La Rosi, assieme ad Elisa che ha sposato il progetto iniziato da mamma Rosanna e papà Francesco tra i Colli Euganei padovani
03 Marzo 2021
Di nuovo sui Colli Euganei, a pochi chilometri dalla cittadina termale di Montegrotto, dove sorge l’azienda La Rosi, conosciuta qualche mese prima all’evento “No Conta i Torni” a Mogliano Veneto.
Ad accogliermi è Elisa e subito ci addentriamo nei vigneti a corpo di questa realtà, circa un ettaro che si estende tutto in salita, dallo stabile dove è sorta negli anni la cantina fino ad arrivare ad un bosco, sotto al monte Spinefrasse, che fa parte del percorso pedonale del Monte Ceva, tra le meraviglie dei Colli Euganei.
La storia di questa piccola realtà comincia dalla fusione del DNA di papà Francesco, la cui mamma era originaria di Valdobbiadene e di conseguenza le sue vacanze estive erano tra i colli del Prosecco, e le origini di mamma Rosanna, autoctona dei Colli Euganei. Il terreno dove ci troviamo fu acquistato nel 1974 e la passione per la natura e per le vigne ha fatto iniziare Francesco e Rosanna questa esperienza in maniera del tutto spontanea, creando ufficialmente La Rosi nel 1998, un’azienda agricola con un imprinting femminile che prende il nome proprio da Rosanna. L’ingresso di Elisa non è stato immediato, ma, nella sua vita precedente, dopo essersi laureata in sicurezza igienico-sanitaria, ha trascorso un anno in Australia nel quale ha trovato subito un lavoro affine ai suoi studi, occupandosi parallelamente di radunare le vacche con la moto da cross negli allevamenti. La ricerca di un lavoro a contatto con la natura, la nostalgia della visuale dei suoi Colli e il ricordo di lei bambina che si arrampicava sugli alberi le fecero prendere la via di casa nel 2013, entrando a tutti gli effetti nell’azienda di famiglia. Un ingresso graduale, studiando allo stesso tempo le tecniche di potatura e approfondendo le metodologie più naturali possibili per coltivare la vigna e produrre il vino.
Durante il nostro percorso di salita al bosco incontriamo alcune oche, oche cignate, anatre bianche mute (“che fanno più casino delle altre”) e la mascotte di casa, il tacchino Ettore.
Qualche casetta anche per le api, da cui si ricava il miele, ma anche un aiuto nell’auto-impollinazione della vite.
Una vista stupenda e un po’ di relax dopo l’ardua camminata si può trovare grazie alla panchina che domina il vigneto e i meravigliosi Colli Euganei. Panchina che è una potenziale tappa di ristoro per gli appassionati di camminate immerse nella natura, i quali, avvertendo l’azienda, possono trovare uno spuntino accompagnato da un calice di vino, per recuperare le energie.
Oggi La Rosi è composta dall’ettaro vitato a corpo dove si trovano dall’alto al basso le varietà Pinella, Garganega, Moscato Giallo, Moscato Bianco, Merlot e Cabernet Franc e un ettaro in affitto a pochi chilometri, dove sono piantate Merlot, Barbera, Malvasia Istriana. I vigneti contano un’età media di settant’anni, con uno spazio tra pianta e pianta che arriva anche ad un metro e mezzo di distanza e, per sostituire una fallanza, si utilizzano innesti dalle vecchie viti. A completare il tutto circa cinquanta ulivi, ciliegi, peri, alberi di susine e gocce d’oro.
Il terreno sottostante è composto da strati che si dividono tra argilla, calcare e terre vulcaniche, tipiche della zona dei Colli Euganei. La Rosi ha iniziato già nel 2002 ad applicare le tecniche di lavorazione biologica e negli anni sono state incrementate anche alcune pratiche biodinamiche, come il sovescio, quando necessario e lo sguardo rigoroso al ciclo lunare, sia nella fase di potatura sia in imbottigliamento.
