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sabato, 1 Aprile, 2023

Elio Ottin e l’azienda fondata a nome suo nel 2007, Neyves (Aosta)

Una splendida mattinata valdostana, a tu per tu con Elio Ottin, per scoprire la storia dell’azienda che porta il suo nome, fondata ufficialmente nel 2007

19 Novembre 2022

Elio OttinQualche curva più su di Aosta, in frazione Neyves, si trova il quartier generale di Ottin Vini e ad aspettarmi per una chiacchierata c’è il suo fondatore Elio Ottin, da cui l’azienda ha tratto il nome.

Ci troviamo in una realtà famigliare che ha da sempre avuto una parte di vigneti, le cui uve, fino al 2007, venivano portate in una vicina cooperativa. “In un momento di follia abbiamo deciso di fare il nostro vino, non per una scelta economica, o per problematiche sorte con la cooperativa, ma per la voglia di chiudere quel cerchio e vedere cosa usciva dalle nostre uve”.

Elio OttinLa voglia di vedere i risultati della produzione delle proprie uve sommata alla voglia di mettersi in gioco, sapendo inoltre di avere vigneti in posti vocati, era in controtendenza con l’esperienza di vinificazione, che non era mai stata appurata fino a quell’anno.

O è bianco o è nero, il grigio non mi piace e quindi, anche senza esperienza, siamo partiti da zero, di botta, PUM!

Gli studi di Elio Ottin sono stati in agraria, ma non avendo mai nemmeno sperimentato alcuna micro-vinificazione, nelle fasi iniziali, a supportare i vari processi sono stati fondamentali un amico svizzero e un piemontese, così da trasformare le uve in vino atto ad essere imbottigliato.

Fare il vino non è stato così difficile, vista la cura maniacale della vigna e le uve sane portate in cantina”.
La prima annata commercializzata è stata la 2007, nel pieno della crisi finanziaria, che ha avuto un impatto anche sulle vendite del vino, ma qualche amico ha creduto nel progetto e ha iniziato ad acquistare alcuni cartoni di vino; vino che, per fortuna, è piaciuto fin da subito e ha trovato un iniziale sbocco commerciale, mosso principalmente dal passaparola. Fortuna sì, ma molta attenzione alla qualità hanno fatto raddoppiare le venticinque/trenta mila bottiglie in pochi anni, posizionandosi come una realtà di riferimento in Regione, considerando che la media di bottiglie prodotto ogni anno per cantina è inferiore.

Elio OttinOggi troviamo dieci ettari vitati dove la vigna è uno dei core business, che però si affianca anche a quella che era l’attività principale di produzione di mele, sommata all’allevamento di mucche da cui ottenere formaggi, sia freschi sia stagionati.

Proveniente dal mondo frutticolo, dove non ci si può permettere di sbagliare, la filosofia di conduzione dei vigneti di Elio Ottin viene auto definita maniacale ed è finalizzata ad ottenere un’uva il più perfetta possibile, “Non puoi vendere una mela difettata, se lo è vale zero e questo concetto lo vogliamo applicare anche nei grappoli, pur avendo il margine di scartare qualche chicco durante la cernita”.

Quest’attività richiede sicuramente uno sforzo maggiore, con un impiego di ore/uomo più elevato di quello usuale. Negli anni si è passati ad una gestione BIO della campagna, oltre che nelle lavorazioni di cantina, pur non credendo a pieno nella certificazione. Il suolo viene gestito quasi tutto a mano, puntando alla pulizia della vigna e nelle parti più alte la zappa diventa uno strumento tanto pesante quanto fondamentale. Rame, zolfo ed oli essenziali, utili a stimolare la pianta in ottica preventiva, sono i due trattamenti principali, pur non essendoci grosse problematiche di oidio o peronospora, anche se quest’anno a dar fastidio alle vigne c’è stato un aumento di oidio.

Elio OttinTutte le lavorazioni sono finalizzate a portare un’uva sana in cantina, partendo dall’apparato radicale che è alla base dell’attività delle piante, pertanto da diversi anni non si utilizzano diserbanti o concimi chimici. Un cambio di mentalità graduale, in questo caso, che dopo un periodo di sperimentazione ha portato Elio Ottin alla conduzione della vigna come descritto poche righe fa. Un esempio che viene citato è quello dell’annata 2014, nella quale le vigne lavorate con un paradigma BIO sono risultate più sane di quelle lavorate in un’ottica di lotta integrata.

I dieci ettari sono dislocati principalmente all’interno del comune di Aosta, a Saint Christoph, Quart e un altro ettaro si trova a Saint-Denis, caratterizzati da terreni morenici, di origine glaciale, che nei vigneti possono cambiare anche da una decina di metri all’altra, essendo caratterizzati da una parte più o meno rocciosa, più o meno ricca di scheletro o di terra.

Uscendo dalla sala degustazioni si possono notare una parte degli alberi di melo presenti, oltre che alle mucche, circa una trentina, per una parte al pascolo ed alcune in stalla, avendo appena partorito dei vitelli. Da fine maggio a fine settembre vengono portate in alpeggio, così da trovare un nutrimento più ricco e produrre latte di qualità.

