APPASSIONATO DI VINO - NO INFLUENCER

mercoledì, 19 Marzo, 2025

In compagnia di Gaspare Buscemi, nella sua cantina di Zegla, Cormons (Gorizia)

Una mattinata passata con Gaspare Buscemi, vignaiolo, enologo, consulente, inventore…una vita dedicata al vino fatto come natura vuole

24 Aprile 2021

Un incontro che inizia in maniera un po’ turbolenta quello con Gaspare Buscemi, personaggio ostico ai più che si improvvisano esperti di vino, giudicatori di un mondo enologico di cui lui è stato parte particolarmente attiva, ma ancora lo è, per una buona metà del secolo scorso e per i primi vent’anni e mezzo del duemila.

Come dargli torto se è arrabbiato per le difficoltà che a quasi a 83 anni ormai, lo costringono a lavorare per non chiudere l’azienda, come avviene purtroppo per molte realtà di qualità artigianale, non solo di vino, il cui futuro è sempre più compromesso dalla perdita delle conoscenze naturali e della operatività artigianale che sono alla base delle loro produzioni dopo che proprio queste hanno costruito il “Made in Italy”?

E’ un dramma, più che una tragedia” afferma,

Dopo aver spiegato la mia passione e il lavoro che cerco di portare avanti, la mattinata ha però preso un piede sempre più positivo.

Gaspare Buscemi

Le cose bisogna conoscerle bene” e per capire l’essenza di un lavoro, secondo Gaspare, bisogna toccare con mano fin da subito il prodotto finale.
Accompagnati da queste frasi ci accomodiamo nella saletta degustazioni, dove le bottiglie non mancano.
Casualmente ci sono anche alcune bottiglie, della sua riserva professionale, aperte solo perché trovate molto scolme, ma per lui estremamente importanti in quanto concrete testimonianze del suo lavoro per una qualità qualificante già dal 1966 quando, in Collio, quale responsabile dei consorzi “Collio e Isonzo” appena costituiti, seguiva i viticoltori per dar loro la possibilità di produrre e vendere in bottiglia il vino delle proprie uve.

Fino ad allora la bottiglia era infatti poco diffusa anche tra i complessi più industriali e i vini erano venduti sfusi, mentre le uve erano conferite in cantine sociali o vendute a imprenditori industriali.

Gaspare BuscemiDa allora Gaspare Buscemi, enologo e da pochi anni anche viticoltore, ha lavorato quasi esclusivamente con centinaia di viticoltori, soprattutto piccoli, oltre che in Friuli-Venezia Giulia anche nelle più disparate zone italiane dalla Sicilia alla Valle d’Aosta e particolarmente in Piemonte, per dare loro l’assistenza tecnica ed i servizi operativi necessari a portarli alla condizione del “vigneron”.
Dalle migliaia di vinificazioni seguite e potute comparare e dai risultati di milioni di bottiglie da queste prodotte, nascono tutte le attrezzature e le soluzioni che distinguono la sua enologia naturale pensata proprio per l’operatività tipicamente artigianale del viticoltore.

Le due bottiglie più vecchie, un Collio Pinot Bianco del 1970 in bottiglia da maggio del 1971 ed un Collio Merlot 1968 in bottiglia dal 1969, sono state trovate praticamente senza più il tappo ma, ciò nonostante, i loro vini risulteranno ancora sani ed apprezzabili.

Per Gaspare Buscemi il tempo è il grande valore di una bottiglia perché in essa, nel tempo, il vino evolve senza l’intervento dell’uomo e per questo la sua qualità dipende proprio dalla qualità delle uve e da quella del lavoro, in vigna e in cantina, fino alla bottiglia stessa con l’unica variante della diversità del tappo che, per le bottiglie destinate ad una riserva, deve essere solo in sughero naturale.
Proprio perché questa qualità sia espressione della natura contenuta nelle uve, il primo obiettivo del suo lavoro è l’eliminazione degli interventi che possono modificarne i valori tanto che, poiché questo diventa possibile solo se non iniziano i processi di degradazione che li rendono necessari, tende a lavorare le uve già in fase di raccolta, quando la loro sanità e integrità sono massime, utilizzando attrezzature non convenzionali da lui stesso pensate e prodotte.

