Ophélie Lamiable, nel villaggio di Tours-sur-Marne, alla scoperta di questa realtà capitanata da Ophélie e supportata dal marito
23 Aprile 2022
Poche centinaia di metri da una delle più conosciute e famose maison di Champagne, Laurent-Perrier, nel paese di Tours-sur-Marne, si nasconde un piccolo borghetto del diciannovesimo secolo, dove oggi si trova l’azienda Ophélie Lamiable. L’accoglienza di Ophélie comincia con la spiegazione della storia della sua azienda, fondata dal bisnonno, il quale conferiva le uve alla, già citata, famosa maison limitrofa. Fu il nonno che, grazie alla pressa prestata da un amico, cominciò ad imbottigliare le prime bottiglie e il papà che consolidò la produzione, dal 1972, concentrandosi sulla produzione di Champagne, abbandonando quella che era l’altra attività parallela, legata all’allevamento di bestiame.
Ophélie, dopo aver vissuto con la mamma a Nizza è tornata nel piccolo villaggio natale all’età di vent’anni, un po’ incerta sul da farsi per il suo futuro lavorativo. La sua volontà era quella di lavorare nel mondo del vino, ma fu ampiamente scoraggiata dai vecchi professori, ammettendo che la chimica non era la sua materia preferita. Lo slancio in questo settore dopo aver frequentato una scuola ad Avize, per poter lavorare e condurre una cantina, colmando anche le sue lacune nell’ostica materia. Dal 2003 entro nella cantina di famiglia, per poi assumerne le redini dal 2006.
L’azienda Lamiable è composta da cinque ettari e mezzo, principalmente a Tours-sur-Marne, oltre ad un ettaro a Buzy, tutti con il comune denominatore di essere caratterizzati da terreni di gesso molto duro. In realtà anche il marito di Ophélie, Arnaud possiede due ettari vitati, le cui uve vengono vinificate nella vicina cooperativa, con l’idea, nel breve termine, di portare tutto il raccolto in cantina, dividendo i due brand in Lamiable e Lapis-Lamiable.
Complessivamente la produzione si attesta sulle sessanta/settanta mila bottiglie per anno e dopo un po’ di storia passiamo ad esplorare la cantina, che possiamo definire “diffusa”, con diverse stanze ognuna legata ad un processo della vinificazione. Partiamo dalla cantina sotterranea, dove affinano le bottiglie prima di essere sboccate per poi passare alle barricaie e alle stanze dove si trova l’acciaio, oltre a due uova di gres, che conservano rispettivamente del Pinot Nero e dello Chardonnay. Tra le varie vasche di acciaio una contiene la Reserve Perpétuelle con il vino che arriva all’annata 2014.
Le pratiche di cantina sono quelle tradizionali della zona della Champagne, con la pressatura di quattromila chili d’uva, una sedimentazione di dodici/ventiquattro ore, per la pulizia del mosto e la fermentazione che può avvenire nei diversi vasi vinari, con l’aiuto di un lievito selezionato da alcune sperimentazioni effettuate nel corso degli anni. Tra marzo ed aprile, di media, si imbottiglia. La cantina sembra grande e i contenitori molti, ma Ophélie Lamiable ammette che ogni anno sembra di giocare a tetris per sistemare tutto il vino nelle varie vasche, senza lasciarne di scolme, evitando in ogni modo l’ossidazione. Parlando di contenitori, con il suo ingresso in cantina, c’è stata una rivalutazione del legno e delle barrique, materiale che è stato negli anni smantellato dal padre. Quest’ultimo, che non ha mai “messo i bastoni tra le ruote” alla figlia, è rimasto un po’ perplesso dalla scelta, chiedendo alla figlia se fosse sicura, convinto di vedere in questo ritorno del legno un regresso e non un progresso.
