in campagna, piuttosto che in cantina, ambiente da lui meno amato.

Per quanto riguarda le prime vendemmie e vinificazioni si è avuta “la fortuna del principiante”, con annate molto fortunate e risultati soddisfacenti, grazie anche alla conoscenza con l’associazione Vinnatur e l’attività di ricerca che si è trasformata in supporto e consulenza per aziende come la sua. Dopo i primi anni c’è stata qualche scossa a causa delle prime contaminazioni e problematiche. “Ho buttato via tanto vino”.
Anche in cantina non esistono protocolli ma solamente buone prassi, dalla pulizia alla selezione delle uve, al fine di interpretare al meglio ogni vendemmia, ben consapevoli che ogni anno si presenta una situazione diversa.

La convinzione di Alberto è quella di “non voler utilizzare schifezze”, risultato dell’esperienza e della consapevolezza acquisita negli anni, non come obiettivo iniziale ma come risultato di scelte, soprattutto derivate dalla campagna.

Nella cantina adiacente all’abitazione si possono trovare esclusivamente vasche in acciaio, avendo, qualche anno fa, abbandonato il legno (sono rimasti solo due tonneau che presto andranno in pensione). Ad oggi cemento e anfore non sono materiali amati o considerati da Elvira Vini e non saranno una strada prevista per il futuro. L’investimento è quello di far riposare i vini in bottiglia il più possibile, per arrivare ad una corretta pulizia ed equilibrio, evitando riduzioni e giovando sul prodotto finale affinato in acciaio. Per quanto riguarda le uve “precoci”, come il Pinot Grigio, ma anche il Merlot, la fermentazione avviene con un pied de cuve, mentre per varietà come la Garganega, utilizzata negli anni pari per vini fermi e negli anni dispari per i vini frizzanti, la fermentazione si avvia spontaneamente. Se si portano uve sane in cantina si ottengono vini sani dove, talvolta, non è necessaria l’aggiunta di solforosa, anche se, in annate poco favorevoli, si ritiene un aiuto per salvare il vino stesso.

La produzione potenziale di Elvira Vini è di diciotto/ventimila bottiglie, ma la media delle bottiglie prodotte si attesta sulle dodicimila.

Le etichette ad oggi sono sette, tra le quali troviamo due colfondo, rispettivamente a base di GarganegaGargabella” e Pinot Grigio, “Ramatello”, essendo di colore rosato; circa duecento bottiglie di Metodo Classico, a base Pinot Grigio, pur avendo anche in punta un Metodo Classico a base di Garganega in purezza; il Tocai Rosso; “Rosso Faeo”, taglio bordolese. A completare la gamma un Merlot in purezza, “Ghilotto” e un Cabernet, sempre in purezza, vini che sostano un breve periodo in legno. Non per ultima la Garganega, ottenuta da una macerazione di un paio di giorni sulle bucce ed un affinamento di diciotto mesi in tonneau.

Per tuffarci nel mondo Elvira Vini un assaggio di “Ramatello” colfondo 2020, rifermentato con mosto di Garganega appassita. Vino dai sentori freschi, di agrume, chinotto, scorza d’arancia, un tocco erbaceo, per un palato dalla bolla non troppo invadente, buon sorso, fresco, pieno, con una discreta acidità, buona sapidità e discreto corpo, oltre ad una buona persistenza.

Passiamo poi alla Garganega 2020, senza solfiti aggiunti (come nel caso del precedente vino), per la prima volta da quando si è iniziata a produrre. Un vino che mantiene sentori di frutta fresca, pesca, tè verde, che si alternano a frutta candita, pepe bianco, alcune note balsamiche, di macchia mediterranea, erbe aromatiche e cucuncio, In bocca è verticale, con una buona acidità, beva, freschezza, sapidità, equilibrio e buona persistenza.

A conclusione un calice di Tai Rosso 2021, che si esprime al naso con note vegetali, le quali lasciano spazio a frutti rossi, una spunta speziata, rosa canina, tocco di geranio e bastone liquirizia. In bocca entra delicato, con una discreta mineralità e sapidità, oltre ad una discreta spalla acida e un tannino che si fa sentire, per una media persistenza.

Un’esperienza a tutto tondo con Alberto e la sua Elvira Vini, che guadagna la maglia 309.

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