Il cognome non mente, infatti le sue origini siciliane, anche se il fato ed il lavoro del padre (in servizio come maresciallo nella caserma di Conegliano) hanno voluto che nascesse nel 1939 a Valdobbiadene.
Una carriera nel mondo del vino che, ancora studente, è iniziata a fine anni cinquanta con una prima esperienza, totalmente gratuita come all’epoca d’uso, per circa 6 mesi, a cavallo della vendemmia 1958, alla “Vinicola del Piave” dove, dopo il diploma, ha poi prestato servizio per altri dodici mesi come secondo tecnico.

Erano anni in cui la povertà del dopoguerra e la necessità del vino quale alimento energetico, più che di piacere, portavano all’utilizzo di ogni sottoprodotto che “l’enologia” aveva il compito di rendere vino bevibile ma proprio queste condizioni gli hanno dato conoscenza del vino già dal suo lato meno qualificante consentendogli inoltre di acquisire la capacità tecnica e organizzativa per le quali già dall’anno successivo ha potuto assumere la responsabilità della produzione delle Cantine Ermolao a Dolo (VE) e poi quella delle Cantine Martellozzo a Camposampiero (PD) prima di iniziare la sua esperienza in Friuli, nel 1963, nelle cantine di Marco Felluga a Gradisca d’Isonzo.

Qui gli osti arrivavano e assaggiavano tutte le botti per scegliere il vino che acquistavano in damigiana e servivano a calici tradizionalmente accompagnato da alcune fette di prosciutto anch’esso rigorosamente scelto e sempre tagliato a mano. In quegli anni il consumo del vino pro-capite era di gran lunga maggiore dei giorni nostri ed era l’inizio di una ricerca di qualità anche nella presentazione del vino che iniziava ad essere imbottigliato in contenitori non più da 1 litro con il tappo metallico della birra ma in bottiglie da 0,72 litri con il tappo di sughero. E penso che proprio il successo di due vini “Felluga”, che precorrevano le denominazioni di origine perché erano etichettati “Isontino”, Tocai e Merlot, in bottiglie da 0,720 con il tappo di sughero, pensati per una ristorazione già di buona qualità, abbia fatto da traino a questo cambiamento.

Gaspare BuscemiIl primo assaggio è quello del Pinot Bianco datato 1970. Un ingresso nel mondo di Gaspare Buscemi e delle sue ossidazioni, processi che sono il risultato del decorso naturale del vino che sta in bottiglia, in questo caso per cinquant’anni.
Ossidazioni che sono piacevoli frutti di un lavoro rispettoso in vigna per avere uve di buona qualità dalle quali ottenere, quanto più rapidamente possibile e quindi senza alcuna macerazione, mosti della massima sanità idonei alla trasformazione più naturale e quindi con i lieviti indigeni e con ridotto o nullo, impiego di anidride solforosa e quindi vini sani e serbevoli capaci di evolvere positivamente, anche in ossidazione, per molti anni. Anche quando l’alcool è molto contenuto, le ossidazioni ricordano infatti quelle dei vini ossidati più conosciuti quali gli sherry, i porto, i madeira, i marsala; tutti però, per questo risultato, alcoolizzati per essere molto alcoolici.

Un Pinot Bianco dal colore ambrato, ma con sentori balsamici, note tostate e di miele, con un’ossidazione piacevole che fa apprezzare un sorso ancora piuttosto sapido e minerale.

Gaspare BuscemiImmersi nella storia di Gaspare Buscemi continuiamo gli assaggi con un Verduzzo classe 1982, prodotto come “Vino da Tavola” per i Conti di Maniago. In quegli anni il Verduzzo, come il Picolit, di produzione contadina, veniva filtrato con un sacco olandese almeno quattro, cinque volte, prima di essere imbottigliato, al fine di impoverire il liquido dall’azoto ed impedire così la moltiplicazione dei lieviti.

In bottiglia renana trasparente e dal colore ambrato scuro si trova un vino dalla forte ossidazione, che ha mantenuto però sentori di albicocca, arancia candita, note di miele. Anche in bocca è piacevole, con note minerali e una buona persistenza; considerando che ha 7,5 gradi alcol è impressionante scoprirne la qualità dopo tutti questi anni.

