I Custodi delle Vigne dell’Etna, assieme a Marco ed Alessia, Solicchiata (Catania)

I Custodi delle Vigne dell’Etna, in compagnia di Marco e una vecchia conoscenza, la sommelier Alessia per scoprire la realtà fondata da Mario Paoluzi

08 Marzo 2025

Ultima tappa della giornata in Contrada Muganazzi, dove trova la sua sede principale l’azienda I Custodi delle Vigne dell’Etna. Finalmente l’Etna ha deciso di farsi vedere, grazie alle nuove che hanno lasciato il posto a qualche raggio di sole, pur rimanendo a decorare il cielo azzurro, in palette con la candida neve caduta nei due giorni precedenti.

Ad accoglierci Alessia e Marco, la prima una vecchia conoscenza, incontrata qualche anno fa nelle vesti di sommelier in un’altra location, agli inizi della sua collaborazione per visite e degustazioni, mentre il secondo, amico e vecchio socio del fondatore dell’azienda, il quale si occupa dello sviluppo dell’area di accoglienza legata al mondo degli assaggi e dell’abbinamento cibo-vino. Marco è presente fin dalla nascita de I Custodi delle Vigne dell’Etna, “contagiato” dall’amore per la Sicilia da Mario Paoluzi. Di formazione avvocato, si è sempre dedicato ad attività imprenditoriali legate al mondo della ristorazione, credendo fin da subito nel progetto aziendale sull’Etna, anche se, vista la sua professione e gli altri ambiti d’investimento di tempo ed energie, è riuscito a partecipare a corrente alternata alla vita aziendale, fino a due anni fa, quando è rientrato con una presenza più costante. Il suo animo si contraddistingue per la passione per il mondo dell’accoglienza, divertendosi a vedere e conoscere sempre persone nuove, principalmente potendo far scoprire il giusto pairing vino-cibo, mettendosi in prima persona dietro ai fornelli.

All’interno di una delle sale dedicate alle degustazioni, con vista su una parte di vigne di proprietà, scopriamo le tappe più salienti de I Custodi delle Vigne dell’Etna.
Questo progetto ha mosso i suoi primi passi nel 2006, grazie alla volontà dell’ingegnere gestionale Mario Paoluzi, originario di Roma ed impegnato nel campo della microelettronica, di volersi dedicare ad una delle sue più grandi passioni, il mondo del vino. Marco ci svela che all’età di diciannove anni ha convinto in prima persona l’amico a svolgere il corso di sommelier, uno dei primi mattoni servito per costruire questo amore.

Innamorato del territorio siciliano, passando diversi weekend tra le bellezze dell’Etna e tra le aziende che cominciavano a produrre vini in bottiglia, ha conosciuto Salvo Foti e da lì si è creata, a quattro mani la base dell’azienda, convinto sempre maggiormente del suo intento di produrre vini di qualità sul vulcano. Individuato il primo appezzamento, proprio in Contrada Muganazzi, si è cominciato a produrre il primo vino rosso, “Aetneus”, principalmente a base di uve Nerello Mascalese. Si è anche creato di pari passo il progetto I Vigneri, grazie alla competenza di Salvo, che mirava a far crescere nuove aziende sul territorio etneo, mantenendo ancora oggi la sua figura come enologo dell’azienda.

Nel corso degli anni l’azienda ha iniziato ad acquistare terreni, non solo sul versante nord, ma anche sul versante est, limitrofi alle località di Mascali e Milo, per un totale di quattordici ettari vitati in produzione, che a tendere, con le nuove acquisizioni arriveranno a circa venticinque. Anche il vigneto in Contrada Muganazzi ha cambiato la sua conformazione, soprattutto per quanto riguarda l’area visibile dalle vetrate della sala degustazioni. Nel corso degli anni si è espiantato il vecchio vigneto a filari, per impiantare nuove barbatelle ad alberello, con due ettari e mezzo di Nerello Mascalese e due ettari di Nerello Cappuccio, allargando leggermente il sesto e rendendo l’impianto più meccanizzato, agevolando le lavorazioni con alcuni piccoli trattori, questo per seguire il trend di ampliamento dell’azienda, favorendo le lavorazioni in maniera più automatizzata.
Oggi, l’area a corpo conta dieci ettari vitati, con vigne che arrivano anche a toccare i centocinquant’anni, nell’area affacciata all’Etna, dove si trova un’abitazione un tempo adibita ad area ricettiva.
Il resto degli appezzamenti è dislocato tra Feudo di Mezzo, sempre a nord, per poi spostarci ad est tra Puntalazzo e Caselle, ad ovest di Milo.