I trattamenti vengono effettuati con la classica poltiglia bordolese, cercando di effettuarne il meno possibile, cinque nel 2021, con il supporto di propoli auto prodotto e il boro contro l’allegagione.
Un focus sui vini prodotti con meno impatto possibile è stato fatto nel 2013, partecipando a fiere e manifestazioni del settore e successivamente nel 2017, quando Elisa ha avuto la possibilità di lavorare per l’azienda Ca’ Lustra, nella quale ha affiancato i protagonisti principali nelle lavorazioni in cantina durante la vendemmia, con la conseguente possibilità di approfondire ed affinare le sue tecniche di vinificazione. Il consolidamento di una mentalità che ha portato Elisa a voler proporre il vino prodotto con il ricordo di quello che facevano i genitori o addirittura i nonni, con annate di volta in volta differenti e talvolta mancanti per alcune varietà che potrebbero non aver raggiunto la corretta qualità per la vinificazione. Un concetto che parte dalla terra e da tutte le lavorazioni eseguite manualmente, al fine di far ritrovare la personalità di chi conduce l’azienda, in ogni bottiglia.
Le vinificazioni avvengono tutte nella piccola cantina che andiamo ad esplorare, con l’aiuto di alcune vasche d’acciaio e una vecchia pompa per i travasi, niente di più. L’uva viene vendemmiata e diraspata a mano, pigiata con i piedi e torchiata a mano e, dipendentemente dalla varietà, si effettua un contatto con le bucce. Le fermentazioni vengono avviate con un pied de cuve e le masse subiscono alcune follature effettuate rigorosamente con un bastone di legno. Solitamente il vino viene imbottigliato ad agosto, per affinare in bottiglia anche due anni.
Gli spazi sono ridotti, ma sufficienti per la produzione delle circa cinquemila bottiglie per anno, che spaziano dal Moscato Fior d’Arancio spumantizzato (in una cantina terza), Moscato Macerato (sia Moscato Giallo sia Moscato Bianco), Pinella vinificata in bianco e rifermentata in bottiglia, Malvasia macerata e un Rosso, blend di Merlot e Cabernet Franc.
Gli assaggi cominciano con la Pinella 2018 rifermentata in bottiglia con il proprio mosto e le parole di papà Francesco: “abbiamo iniziato per hobby, ma è un lavoro tanto duro, non c’entra l’età…far agricoltura non è mica tutto rose e fiori”.
Il vino, le cui uve hanno fatto una veloce macerazione di un paio di giorni sulle bucce, si presenta al naso con sentori di frutta matura, mela gialla, pera, erbe aromatiche, salvia, macchia mediterranea; la bolla è abbastanza fine e il gusto pieno, “croccante”, con una buona mineralità e discreta persistenza.
Il secondo vino assaggiato è il Moscato 2020 in anteprima, il quale sarà etichettato con il nome “Vin del Frate”.
Vinaggio di Moscata Bianca definita anche “Moscata Colli” e Moscato Giallo Fior d’Arancio vinificate separatamente e lasciate macerare circa venti giorni sulle bucce, esprime al naso profumi intensi di fiori bianchi, zagara, arancia, tè verde, con una nota balsamica ed incensata in sottofondo. In bocca entra secco e deciso, con l’aromaticità che torna nella sensazione retro-nasale, pieno, minerale, con un leggero tannino finale e una puntina di amaro, caratteristica di queste uve aromatiche.
Prima di lasciare Elisa uno sguardo al futuro, nel quale il desiderio è quello di poter ampliare la partecipazione di persone appassionate e non ai processi che si svolgono in azienda, in ottica di fattoria didattica. Riunire grandi e piccini al fine di poter vivere una vita rurale, distante dalla tecnologia, per toccare con mano quello che si faceva nel passato; un contatto con la natura per ricordare o far scoprire sapori, profumi ed emozioni di un tempo.
Dopo aver fatto un piccolo rifornimento di bottiglie La Rosi e delle confetture fatte produrre con la frutta coltivata in azienda, maglietta numero 143 per Elisa, in attesa di tornare a vedere le novità quanto prima.