Maso Mirì, una realtà che si divide tra un quarantennio di storia e il nuovo volto di questi ultimi anni, grazie al supporto e alle attenzioni di Martin
25 Ottobre 2024
Siamo in località Romagnano, ad una manciata di chilometri da Trento, per scoprire Maso Mirì, una realtà che si divide tra ospitalità e produzione di vino, in compagnia di Martin, che sta traghettando l’azienda verso un florido futuro.
Arrivati presso la struttura nel tardo pomeriggio, ci sediamo, in compagnia di Martin, all’interno della sala al piano terra, che ospita il ristorante del Maso, così da scoprire le origini di questa azienda.
Facciamo un balzo indietro di quasi quarant’anni, nel 1986, anno in cui Mara e Corrado (suoi suoceri di Martin) acquistarono, con il fine di effettuare un investimento in ambito agricolo, alcuni appezzamenti, un tempo piantati per lo più a mele e pere, nella zona di Romagnano, ma non solo.
Fin dai primi anni, anche su consiglio di alcuni amici e consulenti, si convertì la produzione dei due frutti in vigneto, al fine di conferire le uve alla cantina sociale. A prendersi cura dell’azienda viticola, svolgendo anche diversi corsi di settore, è stata Mara Mittestainer, battezzando questa realtà con il proprio cognome.
Nel 2017 la figlia Stefania è rimasta incinta della primogenita Isabel e, da quel momento, la famiglia ha iniziato a pensare di creare qualcosa di più concreto da quell’investimento fatto esclusivamente per il conferimento delle uve. La volontà di creare un progetto che rimanesse nel tempo si è concretizzata nel restauro del vecchio Maso immerso nella campagna alle porte di Romagnano, e di trasformare le uve, creando così una propria linea di vini. Il nuovo volto dell’Azienda Agricola Mittenstainer esigeva anche un nuovo nome, che è stato individuato nell’unione delle prime due lettere del cognome di Mara Mittenstainer, con quelle di Corrado Rigotti, così da forgiare Maso Mirì.
Un percorso decisamente in salita, con la nascita nel 2017 e una conseguente rinascita nel 2022, quando è stato incluso nel progetto anche Martin, marito di Stefania, come traghettatore che potesse fare un passo in più in termini di strutturazione aziendale, grazie alle sue numerose esperienze di gestione d’azienda. Egli, infatti, proviene dal mondo della finanza e tuttora collabora con grandi realtà nazionali ed internazionali per la gestione finanziaria. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto essere il protagonista per la concretizzazione di questa azienda agricola, composta da due volti della stessa medaglia.
Così, dal maggio 2022, si è invertita la rotta, tagliando i rami secchi non necessari e dando una nuova vita a Maso Mirì. Pur non avendo esperienza nel settore della ricettività, né in quello agricolo, durante i primi due anni Martin si è concentrato nel migliorare la visibilità del Maso in termini di accoglienza, registrando dal maggio del 2024 un 100% di occupazione delle otto camere; in vista di crearne altre due al piano superiore, oggi sede di un appartamento dedicato al personale.
Sono stati eseguiti molti investimenti per la miglioria della struttura, anche dal punto di vista del suo accesso, quasi totalmente automatizzato, con un occhio di riguardo per le persone diversamente abili, offrendo due stanze attrezzate al piano terra. A completamento dei servizi sono a disposizione dei clienti anche la piscina, con vista sul Maso e le vicine montagne trentine, una piccola spa e il servizio di ristorazione, al momento dedicato solo alla cena degli ospiti della struttura. Proprio durante il periodo del nostro incontro si stava meditando sul futuro della zona ristorante, che è stata ampliata anche nella parte esterna, potendo così ospitare un numero più abbondante di clienti, anche esterni. Bisognerà superare la criticità della mancanza di personale e trovare la più corretta identità del menù, che comunque oggi vede un’ottima selezione di piatti elaborati con ingredienti a chilometro quasi zero.
Parlando del lato vitivinicolo di Maso Mirì, troviamo oggi dodici ettari quasi tutti vitati, che si dispongono maggiormente a corpo, nel paese di Romagnano (pur essendo une terra dove si incontrano per lo più mele e pere), per poi spostarsi nelle località vicine di Povo, Casteller, Trecastello, oltre ad avere un ultimo appezzamento a Cadine, dove si sta provando qualche esperimento di viticoltura con varietà non presenti tra quelle ad oggi coltivate.