I lavori in vigna sono supervisionati dallo stesso Salvo Foti, che ha portato in azienda il suo imprinting e le sue idee di sostenibilità, senza voler che il mondo del vino gli affibbi il termine “naturale”. La sostenibilità è decisamente il primo tema che viene trattato, avendo certificato la vigna in biologico, in attesa della certificazione anche della cantina, che avverrà nel 2025. Un esempio della filosofia de I Custodi delle Vigne dell’Etna è l’episodio avvenuto nel 2024, quando non si sono effettuati i trattamenti “convenzionali”, che avrebbero potuto essere fatti per salvare il raccolto, volendo rispettare i parametri per la certificazione, oltre ad un determinato approccio e visione, perdendo così il 90% del raccolto. In ogni caso anche se non c’è ancora il bollino con la fogliolina è presente un riconoscimento dalla parte dei clienti e del mercato del tipo di conduzione e di interpretazione che ha l’azienda, sia in campagna che in cantina.

Sicuramente il microclima di quest’area è un ottimo alleato e il vento che soffia tra l’Etna, i Monti Nebrodi e Monti Peloritani aiuta la sanità in vigna.

La cantina è stata costruita con un approccio moderno e sostenibile, corredata da pannelli solari, ma non solo, nel 2016. I lavori in corso non mancano e a vista d’occhio si può notare il cantiere per la costruzione di una nuova area dedicata alle degustazioni, gemella di quella già costruita, oltre ad un magazzino per gli attrezzi, ma anche una struttura dedicata alla foresteria per ospitare amici, giornalisti, importatori e vari operatori del settore. Non è detto che più avanti non si possa strutturare anche il lato ricettivo, ma per ora ci si limita ad un’attività più intima. Anche l’aspetto ristorativo è ad oggi volutamente limitato, poiché si vuole dedicare quasi esclusivamente alle persone che, come primo obiettivo, si recano in azienda per assaggiare la produzione del vino, oltre a voler valorizzare anche la ristorazione locale.

Uno sguardo alla vicina cantina ci fa notare la modernità della costruzione, con un richiamo al passato. Per raggiungere l’area di vinificazione ed affinamento si passa attraverso un’area di cemento che conduce ad una vasca di acqua interna, creata per poter moderare le temperature durante le stagioni estiva ed invernale. Un sistema di origine arabo che, incamera da una bocca esterna orientata in direzione del vento, l’aria, la quale confluisce nella cisterna d’acqua e permette di abbassare le temperature durante le stagioni più calde e alzarle in quelle più fredde, consentendo così un minore sbalzo termico.
Qui è presente la vecchia bottaia, dove, oltre a contenere ancora qualche tonneau, sono presenti vasche in acciaio di diverso formato, ospitando anche vinificazioni di aziende terze, ma tendendo sempre di più a svolgere micro-vinificazioni parcellari, al fine di sperimentare il comportamento di alcune tipologie di varietà in determinati posti e terroir. In una seconda sala sono presenti le vasche più grandi, usate per le fermentazioni (che anch’esse seguono la filosofia di Salvo Foti) ed alcuni affinamenti. La bottaia è invece in una terza area dedicata, principalmente con botti da cinquecento litri ed alcune barrique. Alla fine del percorso si può toccare con mano un vecchio palmento che si sta restaurando con lo scopo di poter riprendere il processo di vinificazione nella struttura, come si faceva un tempo, dotandosi, però, di alcuni accorgimenti e componenti più moderni.

Ad oggi la produzione media di bottiglie è di circa centomila per anno, divise in otto etichette tra cui: dalle vigne di MuganazziAetneus”, l’Etna Rosso proveniente a seicento ottanta metri di altitudine, a base di Nerello Mascalese e Cappuccio; l’Etna RosatoAlnus”, ottenuto dalle stesse uve piantate un centinaio di metri più in basso; un Nerello Cappuccio in purezza; il “Pistus”, blend di Nerello Mascalese e Cappuccio provenienti sempre dai seicento ottanta metri di Moganazzi, ma anche da Contrada Mertoli a cinquecentocinquanta metri; per poi spostarci ai cinquecento ottanta metri di Feudi di Mezzo, con il “Seculare”, a base Nerello Mascalese, Cappuccio e Alicante, da vigne più che bicentenarie. Infine, troviamo quattro bianchi: il primo “Aedes” da Contrada Moganazzi e Contrada Mertoli, tra i seicento e i seicento ottanta metri, a base di Carricante, Catarratto, Grecanico e Minnella; da Contrada Taverna, a settecento metri, si ottiene “Ante”; per concludere con “Imbris”, Carricante da Contrada Caselle a settecento ottanta metri.

