Pedrotti, tra grotta di affinamento delle riserve e delle Cuvèe e degustazione delle bollicine Metodo Classico guidati da Chiara
26 Marzo 2022
La scoperta dell’azienda Pedrotti, situata a Nomi, poco più su di Rovereto comincia con gli assaggi delle bottiglie prodotte, circa settantamila per anno, suddivise in dieci diverse etichette.
La degustazione guidata da Chiara Pedrotti, causa covid, avviene nella sala adibita nel corso dell’ultimo anno, a discapito del luogo più suggestivo di questa realtà, che poi vedremo.
Si comincia con i vini definiti “classici”, i più giovani di sboccatura, che viene fatta dopo almeno trentadue mesi di risposo sui lieviti e, ottenuti dalle stesse uve 100% Chardonnay; si differenziano semplicemente dal dosaggio che è di otto grammi litro per il Brut e solo mezzo grammo per il Pas Dosè.
Il primo presenta sentori legati più alla mela gialla, fiori, con alcuni spunti di erba secca, fieno, una leggerissima crosta di pane, mentre il secondo è più legato alla mela verde, note agrumate ed erbacee. In bocca sono entrambi freschi con una bolla abbastanza fine, minerali e il secondo si contraddistingue con una maggiore percezione acida, verticalità, quasi tagliente al palato.
Il terzo vino è definito il “testimone della cantina”, essendo l’etichetta più rappresentativa, la quale riprende la prima versione di bollicina prodotta con uve 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero affinata almeno quarantotto mesi sui lieviti. Un Brut 2016 con sei grammi litro di residuo zuccherino che esprime sentori di mela più matura, leggeri spunti di piccoli frutti rossi, fiori bianchi, gelsomino, note di liquirizia, timo per ritrovare in bocca una buona spalla acida, pienezza nel gusto, bolla più fine, buona mineralità e buona sapidità.
Anche di questo assaggiamo il fratello “Zero”; ovviamente si parla di un Pas Dosè di uguale blend, millesimo e periodo di affinamento. Al naso emergono sentori più delicati, con note di fiori bianchi, mela più verde, spunti gessosi, note erbacee, mentre in bocca la bolla si mantiene fine, la percezione di acidità è maggiore del precedente, buona mineralità, verticale, ma comunque più equilibrato del precedente dosaggio zero, grazie anche ad un maggiore affinamento sui lieviti.
Una parentesi sui vigneti, di cui Pedrotti possiede due ettari e le uve utilizzate per le vinificazioni delle basi spumante arrivano gran parte dalla Vallagarina e in caso di necessità dalla vicina Val di Cembra, contando in entrambi i casi di diversi partner storici e fidelizzati.
Un tocco di colore con il Rosè, ottenuto da uve 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero, affinamento di quarantotto mesi sui lieviti e otto grammi di residuo zuccherino. Qui si passa a spunti di piccoli frutti rossi, fragoline, pesca, note di violetta per un palato delicato, dalla bolla fine, fragrante, con la costante mineralità e buona acidità, oltre ad una maggior persistenza.
I millesimati trovano la loro conclusione con un Demi Sec, quaranta grammi zucchero per litro, che in questo caso saltiamo per far spazio ad una delle riserve prodotte.
Quella assaggiata è la “111” dedicata ai tre attuali protagonisti principali di Pedrotti: papà Paolo, Chiara e Donatella; circa mille bottiglie prodotte con uve 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero e un affinamento di almeno sei anni sui lieviti. Un dosaggio zero, prodotto per la prima volta nel 2012, che in questo caso ha visto la sua sboccatura nel dicembre 2021 e presenta sentori di frutta matura, agrume, leggere note di frutta secca, erbe officinali, spunti mentolati. La bolla è fine, buona spalla acida, anche se è un dosaggio zero si presenta meno verticale del precedente, l’affinamento dona rotondità ed equilibrio, mineralità e sapidità sono costanti.
Le altre riserve sono “8040” per celebrare gli ottant’anni di Paolo e i quaranta di attività spumantistica del Metodo Classico; 100% Chardonnay, affinamento di almeno ottantaquattro mesi sui lieviti e solo quattrocento bottiglie prodotte.
La riserva “12”, che affina almeno dodici anni sui lieviti, ottenuta da uve 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero, con il concetto di richiamare le ore 12:00, quelle del pasto, un pasto complesso che si adatta all’abbinamento con questa tipologia di bollicina.
Infine un vino del 1988 che viene sboccato su richiesta, di cui ne è stata approfondita l’origine nella seconda parte della visita.
Finiti gli assaggi ci dirigiamo ad esplorare la grotta, poco distante dalle rovine del castello di Nomi, all’interno della quale, ancora oggi, affinano parte dei Metodo Classico prodotti, prima di essere sboccati. Un ambiente suggestivo, con una temperatura costante che varia solo di un grado tra estate ed inverno, rispettivamente quattordici e tredici gradi nella quale si può notare anche la conformazione del sottosuolo, caratterizzato da roccia e alcune tracce di una particolare stratificazione chiamata “pesatella”.
Una roccia marina, che diversi milioni di anni fa, ha incluso in sé pesci e conchiglie, trovandoli oggi non in forma fossile ma sostituiti dal calcare, pur mantenendone la forma ben visibile.
E’ il posto più suggestivo dove parlare di storia e quella di Pedrotti risale al 1901, quando il bisnonno di Chiara, Emanuele iniziò a produrre vino principalmente sfuso, ma fu nonno Italo ad imbottigliare le prime bottiglie di Marzemino e Teroldego. La creazione dell’attuale cantina, composta da grandi vasche in cemento, via via sostituite, risale agli anni ’50 e nei decenni successivi Pedrotti è diventata una delle più grandi cantine private della zona.
Alla fine degli anni ‘70 uno dei sei figli di Italo, cinque maschi e una femmina, ebbe l’intuizione di investire nella produzione di spumanti Metodo Classico. Stiamo parlando di Paolo, il papà di Chiara e Donatella, che per ovviare il problema dello spazio per affinare le bottiglie, acquistò nel 1978 una particella fondiaria all’interno della quale sorgeva una grotta, che durante la seconda guerra mondiale fungeva da riparo per gli abitanti del paese di Nomi.
Paolo iniziò questa produzione, un tempo meno usuale di oggi, per la sua passione rispetto al mondo delle bollicine e per soddisfare alcuni amici che con lui la condividevano. Con il tempo l’attività prese sempre più piede e verso la metà degli anni 2000 l’azienda Pedrotti ha visto l’ingresso della sua quarta generazione, con le figlie Donatella e Chiara, le quali hanno concentrato le loro energie nella produzione di vini spumanti Metodo Classico.
Già in parte anticipata una curiosità degli anni ’80, esattamente nel 1986, è stata la produzione di diciassettemila bottiglie di Metodo Classico che sono state sboccate diversi anni dopo, offrendo ancora oggi la possibilità di bere un vino con più di trent’anni sulle spalle, anche se ne sono rimaste ormai poche centinaia.
Un focus sulle bollicine di montagna Trento DOC che fa meritare la maglietta 157 a Chiara!