Tour, degustazione, cena e pernotto nell’ecosistema Massimago, creato a partire dai primi anni duemila da Camilla Rossi Chauvenet
18 Ottobre 2024
Un pomeriggio che comincia con una pioggia torrenziale nell’entroterra veneziano, che si trasforma in una splendida giornata di sole all’arrivo nell’ecosistema Massimago, a Mezzane di Sotto, nella Valpolicella più estesa.
Ad accoglierci Elisabetta, alla reception della struttura ricettiva, così da sbrigare le procedure di check-in per passare una notte in una delle nove camere del Wine Relais.
Dopo aver visto l’appartamento “Olivo” ci dedichiamo, in compagnia della sommelier Sonia, alla scoperta di questa realtà che conta più di centoquarant’anni di storia.
Ci troviamo in quella che un tempo era la residenza delle vacanze dei nonni materni di Camilla Rossi Chauvenet, la famiglia Cracco. Da sempre la casa è stata circondata dai vigneti, pur trasformando una minima quota delle uve per la produzione di vino per autoconsumo, per poi venderne la rimanente parte. Camilla, nata a Padova, ha vissuto questo luogo, nelle prime fasi di vita, con un leggero astio, essendo abituata al caos e agli stimoli della città. Solo quando la famiglia ha balenato l’idea di vendere il podere è scattato qualcosa in lei, opponendosi così alla vendita, volendo creare qualcosa di unico basato sia sul mondo del vino, ma anche sfruttando in maniera positiva quella quiete di cui si è pian piano innamorata.
Il progetto è ufficialmente cominciato nel 2003, all’età di vent’anni, dimostrandosi la prima della sua famiglia a voler dedicarsi al settore della ricettività e alla produzione di vino in bottiglia. Sicuramente una breccia sul territorio della Valpolicella, ma più in generale nel mondo del vino, governato in quegli anni per la maggior parte da protagonisti di sesso maschile. Le sue idee innovative hanno fatto sì che venisse appellata da qualche vicino di casa con il nomignolo di “strega”, episodio che sicuramente non l’ha fatta demordere, concretizzando passo dopo passo il progetto Massimago.
L’azienda in vent’anni si è evoluta sia dal punto di vista della ricettività, con nove camere situate nel corpo principale sopra alla barricaia e altre nove a Corte Massimago, in uno stabile a settecento metri di distanza (un ex ricovero attrezzi restaurato completamente), ma anche da punto di vista della produzione vitivinicola.
Fin dalle origini lo scopo di Camilla era quello di infondere una tranquillità e benessere agli ospiti, investendo anche nella proposta ristorativa. Prima del ristorante, proprio lei in prima persona, si cimentava con qualche manicaretto locale, così da consentire ai clienti di potersi rilassare nella struttura, non dovendo spostare la macchina e potendo godere a pieno del Wine Relais. Questa filosofia e il messaggio che si vuole trasmettere ha fatto nascere il nome Massimago, il quale deriva dal latino Maximum Agium, che tradotto significa il massimo del benessere o agio.
Tra le chiacchiere, assaggiamo Magò, una delle due bollicine prodotte da Massimago, un rosè Brut (con otto grammi zucchero per litro) Metodo Martinotti, con le uve tipiche della zona: Corvina, Corvinone e Rondinella. Bollicina dai sentori freschi, di piccoli frutti rossi, tra cui ciliegia, fragolina, lampone, uno spunto erbaceo e un tocco mentolato, per un sorso dalla buona beva, bollicina abbastanza fine, discreta spalla acida, sapidità, note minerali e moderata persistenza. Lo stesso blend è anche protagonista della seconda bollicina prodotta, questa volta con Metodo Ancestrale, dal nome “Zurlie”. Due nomi che sono un chiaro riferimento al nomignolo affibbiato a Camilla, all’inizio della sua avventura.
Parlando di vigna, oggi troviamo un’azienda che conta quaranta ettari, di cui dodici sono vitati, mentre i restanti sono dedicati agli ulivi e al bosco, che circonda e protegge la proprietà, tra il quale emergono i numerosi cipressi. Grazie a questo alleato si riescono a ridurre i trattamenti, che sono a base di rame e zolfo, essendo certificati Bio, dal 2012.
Nella parte posteriore della struttura si possono toccare con mano i vigneti più vecchi dell’azienda, che arrivano fino a cent’anni, tutti con sistema di allevamento a pergola. Da qui si ottengono due Cru di Amarone il “400Macie” e il “300Terrazze”, essendo i vigneti rispettivamente a trecento e a quattrocento metri sul livello del mare.
