Una mattinata di pioggia in compagnia di Sauro Maule, nella sua azienda Il Cavallino, immersa tra i Colli Berici
02 Marzo 2024
Una mattina di pioggia torrenziale ci porta ad incontrare Sauro Maule, nella sua azienda Il Cavallino, situata a San Germano dei Berici, località immersa proprio tra i Colli Berici, in provincia di Vicenza.
I primi elementi a balzare all’occhio sono decisamente il poni, Lea, che scorrazza vicino ai vigneti a corpo e la via in cui è nata l’azienda, Via Cavallo, da cui ha preso il nome.
Gli animali in famiglia non sono mai mancati, poiché papà Lino si è occupato da sempre dell’allevamento di tori da carne, costituendo negli anni due principali stabilimenti, uno a Pavia e uno a San Germano, dove sono state acquistate le terre in cui ci troviamo, nel corso degli anni ‘80. Sauro, dopo gli studi in agraria nella vicina Lonigo, ha supportato il padre nei lavori di campagna all’interno dello stabilimento di Pavia, anche se la strada dell’allevamento non era proprio quella per lui maestra. Amante degli animali, dopo averli cresciuti ed accuditi, non gli voleva riservare il destino del macello!
Tornando a papà Lino, scopriamo che le sue origini sono di Selva di Montebello e uno dei suoi amici d’infanzia, con cui suonava da giovane, era un altro Maule, Angiolino. I due si sono persi per anni, fino a ritrovarsi a parlare di vino e vigneti, quando Sauro Maule ebbe l’idea di iniziare questa nuova avventura nel 2010, forte dei suoi studi ed esperienza di campagna e cessando l’attività di allevamento di bestiame.
Dal punto di vista della cantina e delle vinificazioni si presentò un mondo totalmente nuovo, imparando passo dopo passo come trasformare l’uva in vino grazie all’aiuto e supporto di Angiolino Maule.
Nel DNA di famiglia c’è comunque sempre stata una percentuale legata all’allevamento della vigna, con uve che venivano trasformate per consumo personale. Lino e i nove fratelli e sorelle vivevano in una realtà tradizionale, dove, oltre al bestiame, c’erano seminativi, grano e vigneti. Le prime vinificazioni e prove di imbottigliamento sono state effettuate grazie alle vigne di Selva, ereditate dalla famiglia, per poi cominciare a guardarsi intorno ed affittare alcuni vigneti, partendo da Grancona, dove erano presenti vecchie piante di uva a bacca rossa.
Per cinque anni le vinificazioni sono state portate avanti nella cantina di Angiolino Maule, adottando la filosofia del produttore, di ottenere vini in maniera il più sostenibile possibile, cercando di avere un minor impatto sull’ambiente. Durante questo periodo si concretizzò sempre di più l’idea di arrivare a creare un lavoro a tempo pieno per Sauro Maule, potendo vinificare le uve in una cantina di proprietà.
Così, dopo una serie di autorizzazioni e permessi, si iniziarono i lavori di trasformazione di una delle vecchie stalle che ospitavano i tori in cantina di vinificazione.
Lavori che si sono conclusi nel 2016, permettendo così la prima vinificazione ufficiale nel 2017. Nel frattempo, anche gli ettari vitati sono cresciuti, acquisendo nel 2015 parte di una vecchia vigna della zia a Gambellara, con piante ultra cinquantennali di Garganega, oltre a trasformare tre ettari e mezzo di prati a corpo, precedentemente dedicati al bestiame, in vigneti di Tai Rosso e Merlot. Tra il 2018 e 2019 è stata acquisita tutta la vigna della zia, spartita tra Sauro e Angiolino, così da arrivare ad un totale di otto ettari vitati di proprietà (lasciando gli affitti iniziali), tra varietà bianche e rosse, in circa uguali parti. Quattro sono a corpo, mentre gli altri tra Gambellara e Montebello. L’idea di base è quella di lavorare con vitigni della zona, anche se è stata piantata una discreta quantità di Merlot (forse per un’iniziale inesperienza), pur soddisfatti dalla sua espressione, che cambia da zona in zona. A completamento degli appezzamenti vitati è previsto un nuovo impianto di cinquemila metri di Tai Rosso, proprio all’ingresso della proprietà.