Gaspare BuscemiTorniamo agli anni duemila con gli assaggi dello ChardonnayBorgo Soleschiano” 2004 prodotto per l’azienda Conti di Maniago. Un vino che è stato affinato in solo acciaio fino alla primavera della vendemmia successiva per poi essere imbottigliato; per Gaspare Buscemi tappo e bottiglia sono la sola barrique, neutra e senza alcun rilascio, per conservare e mantenere il vino, partendo dal presupposto che la materia prima sia di qualità.

L’ossidazione è meno impattante e la freschezza è ancora una caratteristica prevalente, i sentori di frutta matura e fiore la fanno da padrone. In bocca è caldo, minale e ancora ben equilibrato.

Al fine di fare un confronto con il fratello maggiore apriamo lo stesso vino di dieci anni prima, classe 1994, anch’esso sorprendente, con sentori principalmente di frutta secca, dattero, mieloso e un’ossidazione maggiore che però non infastidisce né il naso né il palato, dove si presenta ancora fresco, con una leggera acidità e mineralità.

Gaspare Buscemi

Per conoscere le origini dei vini contadini del Collio apriamo la bottiglia del Merlot del 1968, con uve provenienti da Oslavia, i cui vigneti sono stati acquisiti da una famosa azienda del posto. Il livello del vino è piuttosto basso e la chiusura molto fragile ma il colore è ancora discreto per l’età con una leggerissima tendenza all’aranciato. Al naso la frutta rossa viene meno, per lasciare il posto ad una forte speziatura, note di tabacco, cassis; balsamico e ossidato al punto giusto da farlo ancora apprezzare. In bocca ha ancora una discreta acidità e mineralità, l’equilibrio è un ricordo, ma la persistenza è ottima. Un’esperienza che ci riporta a più di cinquant’anni fa e che sottolinea il valore del lavoro artigianale e contadino quando le attenzioni sostituivano gli interventi ed il prodotto era realmente capace di vivere molti anni.

Purtroppo la nostra enologia prettamente industriale perché concepita per le grandi produzioni di consumo corrente o di moda ha completamente trascurato i principi delle produzioni naturalmente artigianali mentre la Francia, non avendo dimenticato che i grandi vini sono nati lì già molto prima dell’era industriale e quindi certamente in modo artigianale, sul riconoscimento di questi principi ha invece costruito una leadership inarrivabile.

Proprio per il mancato riconoscimento dell’enologia naturale e dei vini che da essa derivano, dopo ripetute inutili sollecitazioni si è recentemente dimesso dall’Assoenologi, l’associazione di categoria della quale, titolare della tessera N°7, è stato socio fondatore oltre che, come consigliere nazionale per molti anni, referente di molte iniziative a favore del settore.

Sua la realizzazione della Condotta Enotecnica, fortemente sollecitata da Luigi Veronelli, che per molti anni ha operato a Carema (TO) come servizio di assistenza tecnica vitienologica in favore dei viticoltori di quel comune di vera viticoltura eroica.

Le vecchie annate sono considerate la specialità di Gaspare Buscemi che nel suo magazzino conserva ancora oggi circa 270.000 bottiglie, a partire dal 1982, a dimostrazione delle grandi possibilità del vino italiano, ma questo che certamente lo distingue, per il mancato riconoscimento dei valori oggettivi del vino come proprio il tempo, diventa motivo di costi più che di guadagni e quindi di difficoltà piuttosto che di gratificazione.

Gaspare Buscemi

Anche per l’età, la sua produzione odierna si limita a circa ventimila bottiglie per anno con uve provenienti dal vigneto di proprietà, un ettaro allevato a Pinot Bianco e Ribolla Gialla, oltre a quelle acquistate da viticoltori con i quali collabora.

Proprio per la mancanza di distinzioni tra i diversi livelli di qualità è uscito dal sistema delle denominazioni di origine controllata e pertanto i suoi vini si classificano solo come IGP Venezia Giulia.