Oltre a queste due etichette “speciali” di cui se ne producono circa mille bottiglie di ognuna, dalle altre vigne si ottengono anche un terzo Amarone, della linea più “tradizionale” e il Valpolicella Superiore “Profasio”, con un grado alcolico più marcato, senza utilizzare uve appassite.
La parte frontale della proprietà è, invece, allevata con il sistema a guyot, sempre con le uve più tradizionali della zona, tra cui Corvina, Corvinone, Rondinella e alcuni filari di Garganega.
Il substrato di questa area della Valpolicella, definita allargata, è caratterizzato da una minore quantità di argilla e una più elevata presenza di roccia, che infonde una buona mineralità nei vini.
Le bottiglie prodotte per anno da Massimago sono circa settanta/ottanta mila, rispettando l’idea di Camilla di ottenere vini con una buona struttura, che possano essere ben equilibrati e con un’ottima beva.
Si vogliono proporre vini versatili, che possono essere aperti dall’aperitivo, alla cena, fino agli Amaroni più importanti, che non devono, però, mai stancare di essere sorseggiati dal consumatore. Le vinificazioni avvengono in una cantina a pochi metri dallo stabile principale, mentre la bottaia dedicata agli affinamenti è stata ricavata in una sala sotterranea della struttura.
La bottaia è caratterizzata da sole botti grandi di rovere francese e di slavonia, da dieci, quindici e venti ettolitri, così da non infondere sentori eccessivi al vino.
Proprio qui ci dedichiamo agli assaggi dei vini di alcune delle bottiglie, cominciando con la linea “Ritratti”, con etichette disegnate dall’artista veronese Franco Chiani, amico di Camilla, venuto a mancare durante il periodo del covid. Per vestire questa linea di vini sono stati scelti alcuni dei volti disegnati dall’artista, persone frutto della sua immaginazione, che hanno trovato una nuova vita.
Ogni etichetta conta tre personaggi, con una breve descrizione, comunicando in questo modo al cliente qualcosa che va oltre al vino stesso e dando la possibilità di fantasticare, immaginando di essere una di queste persone.
I vari ritratti sono diventati la firma di Massimago, rappresentando gli attori del merchandising e diventando protagonisti anche dell’arredo delle camere di Corte Massimago.
Cominciamo la degustazione con “Duca Fedele”, un Valpolicella annata 2023, pur essendo un altro il primo vino che fa parte di questa linea è il “Duchessa Allegra”, a base di Garganega, che “gioca fuori casa”.
Concentrandoci sul nostro assaggio troviamo un naso che presenta sentori di frutta rossa, sanguinella amarena, ciliegia, ma anche un sottofondo terroso, note speziate e una discreta balsamicità, per un sorso fresco e di grande beva, discreta acidità, abbastanza minerale e discretamente sapido, con un tannino molto delicato e moderata persistenza.
Il secondo assaggio è di “Marchesa MariaBella” 2022, un Valpolicella Ripasso, ottenuto dal ripasso del vino sulle vinacce dell’Amarone, per circa venticinque/trenta giorni. In questo caso i sentori di frutti rossi si concentrano, con una più matura confettura, ma rimane la sanguinella, una leggera vaniglia, spezia che aumenta, leggero sottobosco, tocco terroso e uno spunto di cacao. In bocca entra più pieno ma sempre mantenendo un ingresso fresco, con buona mineralità, discreta sapidità e spalla acida, per un sorso di beva, tannino discreto e maggior persistenza.
A concludere questa linea il “Conte Gastone” 2020, Amarone ottenuto da uve appassite per novanta giorni e un affinamento in botte grande per circa due anni. Al naso la frutta tende quasi al sotto spirito, facendo emergere note di mora, prugna, inchiostro, cioccolata, liquirizia, un tocco di foglia bagnata e un costante sentore terroso. In bocca entra comunque fresco, con una buona acidità, tannino più presente, discreta mineralità e sapidità e ricco in persistenza.
Questi vini portano nomi di fantasia, accomunati da un titolo nobiliare, per dare prestigio al vino che si trova all’interno delle bottiglie, pur mantenendo prezzi accessibili, così da comunicare come al giorno d’oggi vini di ottima qualità siano alla portata di tutti al contrario di un tempo, dove il vino in bottiglia era quasi esclusivamente dedicato al ceto più ricco della popolazione.
Un secondo Amarone è quello della linea classica, che presenta un’etichetta più lineare e tradizionale. Assaggiamo il 2018, ancora in piena gioventù, imbottigliato nel 2023, frutto di un appassimento delle uve di cento giorni e tre anni di affinamento in botte grande. Vino che al naso mantiene le note di frutta, che tende al sotto spirito, con sentori ancora verdi e in fase di integrazione, spunti di inchiostro, cioccolato, liquirizia. In bocca presenta un maggiore corpo, bilanciato da una discreta freschezza e mineralità, è decisamente più ricco, con un tannino più pronunciato e con più persistenza, oltre ad un grado zuccherino che si fa notare maggiormente.
