APPASSIONATO DI VINO - NO INFLUENCER

martedì, 11 Febbraio, 2025

Maso Martis, con Maddalena per scoprire le loro bolle ma non solo, Martignano (Trento)

Maso Martis, in compagnia di una delle due rappresentanti della nuova generazione, Maddalena, per scoprire questa realtà famigliare conosciuta principalmente per le bolle

25 Ottobre 2024

Ci troviamo a Martignano, paese a nord-est di Trento, in compagnia di Maddalena, che, assieme alla sorella Alessandra, rappresenta la nuova generazione dell’azienda Maso Martis, ben conosciuta per le sue bollicine Metodo Classico, ma non solo.
Le radici di questa realtà si possono ricondurre all’inizio degli anni Ottanta quando il nonno paterno, Giuseppe Stelzer, acquistò per il figlio Antonio, il Maso e dodici ettari di terreno circostante, proprietà dei vicini di casa, la nobile famiglia Taxis.
La campagna che attorniava il Maso era storicamente una zona vocata per la coltivazione. C’erano colture miste, in prevalenza viti e meli. Tra il 1982 e il 1986, vista anche l’ottima esposizione, si decise di convertire tutta l’area in vigneto, piantando prevalentemente Chardonnay, seguito da Pinot NeroPinot MeunierCabernet Sauvignon e Moscato Rosa.
Fino al 1990 le uve venivano conferite, ma da quello stesso anno Antonio, assieme alla moglie Roberta, iniziò la trasformazione delle uve e la creazione di una nuova realtà vitivinicola.
Antonio si era diplomato all’istituto agrario di San Michele, mentre Roberta ha imparato questo mestiere in itinere, appassionandosi alla viticoltura. I due hanno iniziato la loro avventura pensando alla produzione di Metodo Classico, facendo uscire la prima bollicina nel 1993, anno di nascita della DOC Trento. Durante i primi anni, in attesa anche del giusto affinamento dello Spumante sui lieviti e non essendo le bollicine così popolari come ai giorni nostri, l’azienda si è fatta conoscere con i vini bianchi fermi, rossi fermi, rosati e passiti.
Il nome scelto per questo progetto è stato Maso Martis. Maso per indicare la struttura tipica, Martis da “Martis Fanum”, letteralmente “Tempio di Marte”, antica denominazione latina del paese.

Un’altra tappa fondamentale è stata l’ingresso dell’enologo Matteo Ferrari, nel 1994, che ancora oggi lavora con la famiglia, avendone sposato a pieno il progetto.

Un percorso che ha portato Maso Martis a concentrarsi negli anni sempre più sulle bollicine, eliminando la maggior parte degli altri vini prodotti, mantenendo solo i due storici Chardonnay (di cui uno “Incanto” affina in barrique di rovere francese per un anno). Nel frattempo, è subentrata la nuova generazione, rappresentata da Maddalena e Alessandra, dopo aver fatto un corso di seicento ore per imprenditrici agricole, presso l’istituto agrario. Maddalena si occupa più degli aspetti di cantina e parte di campagna, mentre Alessandra, laureata in comunicazione e marketing, ha in carico questo lato dell’azienda, pur essendo entrambe impegnate nell’accoglienza, fiere e altre iniziative.

