Vedova Tarcisio, in compagnia di Nicola e dello zio Flavio alla scoperta dell’azienda e dei processi di vinificazione del Prosecco
20 Marzo 2021
Siamo di fronte ai 106,7 ettari del Cartizze, a Saccol, una località di Valdobbiadene, nell’azienda agricola Vedova Tarcisio, guidata da Flavio Vedova e dal nipote Nicola, che mi guida alla scoperta della loro realtà!
“Neanche mio nonno si ricorda da quanto tempo viene fatto il vino in famiglia” questa la frase con cui mi accoglie il giovane Nicola, laureato in enologia e nuova generazione dell’azienda di famiglia.
Tarcisio Vedova è proprio il nome del nonno di Nicola e la tradizione vinicola si riconduce al nonno dello stesso Tarcisio, che nei primi del ‘900 era mastro bottaio e riforniva le aziende del territorio con quelli che erano i vasi vinari principali dell’epoca. Suo figlio Romano, invece, è stato uno dei soci fondatori della Cantina Sociale di Valdobbiadene; fino ad arrivare a Tarcisio che ha iniziato a costruire l’attuale azienda ed imbottigliare il Prosecco.
La storia vuole che acquistando un’auto a Varese, regalò due bottiglie al titolare del concessionario che, entusiasta del prodotto, iniziò a recarsi a Valdobbiadene ogni anno ad acquistare il prosecco, prima con poche damigiane poi con furgoni da riempire. Varese resta tutt’ora un importante polo di vendita dell’azienda.
Ad oggi l’azienda Vedova Tarcisio è in mano principalmente a Flavio e Nicola e conta circa cinque ettari dislocati tra Saccol e San Giovanni, oltre ad avere alcuni conferitori per la produzione di Cartizze (una zona dove una volta avevano un vigneto di proprietà, perduto nel 2013 per vicende ereditarie).
La produzione è di circa centoventimila bottiglie per anno, oltre a ottantamila per conto di aziende terze che non possiedono l’impianto di spumantizzazione. L’azienda è infatti completa di tutta la filiera dal 2007, dalla pressatura dell’uva all’imbottigliamento ed etichettatura.
Seguono una filosofia che secondo Nicola è parallela al marketing, per la quale non si vuole essere biologici solo per un fattore commerciale, o semplicemente “solo perché fa figo”. L’azienda lavora in modalità convenzionale ragionata, con certificazione SQNPI da quest’anno, utilizzando trattamenti legati all’agricoltura biologica, come l’utilizzo di insetti antagonisti e la confusione sessuale per combattere tignola e tignoletta, senza impedirsi di poter agire con trattamenti convenzionali in caso di bisogno.
Ogni fazzoletto di terra ha le sue caratteristiche, ma rispetto alle zone di Col San Martino e Colbertaldo l’origine di questi terreni si riconduce a quella delle dolomiti, con fondali emersi caratterizzati da massi rocciosi, per questo non è raro trovare qualche fossile.
Nel lembo di terra del Cartizze, è presente una buona dotazione di arenaria, che infonde nei vini un aroma più ricco, di media struttura, ma con una sorprendente mineralità e sapidità.
L’azienda Vedova Tarcisio è stata citata dal Cervim come azienda che produce vini da viticoltura eroica, un motivo in più per far capire al cliente finale l’essenza del prosecco e le difficoltà per produrlo.
Chiacchierando ci spostiamo in cantina, la quale nel 2018 è stata ampliata e sono state acquistate vasche in cemento da cento ettolitri, dove l’uva arriva dopo una pressatura, con pressa aperta per scelta. Il cemento è stato preferito rispetto all’acciaio, grazie anche all’esperienza di lavoro di Nicola, nel 2017, presso un’azienda siciliana dove ha potuto testarne l’efficacia. Un vaso vinario rettangolare dove la feccia è distribuita uniformemente sul fondo, con una migliore inerzia termica e migliore micro-ossigenazione; tutte
caratteristiche che permettono di effettuare meno travasi e, conseguentemente, ridurre l’utilizzo di solforosa.