Le etichette disponibili sul mercato sono principalmente quattro bianchi, quattro rossi e due rifermentati. La squadra dei bianchi è formata da: Alture, Pinot Bianco e Ribolla Gialla, Braide, VinOro e zeroSolfitiAggiunti, tutti blend di uve bianche autoctone del Friuli. Per quanto riguarda i Rossi, i nomi sono gli stessi: Alture, Braide, VinNero, ZeroSolfitiAggiunti, da uve rosse tradizionali del Friuli Venezia Giulia. I rifermentati in bottiglia “Perle d’Uva”, utilizzano sempre una base di vino vecchio fermo al quale viene aggiunto mosto fresco per dare gli zuccheri necessari alla rifermentazione. Questi vini si distinguono, oltre che per l’annata di imbottigliamento, per la presenza o meno, sotto il tappo corona del sughero che viene riservato alle produzioni più importanti sboccate anche dopo molti anni. Ancora oggi viene sboccato l’imbottigliamento del 2004; mentre, tra le produzioni più facili tappate solo a corona, l’ultima imbottigliata mantiene il fondo dei lieviti che hanno prodotto la rifermentazione.

Gaspare BuscemiAssaggiamo l’Alture Bianco 2018 non filtrato, fermentazione assieme di Ribolla Gialla e Pinot Bianco, provenienti dal vigneto di proprietà adiacente alla casa, con note agrumate, di fiori e frutta gialla per un sorso fresco e piacevole, minerale e pieno.

Dopo l’Alture passiamo al rifermentato “Perle d’Uva” con vino del 1993 e mosto (7%, 8%) del 2016 per far innescare la seconda fermentazione in bottiglia. Un vino dalla bolla fine con sentori floreali, di mela matura, albicocca, pieno in bocca, minerale e di buona persistenza; con un’acidità data dal Ph naturale di uve che sono state vendemmiate mature e non in anticipo.

Gaspare BuscemiPrima di dare uno sguardo a cantina e vigneti assaggiamo anche il “Perle d’Uva” dell’ultima annata 2019; l’agrume la fa da padrone, con un ricco pompelmo, erbe di campo, fiori freschi, per un sorso leggero, dalla bolla, anche in questo caso, tenue; fresco e con un’acidità e mineralità in ottimo equilibrio.

Parlando di disciplinari, Gaspare Buscemi racconta di aver stilato già nel 1981 un modello di disciplinare per le denominazioni di origine che dava la possibilità di avere distinzioni simili alle classificazioni dei “cru” francesi proprio per permettere alle produzioni migliori di qualificarsi indipendentemente da quelle inferiori perché queste non avrebbero potuto utilizzare la stessa immagine.
La proposta ripresa e portata anche a livelli politici nel 1994 ed ancora nei primi anni 2000, come anche altre, non ha però avuto alcun riscontro!

Gaspare Buscemi

Dopo un ricco excursus di etichette storiche fino ad arrivare ai giorni nostri uno sguardo all’ettaro di vigneto dietro alla cantina, lavorato in maniera “più che biologica”, con sovescio tra i filari, mucchio per il compostaggio che si vede in lontananza, utilizzo di sola poltiglia bordolese, zolfo, integratori a base di zinco e ferro, pennellate di poltiglia bordolese e bentonite sui tralci prima dell’apertura delle a gemme.

Per diminuire quanto più possibile gli impatti di questi agenti esterni con l’ambiente, la distribuzione dei preparati liquidi, antiperonosporici od altro, è fatta con una attrezzatura autoprodotta che ne evita, o comunque riduce, la dispersione.

La cantina, oltre alle varie vasche in acciaio, ha il fascino di avere una quantità di macchinari creati da Gaspare Buscemi, dalla pressa alla macchina per depurare i tappi in sughero, all’impianto di imbottigliamento con o senza filtrazione.

Gaspare Buscemi

In realtà ci sono tre modelli di pressa, costruiti negli anni, fino ad arrivare a quello più recente dove, affinando via via la tecnica, quasi l’80 % del mosto viene estratto entro pochi minuti dalla rottura dell’acino

I tappi invece vengono inseriti in una macchina per essere lavati e fatti poi asciugare prima di essere utilizzati così da non rilasciare alcun tipo di sostanza che possa impattare negativamente sul prodotto finale.

Ogni macchina che tocca il vino è fatta da Gaspare Buscemi, non solo vignaiolo, non solo enologo, non solo consulente, ma anche inventore e costruttore.

Gaspare Buscemi

Il mio primo pensiero è stato quello di trovarmi davanti ad un Guccini del mondo enologico, del quale bisognerebbe fare una selezione massale!

Prima dei saluti scambio di magliette: la numero 30 Winetelling per Gaspare Buscemi e la maglia “Vigno”, una scritta pensata già molti anni fa per distinguere il vino non modificato e pertanto massima espressione della vigna, per me!

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