I terreni a corpo sono più ricchi di sabbie e argille, mentre il substrato degli appezzamenti più dislocati conta una parte argillosa, che nasconde la dolomia.
Le vigne sono principalmente allevate con il sistema a guyot e pergola, e le varietà protagoniste sono Chardonnay e in minima parte Merlot.
A seguire la campagna è presente un consulente agronomo, oltre ad un gruppo di lavoro in capo alle varie lavorazioni e trattamenti, che vedono un rispetto della pianta e dell’ecosistema, pur non abbracciando alcuna certificazione e basandosi sui parametri di sostenibilità che definisce la Regione e l’Istituto Trento DOC, di cui Maso Mirì fa parte.
Per quanto riguarda le vinificazioni, da quando si è cominciato il percorso di trasformazione delle uve è presente lo stesso consulente enologo, appoggiandosi ad una vicina cantina, in attesa di capire se i vari cavilli burocratici si risolvono, così da consentire la costruzione di una propria cantina in loco.
I vini prodotti sono uno Chardonnay vinificato in bianco, affinato in solo acciaio; un Merlot che effettua un passaggio in barrique e il vino di punta di Maso Mirì, il Metodo Classico Trento DOC Brut, ottenuto da uve 100% Chardonnay, con un affinamento di trentotto mesi sui lieviti. L’idea è quella di orientare quest’unico prodotto come “base” della proposta, cresciuto da trentadue a trentotto mesi di riposo, per lavorare nell’implementazione di nuove etichette con un maggiore affinamento in bottiglia. Non solo riposo sui lieviti, ma si sta lavorando anche nell’ottica di creare dei blend con altre uve, inserendo una percentuale di Pinot Nero, dedicando le campagne non vitate alla coltivazione di questa o altre varietà complementari.
Al momento le bottiglie prodotte “sono quelle che si riescono a vendere”, circa settemila per anno, con un potenziale che può diventare quello di almeno centomila, ovviamente dovendo creare una rete commerciale, obiettivo procrastinato negli anni, a causa di mancanza di tempo. L’eccedenza di uve, oggi, continua ad essere conferita a cantine terze.
Dopo aver scoperto le sfaccettature di questa giovane realtà con storiche e radicate origini sul territorio trentino è il momento di assaggiare il Trento DOC, vendemmia 2019, con trentotto mesi di affinamento sui lieviti e un anno di riposo in bottiglia, successivo alla sboccatura (così da uscire sul mercato con un prodotto già bilanciato nelle sue caratteristiche gusto-olfattive).
Un vino che si presenta con note fresche di agrume, un leggero sentore tropicale, di ananas, fiori bianchi, gelsomino, con un sottofondo di moderate note di lievito. Tutti sentori delicati che si riflettono in bocca, dove entra con una bolla fine e cremosa, un buon corpo, ben equilibrato, spalla acida, mineralità, discreta sapidità e buona persistenza. Sicuramente un Brut con otto grammi zucchero ben equilibrato e piacevole, il quale dona un sorso che ne invita un secondo e un terzo.
Da notare il simbolo che è stato scelto per rappresentare sia il vino sia l’azienda, il tridente di Nettuno, di cui si può trovare la statua all’apice dell’omonima fontana in piazza Duomo a Trento. La scelta della divinità non è ben nota, ma si pensa sia influenzata dalla caduta del principato vescovile, coinvolgendo così un soggetto laico, sicuramente con il tridente assonante all’antico nome romano della città, Tridentum.
L’obiettivo di Maso Mirì è quello di non fermarsi mai ed alzare la qualità nel settore della ricettività, definendo al meglio il servizio ristorazione e volendo offrire sempre nuovi servizi e proposte ai clienti che soggiornano all’interno della struttura. Anche dal punto di vista vitivinicolo si sta trovando la strada più corretta per un possibile ampliamento, con l’eventuale costruzione della cantina e aggiungendo alcune referenze alle tre attuali, sicuramente puntando sul Metodo Classico; strutturando la giusta via commerciale.
Una serata che si conclude con un ottimo tagliere misto di affettati locali, tra cui speck, speck cotto, salame e una selezione di formaggi, con l’immancabile Trentingrana, accompagnati da un fantastico tortel di patate.
Grazie a Martin che merita la maglietta numero 361, sicuro che le nostre strade prima o poi si incontreranno nuovamente!