I terreni dove sorgono i vari vigneti sono di diversa entità e formazione; attorno alla cantina prevale una roccia bianca, di origine calcarea, mentre a Montebello e Gambellara troviamo un substrato vulcanico, con rocce più scure. A Gambellara, nella zona dei creari, si possono individuare alcune insenature calcaree.
Fin dall’inizio i trattamenti effettuati da Sauro Maule sono stati a base di rame e zolfo, oltre a prodotti corroboranti quali alghe, propoli, estratti di arancio, al fine di stimolare le piante a difendersi in maniera sempre più autonoma dalle avversità. Il grande lavoro che è stato portato avanti ha visto una diminuzione delle quantità dei prodotti di copertura, favorendo un equilibrio della pianta, con una grande presenza in vigna, gestendo la vegetazione, sempre nell’ottica di aiutare le piante ad autoregolarsi.
Le concimazioni vengono effettuate con letame proveniente delle stalle vicine, fatto fermentare almeno un paio di anni. Si utilizza anche il sovescio, solo in alcune zone e dove necessario, un’altra competenza acquisita nel corso degli anni e grazie anche alle varie sperimentazioni portate avanti assieme all’associazione Vinnatur, che da sempre si batte per la riduzione dei trattamenti, fattore impattante anche in termini economici.
In cantina la filosofia è quella che si cerca di adottare in vigna, ovvero essere meno invasivi e meno interventisti possibile, con un’idea di vinificazione “naturale”, ovviamente senza lasciare l’uva abbandonata a sé stessa. Per ogni vendemmia viene effettuato un pied de cuve al fine di avere una fermentazione il più “pulita” possibile, con un 5% della massa che viene raccolta cinque/sette giorni prima della regolare vendemmia.
Senza l’utilizzo di lieviti e sostanze aggiunte, viene richiesta molta più attenzione e l’unica arma a disposizione è il monitoraggio, anche grazie alle analisi di mosti e vino, senza avere un protocollo standard.
Tendenzialmente se l’uva è sana non si aggiunge solforosa, anche se il pensiero di Sauro Maule non è estremista, non ritenendo che questa sia “un demone” e tendendo aperta la porta in caso di uva che ha subito alcuni agenti atmosferici dannosi, come la grandine.
Non sempre le fermentazioni vanno “come da manuale”, ma dipende dall’annata, PH, acidità, zuccheri, dovendo così assecondare i vari fattori e affrontare vendemmia per vendemmia, cercando di trovare punti di forza e di debolezza. Di norma non si utilizza nemmeno l’aiuto del freddo, anche se nelle prime uve raccolte, per esempio le piccole parcelle di Chardonnay e Pinot Grigio, non ci si impedisce di usare questo aiuto, principalmente per ovviare alle alte temperature di agosto, mese in cui vengono vendemmiate, preservando così i precursori aromatici. L’idea è comunque di abbandonare tali varietà, parte dell’uvaggio del vino “base”, il “Granselva”, così da non utilizzare nemmeno più il freddo.
Nel 2023 si è raggiunto il punto massimo di produzione della cantina di Sauro Maule, circa quarantamila bottiglie, divise in otto etichette.
Tra le fila delle referenze troviamo due rifermentati: il bianco “Sgass” a base di Garganega e Durella e il rosato “Sgass Rosè” con uve di Merlot e Tai Rosso pressate. Entrambi sono rifermentati con il mosto congelato della stessa vendemmia, a base di Garganega.