Parlando di vigna, oggi gli ettari vitati di proprietà sono dieci, di cui la maggior parte a corpo, per lo più dedicati alla produzione delle bollicine, pur avendo acquistato nel 2021 altri due ettari a ottocento metri d’altitudine, già allevati dal 2010 a Müller Thurgau. Quasi tutta la vigna è stata ripiantata utilizzando il sistema di allevamento a guyot, sostituendo la pergola, di cui rimane un vigneto del 1984 di Meunier e Chardonnay, in questo caso a pergola semplice. Oltre a questi, l’azienda ha in gestione un altro ettaro e mezzo di Chardonnay e Pinot Nero e collabora con tre conferitori basati sulle colline ad est di Trento, supervisionati nelle lavorazioni da papà Antonio.
Maso Martis ha iniziato a lavorare strettamente in biologico nel 2010, ottenendo la certificazione nel 2013, utilizzando esclusivamente rame e zolfo per i trattamenti, addizionati da estratti di arancia e tenendo i vigneti il più inerbiti possibile, seminando il sovescio dove è necessario. Un prezioso alleato introdotto negli ultimi anni è rappresentato dalle reti antigrandine, che riparano la pianta e le uve, anche nel caso di abbondanti piogge, che, grazie alla loro protezione permettono di non impattare sugli acini e diminuire il dilavamento di una parte dei trattamenti.

Nei terreni a corpo si può notare uno strato minimo di argilla, con un’abbondante roccia calcarea e roccia rossa affiorante, mentre per quanto riguarda gli appezzamenti di Müller Thurgau, presenti sull’altro versante del Monte Calisio, ben riparati dal bosco, il substrato è formato da sabbia, calcare e abbondante porfido.

Parlando di cantina, si può affermare che Maso Martis è diventata oggi una casa spumantistica a tutti gli effetti e le lavorazioni si effettuano tutte in loco, tra le vecchie stanze di fine Seicento restaurate, affianco al Maso, che un tempo fungevano da stalla e magazzino. Qui si possono incontrare sia barrique che tonneau, che anticipano le vasche in acciaio, dove avvengono le varie fasi di affinamento dei vini base, che per lo più riposano nello stesso acciaio. Si può notare anche una botte di legno ovale da venti ettolitri, arrivata da pochi giorni, la quale sarà protagonista di una riserva perpetuale, con cui produrre una nuova Cuvée. In realtà l’azienda ha imbottigliato il primo esperimento di questo progetto proprio quest’anno, con i vini delle vendemmie 2018, 2020, 2021, 2022, 2023; non avendo ancora la prospettiva di quando sarà sboccata e proposta sul mercato.
In un’altra stanza si può trovare un’area dedicata allo stoccaggio, con le giropalette e una macchina per la sboccatura, oggi sostituita da una linea mobile, chiamata al bisogno, come nel caso degli imbottigliamenti.
Il piano superiore è dedicato ai soli acciai, all’interno dei quali si fanno fermentare le uve. Sullo stesso piano è stata creata una sala degustazione con vista e un’area allo scoperto per eventi e degustazioni durante il periodo estivo, con il sogno di trasformare questa zona in struttura ricettiva (pur non essendo agevolati dalla burocrazia).

Le bottiglie prodotte di media per anno sono circa centomila e per assaggiarne qualcuna ci accomodiamo nella saletta degustazioni e shop, ampliato nel 2021, conseguentemente alla crescita dell’enoturismo.
Nelle prime fasi dell’azienda il protagonista assoluto era il Pinot Nero, ma con il passare del tempo si è puntato molto anche sullo Chardonnay ed è proprio con questo Blanc De Blanc Brut che iniziamo gli assaggi.
Un vino che affina diciotto, venti mesi sui lieviti, in produzione dal 2017, per avere un prodotto di ingresso, più giovane e versatile. Al naso si presenta con note fresche, agrumate, un tocco di lievito e una leggera nota di miele, per un palato ancora giovane e scalpitante (con una sboccatura del mese precedente), un sorso pieno, buona acidità, abbastanza verticale, minerale, con discreta sapidità e persistenza.

Passiamo ad un secondo Blanc de Blanc questa volta Nature, vendemmia 2021, che affina ventiquattro mesi sui lieviti e si presenta più dritto al naso, con nota di pietra bagnata, un tocco iodato e una spunta comunque agrumata, di limone più intenso. In bocca spicca una maggiore acidità, buona mineralità e sapidità, verticale e con una sempre discreta persistenza.