Spostando lo sguardo ai vigneti, pur rimanendo in cantina, tutti i lavori vengono svolti da Ophélie, tranne la guida del trattore, e la conduzione è sempre più vicina alla conversione al biologico con l’utilizzo di rame e zolfo e tutta una serie di tisane, infusi a base di erbe, come ortiche, chilea, tarassaco, equiseto, cortecce. Tra i vari studi è stato svolto anche un corso sulle tecniche della biodinamica e negli anni qualche principio applicato, ma la produttrice non è ancora sicura dei risultati delle sperimentazioni, messe, per ora, in stand by.
Tornati alla sala degustazioni, una presentazione delle bottiglie della linea Lamiable, oltre alle due prodotte dal marito e una magnum che ogni anno viene prodotta con uve di quindici vignaioli e diciassette appezzamenti situati tutti nei Gran Cru Village. Gli assaggi cominciano con il “Souffle d’Etoiles” a base di uve 60% Pinot Nero e 40% Chardonnay dell’annata 2018 e un 40% di Reserve Perpétuelle con vini dal 2004 al 2021. Vino d’ingresso nel mondo Lamiable, con note delicate sia al naso sia in bocca, spunti floreali, sentori di gesso, una parte leggermente burrosa e vicina alla crosta di pane. Vino di beva, con una discreta acidità, non estremamente corposo e dalla bolla fine.
Lo stesso blend, ma dell’annata 2016 è il secondo vino “Graine d’Etoiles”, in questo caso senza residuo zuccherino, contro i quattro grammi del precedente. Qui spuntano sentori più tropicali, di ananas, banana, frutta più secca, per una maggior acidità e verticalità anche al palato.
Come anticipato anche il marito Arnaud è protagonista nell’azienda e si è catapultato nel mondo del vino ereditando dalla famiglia due ettari vitati, condotti dal padre. Dal 2010, convinto dalla moglie, dopo aver frequentato la stessa scuola ad Avize, si è cimentato anche lui nell’avventura vitivinicola.
Il terzo vino Ophélie Lamiable è il “Terre d’Etoile”, un Brut, con lo stesso blend del primo assaggiato, ma circa il doppio di grammi zucchero per litro. Qui troviamo un maggior corpo al palato e delle note al naso che si caricano di sentori floreali, come la ginestra, ma anche una maggior nota legata alla crosta di pane.
Passiamo al “Pheerie” uno Chardonnay millesimo 2015, il quale è stato il primo Champagne prodotto all’ingresso in azienda di Ophélie Lamiable, con i migliori grappoli di Chardonnay di Tours-sur-Marne. Al naso emerge una frutta bianca più polposa, note floreali, spunti gessosi, mentre al palato è più avvolgente, pur mantenendo una buona acidità, mineralità e lunghezza.
Prima di avviarci alla conclusione “Les Meslaines” a base di 100% Pinot Nero 2013, proveniente dall’unico appezzamento di Les Meslaines. Vino generoso al naso, con note di piccoli frutti rossi, erbe aromatiche, leggere note fumè, per un palato ricco in acidità, verticale, fresco e con una buona persistenza.
L’ultimo assaggio è di Rosè de Saignée “Hellades” 2015 ottenuto da uve Pinot Nero, che effettuano una macerazione sulle bucce di circa dodici/quindici ore per poi svolgere fermentazione alcolica e malolattica in barrique. Al naso emergono principalmente ciliegia e lampone, ma anche rosa canina e sentori speziati; in bocca ritorna quella frutta rossa percepita al naso, con un buon equilibrio, freschezza e pienezza nel sorso.
Parlando di futuro, si vuole tendere sempre più alla conversione in biologico, anche se sarà un processo molto lento e graduale, visto che le mani impegnate in Lamiable sono solo sei. Negli ultimi anni sono stati fatti anche dei rinnovi strutturali, sia investendo sugli spazi dedicati all’enoturismo, sia in termini di vasi vinari, sia comprando nuovi e più moderni trattori.
Bisognerà tornare a trovare Ophélie Lamiable, sperando riesca a convincere il marito a comprare qualche pecora, da lei tanto desiderata.