Elio OttinUn giretto anche in cantina, dove nella porta d’ingresso svetta il simbolo dell’azienda, ripreso da una scultura in legno acquistata alla Fiera di Sant’Orso (che si tiene ogni anno il 30 e 31 gennaio), il quale rappresenta un contadino che trasporta a spalla una barrique. Un tempo era consuetudine trasportare i vasi vinari a spalla, da una frazione all’altra.

Elio OttinVasche in acciaio, botti grandi, tini troncoconici e barrique a riempire i vari ambienti di vinificazione, processo che dipende dalle annate. Solitamente per le uve a bacca bianca si utilizzano lieviti selezionati per le fermentazioni e solo un’etichetta, di Petit Arvine, riposa anche in legno; per quanto riguarda i vini rossi le fermentazioni sono spontanee e viene utilizzato il legno in maniera molto accurata, tra barrique e botte grande.

Elio OttinRitornati alla sala degustazioni iniziamo ad assaggiare i vini prodotti da Elio Ottin, cominciando da due interpretazioni di Petite Arvine, rispettivamente 2021 e 2019, con il secondo vino che proviene dalla vigna più vecchia di questa varietà (circa trent’anni) vendemmiata in autunno inoltrato e talvolta colpita da una parte di botrytis. Il primo vino che affina in solo acciaio si esprime con la sua aromaticità al naso, con sentori di pesca gialla, note tropicali, ginestra, spunti erbacei, pepe bianco, salvia, per un sorso diretto, dritto, verticale, minerale ed un’alcolicità di 14,5% che non viene percepita, essendo già ben equilibrato.

Elio OttinIl secondo vino, che affina tra botte grande e barrique, sulle proprie fecce fini, aggiunge spunti di vaniglia, miele, accentuando speziatura ed erbe aromatiche. Più corposo e più morbido, mantiene comunque la sua spalla acida e aumenta in persistenza.

Elio OttinIl mondo dei rossi si apre con il blend tipico della Regione, Torrette 2020, interpretato da Elio Ottin in un blend di 80% Petit Rouge (del quale si vinifica solo il cuore del grappolo), 10% Cornalin e 10% Fumin, uve vinificate assieme ed affinate per un anno in botte grande. Spunta al naso la speziatura, ma anche i piccoli frutti neri, note vegetali, erbacee; dalla buona beva, buon equilibrio, fresco, ricco in sapidità, leggero tannino, delicato, minerale e abbastanza lungo al palato.

Elio OttinUno dei biglietti da visita dell’azienda è il Pinot Nero che assaggiamo nella sua versione 2020, blend di uve di tre vigne che affinano separate in barrique e una parte in botte grande. Caratterizzato da piccoli frutti rossi, fragolina di bosco, ciliegia, ma anche rabarbaro, spunti ematici, ferrosi, per un vino elegante, dalla buona freschezza, spalla acida, beva, sapidità, mineralità, tannino setoso e nel complesso abbastanza lungo al palato.

Elio OttinUn salto nell’autoctono Fumin, annata 2020, ultima uva che viene vendemmiata, di norma a metà ottobre, lasciata appassire in fruttaia per qualche settimana, prima di essere fatta fermentare e lasciar affinare un anno in botte grande. Vino dai sentori di frutti di bosco, spunti erbacei, note di rosa canina, ma anche note terrose e un sottofondo speziato. Caratterizzato da un maggior tannino rispetto agli altri, pur mantenendo buona acidità, mineralità e beva.

Elio OttinPunta di diamante dell’aziende è l’Emerico, nella sua annata 2019, un Pinot Nero dedicato al papà, ex cuoco e fondatore di una delle cooperative valdostane. Una produzione più limitata sia in vigna sia in cantina, con un affinamento maggiore rispetto al Pinot Nero assaggiato precedentemente, di circa due inverni in barrique. Elegante al naso con note di piccoli frutti rossi, melograno, ribes, ciliegia, ma anche rabarbaro, china, spezie dolci, per un palato fresco, di beva, dalla buona spalla acida, sapido, minerale, tannino estremamente fine e buona persistenza.

Il Pinot Nero è la prima varietà che si vendemmia e uno o due giorni fanno la differenza, è quello che mi crea più stress, ma dà anche le più grandi soddisfazioni”.

Elio OttinPrima di riprendere il cammino un’ultima curiosità su un vino che sta per essere riproposto nella nuova annata, visto il termine repentino delle scorte: il Clairet. Di lui si è letto qualche testimonianza sul trattato di ampelografia di Lorenzo Francesco Gatta nel quale lo descriveva come un vino prodotto tra Svizzera e Francia con nove parti di uve Nebbiolo e una di vitigni autoctoni, come il Fumin e Petit Negret.  Nel 2016 la prima annata prodotta, una sola barrique, mentre nel 2018 sono state imbottigliate milleduecento bottiglie, con uve Nebbiolo al 90% e Neiret, entrambe appassite in fruttaia per qualche mese; oltre ad affinare due anni in barrique e uno in bottiglia. Sicuramente un vino, con un’importante eredità, da assaggiare!

Elio OttinPer il futuro ci saranno anche le vinificazioni di due internazionali su cui l’azienda ed Elio credono molto, uno Chardonnay e un Syrah. Non vendendo l’ora di assaggiarli per Elio Ottin maglietta numero 202.

 

 

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