Un gioco di nomi latini, avendo frequentato i licei o classico o scientifico, che è partito dal primo vino prodotto “Etneus” e si è ripreso per la maggior parte dei vini, dando comunque un’identità territoriale, richiamando tecniche di vinificazione come nel caso del “Pistus” (pistare), o di “Aedes”, che significa casa, di “Imbris” che sottolinea la piovosità della zona di Milo, oppure Etna al contrario, pur mantenendo il nome della varietà sul Nerello Cappuccio. Questo per evidenziare la scelta in controtendenza de I Custodi delle Vigne dell’Etna di aver voluto investire, anche in grande quantità, su questa varietà quando tutti la stavano espiantando.

Le fermentazioni e vinificazioni avvengono in acciaio, tranne che per “Aetneus” e “Seculare” dove si utilizzando per una percentuale in entrambi i processi, ma anche in affinamento (di circa diciotto mesi), tonneau usati. L’idea aziendale è quella di lasciare il vino in bottiglia un periodo mediamente lungo, al fine di poter avere un affinamento ulteriore ed un’integrazione maggiore dei sentori, prima della commercializzazione.

Il nome scelto da Mario ha voluto richiamare quello che è da sempre stato l’obbiettivo principale dell’azienda, ossia accudire un patrimonio ereditario di anni passati, sia per quanto riguarda la vigna e la produzione di vini identitari del territorio, sia per il panorama etneo, fatto di muretti a secco, un microclima unico, terreni lavici appartenenti a diverse epoche, flora e fauna.

All’interno della sala degustazioni, con una splendida vista sui vigneti, assaggiamo alcune referenze dei vini de I Custodi delle Vigne dell’Etna, cominciando da “Aedes” 2023, ottenuto da uve Carricante per l’80% e Grecanico, Catarratto, Minnella e altre varietà a bacca bianca il restante 20%. Un vino di ingresso al mondo dell’azienda che si presenta con note fresche di albicocca, ananas, agrume, un tocco erbaceo, ma anche di erbe aromatiche, origano e una leggera macchia mediterranea. In bocca presenta un discreto corpo, buona spalla acida, per un’ottima beva, buona sapidità e mineralità e discreta persistenza.

Passiamo a due diverse annate di “Ante” con uve 100% Carricante, rispettivamente 2021 e 2012. Un primo vino ci regala note fresche di frutta a pasta bianca, erba appena tagliata, un sottofondo mentolato, ancora giovane e molto fresco, per poi passare ad una maggiore complessità nel fratello maggiore, il quale si presenta con sentori di idrocarburo, miele, note balsamiche, di pepe bianco, che ben si bilanciano con gli agrumi, uno su tutti il cedro, ma anche un sottofondo di macchia mediterranea. In bocca ritornano i sentori percepiti al naso, mantenendo una buona spalla acida, più pungente nel primo vino, ma anche sapidità, mineralità, un maggior corpo, ma grande beva e una più lunga persistenza.

Il mondo dei rossi si apre con “Etneus” 2019, affinato tra acciaio e una parte di tonneau usato, il quale si presenta al naso con note di frutti di bosco, mora, violetta, leggero inizio di sottobosco, un tocco china, un leggero sottofondo ematico e un velo di speziatura. Al palato entra con una buona freschezza e piacevolezza di beva, tannini delicati, discreta acidità, ma comunque una buona ricchezza, corpo e buona persistenza.

Concludiamo con il “Secolare” 2014, che, anche in questo, caso affina per una parte in tonneau usate. Un vino ricco fin dai suoi profumi, con note più legate alla frutta rossa sotto spirito, ma anche sentori di cioccolato, frutti neri, spezie, bastone di liquirizia, un tocco ematico e una spunta balsamica. In bocca presenta un maggiore corpo ma rimane pur sempre ben equilibrato, con un tannino presente, ma non irruente, spalla acida, beva, freschezza e buona persistenza.

Un ringraziamento a Marco ed Alessia per averci fatto scoprire I Custodi delle vigne dell’Etna, con tanto di foto baciati dall’Etna.

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