Della vendemmia 2020 assaggiamo il Rosè Extra Burt, ottenuto da uve 100% Pinot Nero che restano a contatto in pressa per qualche ora. Un riposo sui lieviti di ventiquattro, trenta mesi (dipendentemente dalle richieste del mercato, che fortunatamente sono numerose), il quale regala note di fragolina di bosco, ciliegia, leggera sanguinella, una spunta di rosa e violetta, con un leggero tocco di confetto. Il sorso spicca in acidità, con una buona freschezza, mineralità e discreta sapidità, oltre ad una buona persistenza.

La quarta bolla assaggiata è il Dosaggio Zero Riserva 2020, vino prodotto dal 2007 a base di 70% Pinot Nero e 30% Chardonnay, che affina in barrique di rovere francese circa otto mesi. Al naso i sentori si caricano un po’ di più, con una nota leggermente salmastra e iodata, emerge la spezia e un sottofondo di micetta per poi passare anche ad uno spunto mentolato. In bocca si possono percepire le note infuse dal legno, in maniera delicata, pur essendo un vino ancora fresco di sboccatura, che regala comunque una piacevole acidità, mineralità, discreta sapidità, maggior corpo e pienezza nel sorso.

Passiamo poi al “Monsieur Martis”, il Pinot Meunier in purezza, ottenuto dalla storica vigna di questa varietà, utilizzata per la prima volta nel 1999 con un solo 5% nel blend di “Madame Martis”, solo nelle annate migliori. Dal 2015, viene vinificato anche in purezza, per offrire un prodotto alternativo e sicuramente più insolito, dal colore rosa antico, e un affinamento di quarantotto mesi sui lieviti. Il millesimo 2018 si presenta con note di rosa appassita, un tocco fumè, nota di arancia e fragolina per un ingresso in bocca comunque teso, con una buona acidità, note minerali, buon corpo e buona persistenza.

L’ultima bollicina di questa piacevole carrellata è riserva di punta “Madame Martis” Brut, fortemente voluta da mamma Roberta e a lei dedicata. Vino prodotto dal 1999, con un uvaggio rimasto quasi costante, vendemmie permettendo: 70% Pinot Nero, 25% Chardonnay affinato in barrique di rovere francese e 5% Pinot Meunier. Assaggiamo il millesimo 2015, lasciato otto anni e mezzo sui lieviti, sboccato, in questo caso nel settembre 2024, presentandosi ancora molto fresco e con una lunghissima prospettiva di vita.
Al naso è decisamente più intenso, con note di frutti rossi, un tocco agrumato, di cedro, leggera nota salmastra, pietra bagnata, spunto di lievito delicato, un velo di spezia e uno spunto fumè. Al palato entra più morbido, ricco e persistente, mantenendo comunque mineralità, spalla acida e discreta sapidità.

Concludiamo gli assaggi in compagnia del cane Marley, con il progetto di Alessandra e Maddalena, che ha trovato la sua identità vinificando il Müller Thurgau dell’ultimo appezzamento acquistato. È nato così “Al+Ma 800”, dalle prime due lettere dei nomi di entrambe, il quale vede la sua prima annata nel 2022, volendo proporre sul mercato un vino giovane, fresco e di beva, tappato con tappo a vite e vestito da un’etichetta rappresentante le due sorelle. Un vino che affina esclusivamente in acciaio, con una parte della massa che resta dieci ore in macerazione a freddo, così da ritrovare al naso una ricchezza di aromi, tra cui la mela verde, pesca bianca, uno spunto di zagara, litchi, gelsomino, leggero tocco di peperone, pepe bianco e un inizio di idrocarburo. In bocca entra dritto, con una buona spalla acida, aromaticità che ritorna, per un vino di beva, fresco, sapido, con una buona mineralità e discreta persistenza.

Un ringraziamento a Maddalena che merita la maglietta numero 360!

Guarda anche...

Ultimi post

Categorie