I vini rossi prodotti da Massimago rispettano la tradizione di questa area della Valpolicella utilizzando di media le stesse percentuali di uva, pur non essendoci una ricetta fissa e dipendendo dall’andamento delle annate: 60/65% Corvina, 20/25% Corvinone 15/20% Rondinella.
Dopo un momento di relax nella camera “Olivo”, la scoperta di Massimago riprende nella parte sottostante, dove è stato ricavato il ristorante, di cui Elia è il responsabile di sala.
Un’ottima accoglienza per proseguire il percorso di degustazione e degli assaggi delle pietanze proposte in carta. Prima di accomodarci al tavolo, non poteva mancare un assaggio della seconda bollicina prodotta, “Zurlie”, annata 2023, ottenuta dalle stesse uve Corvina, Corvinone, Rondinella e una seconda fermentazione spontanea in bottiglia. Un ancestrale che regala note di albicocca, tiglio, agrume, buccia di cedro, frutti rossi, fragola, ribes, petali di rosa e un sottofondo di lievito. In bocca una buona acidità, discreto corpo e discreta mineralità, per un sorso fresco, di beva, una leggera estrazione tannica e moderata persistenza. Curiosità è che si utilizzano bottiglie da mezzo litro, proponendo questo vino al pubblico quasi come fosse una birra, sottolineando la sua versatilità e bevibilità.
Il nostro percorso enogastronomico comincia con una crema di melanzane e liquirizia, con polvere di melanzane, chips di riso con gel di fegato e gel di Amarone, cogliendo l’occasione di assaggiare anche “Duchessa Allegra”, la Garganega, annata 2023 della linea “Ritratti”.
Al naso si presenta con decise note agrumate, ma anche di pesca bianca, erbe aromatiche e note floreali, che lasciano spazio ad una nota speziata e mentolata. Vino, affinato in solo acciaio, dalla buona beva, discreta sapidità e mineralità, moderata persistenza.
Proseguiamo con i manicaretti della cucina che prevedono una parmigiana scomposta, con crema di melanzane, spuma di formaggio grana, olio al basilico, gelato al pomodoro rosso e chips di pomodoro, oltre ad un french toast con uovo cotto a bassa temperatura, spuma di formaggio, gelato di cipolla e cialda di formaggio.
Continuiamo gli assaggi con il “Profasio”, Valpolicella Superiore ottenuto da vigne selezionate di Corvina, Corvinone, Rondinella, situate nella parte più alta dell’azienda, le quali non effettuano appassimento. Un vino che affina diciotto mesi in botte grande e almeno un anno in bottiglia.
Nell’annata 2020 si presenta con note di frutta rossa matura, confettura, un tocco di sanguinella, cioccolato, liquirizia, noce moscata, pepe nero, con una fresca nota balsamica, per un sorso che mantiene beva e freschezza, buona mineralità, discreta sapidità, spalla acida, tannino abbastanza delicato e buona persistenza.
Abbiamo il piacere anche di assaggiare anche l’annata 2013, che denota un’esplosione di liquirizia, frutta sotto spirito, cacao, pepe nero, tocco ematico e ferroso. In bocca mantiene una buona freschezza, emerge la sua spalla acida, buona mineralità e discreta sapidità, corpo importante ma bilanciato, con un tannino discreto e buona persistenza.
Un abbinamento rispettivamente con un risotto ai funghi di bosco, con brodo di corteccia di betulla, spruzzata di erbe aromatiche, polvere di barbabietola e gelato ai porcini, seguito da un filetto di vitellino, su base di tartare di zucca, timo e riduzione di Amarone.
Sempre della linea classica assaggiamo l’Amarone 2015, ottenuto anche in questo caso dal blend di uve dei vigneti più alti della proprietà, a trecento e quattrocento metri sul livello del mare, un appassimento di circa centocinque giorni e tre anni di botte grande. Al naso si presenta con note di frutta sotto spirito, cuoio, liquirizia, cioccolato, tabacco dolce, tocco speziato, di noce moscata, note terrose e una costante balsamicità, per un sorso intenso, con un grande corpo e una discreta acidità freschezza a bilanciare, tannino ben presente, ricco in alcolicità, con una discreta beva e grande lunghezza.
Amarone che accompagna un dolce finale a base di una mousse di pino mugo con un cuore di lampone, gelato al tartufo, riduzione di Amarone, crumble di nocciola e scaglie di tartufo.
Un ringraziamento speciale a tutto lo staff Massimago per l’esperienza a trecentosessanta gradi in questo luogo di quiete e relax, che merita la maglietta numero 356.