Le vinificazioni seguono le normali procedure, con una flottazione veloce dove si ottiene una prima pulizia del mosto per poi passare, dopo circa due ore, alla svinatura e l’immediato inoculo dei lieviti selezionati per far partire la fermentazione. Non viene filtrata la feccia per ottenere più massa, ma così facendo si evita il potenziale rilascio di metalli pesanti lasciati dalla farina fossile dei filtri e si ottengono vini più longevi e di qualità.
Le uve provenienti dai vari appezzamenti vengono vinificate singolarmente per capirne l’essenza e creare la giusta cuvée. Una caratteristica dell’azienda è quella di effettuare dei battonage di alcuni vini base, una o due volte a settimana, a seconda della destinazione d’uso della base stessa. Una volta determinate le masse destinate ai singoli vini attorno al mese di Gennaio, nel caso del Cartizze e dell’Extra Dry si evitano, al fine di far emergere i profumi e mantenere vini esili e privi di sentori di lievito; per il Brut si effettuano fino a
marzo circa, mentre per il Sui Lieviti si terminano a fine aprile.
Dopo aver scoperto il processo di vinificazione un assaggio dalle vasche, partendo dall’Extra Dry che si presenta velato, con dei caratteristici riflessi verdolini, vino esile ma non magro, verticale e con una buona acidità finale.
Il Brut entra in bocca già più cremoso ed ampio, con sentori più floreali, più sapido rispetto al primo, ma con un’acidità inferiore; si potrebbe definire rotondo ma non grasso!
Tocca poi alla base per il Rifermentato, primo anno che verrà prodotto dal singolo vigneto Col Croset, totalmente esposto a sud, a cinquanta metri dal Cartizze; una base più complessa dove emergono sia sentori floreali sia fruttati ed in bocca è più “croccante” degli altri, con una mela che invade il palato.
Le uve dedicate a questo vino vengono raccolte dopo le altre per ottenere un prodotto più maturo e complesso e il terreno presenta un mix di metalli ferrosi, con argilla e calcare che infondono la sapidità, oltre all’arenaria, che giova la finezza dei profumi.
Prima di passare ad aprire le bottiglie, un passaggio nell’impianto di spumantizzazione e il test dell’Extra Dry a metà del processo. Un’esperienza mai provata prima, con un bicchiere che si riempie di schiuma ed un tripudio di profumi di fiori bianchi e pera che si sprigionano. Un processo che dura in media dai trenta ai quaranta giorni.
Dopo aver toccato con mano ogni passaggio della vinificazione, arriviamo alle bottiglie dell’azienda Vedova Tarcisio, nella saletta degustazione. Brut 2020, ancora da etichettare, un’anteprima del 7 grammi litro di casa Vedova Tarcisio, dai sentori di fiori bianchi, dal glicine al tarassaco e un sottofondo di pesca bianca con un leggero agrume.
In bocca gode di un buon equilibrio con una buona sapidità e persistenza.
L’Extra Dry 2020, anche questo da etichettare, con i suoi 14 grammi/litro di zucchero, ben equilibrati e sostenuti dall’acidità, percepita già prima nelle vasche di cemento. Un buon bouquet fruttato, con note di mela, pesca ed albicocca, una buona freschezza e persistenza in bocca.
E’ l’ora del Cartizze dai suoi profumi avvolgenti di albicocca, mela gialla, una macedonia di frutta fresca che riportano poi ad una velata pasticceria. Un grado zuccherino di 21 g/l che è ben equilibrato e non stucchevole, per un vino armonico che riempie il palato, ma lo lascia pulito grazie alla sua acidità e sapidità.
Tutti e tre i vini presentano una bolla fine, avvolgente e non invadente, che va a completare una beva piacevole ed invitante.
Una conclusione con il vino della tradizione, il Colfondo, dalle note più accentuate ed intense di mela e pera mature e i ricordi in sottofondo di una crosta di pane. Un vino pieno, che non stanca, dalla bolla leggermente più grezza ma piacevole, con note minerali e una buona acidità a supporto.
Fare il prosecco in queste zone non è banale, il terreno è impervio, le attenzioni devono essere maniacali in tutte le fasi, ma solo così si possono ottenere prodotti di eccellenza,
che siano rappresentativi del territorio e possano tramandarsi di generazione in generazione.
Maglietta numero 22 a Nicola e la promessa di organizzare un nuovo appuntamento, anche con lo zio Flavio.