I tre bianchi fermi sono “Granselva”, con uve Garganega e Durella (senza più utilizzare le internazionali Chardonnay e Pinot Grigio), pressate direttamente e vinificate in solo acciaio; “Pri” (dal nome figlia Priscilla), una selezione di Garganega 100%, da vigne vecchie, vino ottenuto dalla macerazione di tre giorni delle uve e un affinamento per la maggior parte della massa in legno da quindici e venti ettolitri. Nelle annate dove la Garganega è ben matura viene prodotto l’“Oran-G”: risultato di sei mesi macerazione in un sempre pieno di acciaio e un anno in botte da dieci ettolitri. Ad oggi è stato prodotto in sole due annate 2017 e 2020. Sauro ammette che non ha mai amato le macerazioni lunghe, trovando vini che si somigliavano molto, senza trasmettere la territorialità e l’espressione del vitigno. Una teoria che è stata sperimentata con i suoi vini, ottenendo risultati contraddittori e sorprendenti nella pratica, avendo prodotto un vino fine, delicato, senza ossidazioni, di grande beva e un richiamo a vitigno e territorio.
Concludiamo con i tre rossi fermi: “Ca’ Lombarda”, (nome attribuito in ricordo dei vigneti del primo rosso prodotto nel 2011), con uve Merlot e Tai Rosso, lasciate due/tre giorni a contatto con la buccia, facendo finire la fermentazione solo del mosto fiore, oltre ad una massa ottenuta da uve immediatamente pressate e una terza parte di uve vinificate ad acino intero. Vino che riposa in solo acciaio, punto d’ingresso tra i rossi di Sauro Maule, caratterizzato da beva e freschezza.
Sono prodotte anche due selezioni in rosso, rispettivamente di Tai con il “My Tai”, dipende dall’annata, e il “Peter Pan”. Le uve di Tai restano a contatto quindici/venti giorni sulle bucce, in acciaio, dove avviene la fermentazione alcolica, per poi passare in botti grandi, per un periodo di sette/otto mesi. Il secondo vino è a base di Merlot in purezza, con il nome dedicato al figlio Pietro; anche in questo caso nelle annate che lo permettono si raccoglie un Merlot ai limiti della surmaturazione, ad ottobre, il quale viene lasciato in macerazione per una ventina di giorni e un affinamento di sette/otto mesi in legno grande.
Tutti i vini vengono imbottigliati prima della vendemmia successiva.
Uno sguardo alla cantina fa scoprire più da vicino il mondo dell’azienda, che gode di buoni spazi, dove si incontrano l’area di vinificazione ed affinamento in acciaio oltre alla barricaia, all’interno della quale a farla da padrone sono botti di medio-grande formato.
Una curiosità sulle etichette è che hanno cambiato aspetto dalla prima versione raffigurante un cavallo, disegnata con alcuni amici. Dal 2014 troviamo un’etichetta più pulita, che vuole rispecchiare la filosofia di lavoro in vigna e cantina. Assieme ad un amico fotografo si è pensato un simbolo costituito da cerchi concentrici, dal più piccolo al più grande che ricordano il risultato di un processo. Un processo che racchiude terreno, clima, tempo, zona, vigna, cantina, al fine di arrivare al risultato che è quello del vino in bottiglia. Ogni colore del cerchio si avvicina al colore del vino che si trova al suo interno, per dare al consumatore finale un’indicazione di cosa andrà a bere.
Dopo le chiacchiere e prima di riprendere la marcia, sotto alla pioggia, un paio di assaggi che cominciano con la Garganega 2020 “Pri”, una delle ultime cento bottiglie di questa annata (sarà poi commercializzata la 2022, non essendo stata prodotta la 2021). Al naso presenta profumi intensi di frutta disidratata, albicocca, con un’alternanza tra fiori bianchi e gialli, gelsomino, tiglio, un tocco erbaceo e uno spunto sulfureo. In bocca una buona beva, discreta spalla acida, freschezza, mineralità, sapidità, una discreta persistenza e un leggero tocco di tannino finale.
Passiamo ad uno dei rossi più rappresentativi dell’azienda e del territorio, il Tai Rosso “My Tai” 2021, dal quale emergono note fruttate di lamponi, frutti rossi, rosa canina, un tocco di cipria e rossetto che lasciano poi spazio a spunti speziati e di grafite. Un’annata molto generosa con la gradazione alcolica, di 14,5%. In bocca un’iniziale morbidezza e corpo lasciano spazio alla spalla acida, buona sapidità, oltre ad un piacevole tannino finale, che accompagna una buona persistenza.
Un ringraziamento a Sauro Maule, che merita la maglia 307!