Champagne Person, in compagnia di Ludovic all’interno del Clos Des Belvals, nel paese di Blancs-Coteaux, a Vertus
23 Aprile 2022
Un’ultima tappa in Champagne assieme a Ludovic, ambasciatore di questo territorio, sommelier e appassionato di storia; in quella giornata nelle vesti di guida alla scoperta di Champagne Person, nell’ettaro di proprietà all’interno del Clos Des Belvals a pochi passi da Vertus, nella Côte des Blancs.
Questa realtà appartiene a Dominique, un personaggio descritto come “ragazzone che ha ricevuto un dono da giovane”, dono che, approfondendo i discorsi con Ludovic, sembra essere quello di avere delle doti sensitive. Un tema ricorrente nella nostra chiacchierata!
Dopo due generazioni di venditori di uve a grandi maison, la storia più recente di Champagne Person comincia con il padre di Dominique, un vignaiolo di Vertus che produceva in maniera “convenzionale” sia uva sia alcune bottiglie. Dominique ha ribaltato la filosofia aziendale prediligendo sia nei lavori in vigna sia in cantina quanto può essere più favorevole alle piante per avere come risultato un vino tanto più favorevole per l’uomo, “evitando le cattive vibrazioni”. Il Clos dove ci troviamo è originariamente appartenuto ad un ordine monastico ed acquistato dalla famiglia nel 2006, rivalutandolo e migliorandone di continuo le caratteristiche.
Clos Des Belvals rappresenta una piccola parte dell’azienda Champagne Person, che trova la sua sede principale ad Epernay, con una cantina di addirittura due chilometri, in fase di restauro. Uno spazio che, dalle foto mostrate, sembra essere una sorta di cattedrale, con finestre colorate e richiami religiosi di diverse entità. All’interno è stato costruito anche un piccolo tempio per la meditazione. Dominique sembra non essere cristiano, nemmeno buddista e all’interno dei suoi ambienti presenta anche elementi legati alla religione egizia, un mix di divinità che ha dato origine alla sua figura spiritica.
In cantina si utilizzano sia vasche d’acciaio sia botti, il cui legno viene scelto personalmente da Dominique, direttamente dalle piante, abbracciandole per sentire se queste sono pronte per donare il giusto materiale per l’affinamento dei suoi vini. Vini che sono prodotti “nel modo più puro possibile”. In seguito alla pressatura, unico processo dove si utilizza un minimo di solforosa, la fermentazione avviene in maniera spontanea e Dominique “chiede al vino di non effettuare la fermentazione malolattica”. Dopo un affinamento che si decide di anno in anno, nel rispetto dei vari cicli lunari, le bottiglie non effettuano alcun remuage, ma vengono messe in punta direttamente. Il dégorgement viene chiamato “sacralisation” e, in seguito a questo “rito”, si colmano le bottiglie con una liqueur precedentemente preparata da Dominique in tonneau.
Curiosità che dal Clos, qui si producono una media di duemilacinquecento bottiglie per anno, tutte a base di uve Chardonnay, con un affinamento minimo di quindici anni e un prezzo a tre cifre con un cinque davanti agli altri due numeri.
Gli altri ettari vitati, circa una decina, sono dislocati tra la Côte des Blanc e Ay, dove si trova il Pinot Nero. Le lavorazioni sono tutte biologiche e legate ai principi della biodinamica, fin dai primi anni 2000. ed oltre a poche quantità di rame e zolfo, si utilizzano estratti e tisane di piante come salvia, ortica, equiseto. I terreni, lavorati per una gran parte con il cavallo Hermes, sono abbastanza omogenei, con quindici/venti centimetri di terriccio accumulato negli anni, per poi lasciare spazio ad un gesso frastagliato e a zone con maggior presenza di calcare.
Tra le chiacchiere un assaggio di un’unica bottiglia di Champagne Person “L’Audacieuse” Extra Brut, uno Chardonnay 100% proveniente dalle vendemmie 2014 e 2015, che affina come minimo quattro anni sui lieviti. Vino fresco, dalle note di mela, fiori bianchi, spunti agrumati, leggera uva passa, note leggermente burrose, con una buona beva, bolle fini, ben minerale, sapido e con una discreta acidità e persistenza.
L’altra etichetta prodotta, oltre alla già citata punta di diamante che porta proprio il nome del Clos, è un Rosè, per un totale di circa trentacinquemila bottiglie, anche se, visti gli ettari di proprietà in produzione, la capacità sarebbe di ben oltre il doppio.
Nel Clos svetta una villa che è stata adibita a struttura ricettiva, con sei camere ed ambienti condivisi messi a disposizione per gli ospiti, che possono godere di pace e tranquillità all’interno di queste mura. Uno sguardo ad alcune camere fa percepire la cura nel minimo dettaglio e il lusso che le contraddistingue (che potrebbe essere in controtendenza alla spiritualità tanto elogiata).
Dopo aver visto la parte interna è d’obbligo un giro nel Clos, contornato da varie piante e fiori che ne rendono ancora più bello il paesaggio. In realtà i Clos sono due e si dividono in Grand Clos, dietro all’abitazione e Petit Clos, davanti alla villa, con alcuni filari che possono sembrare più ornamentali che altro. Le mura, costruite dai monaci per salvaguardarsi da possibili invasori vanno a proteggere tutta la proprietà; strutture che fungono anche da riparo per i vigneti sprigionando, nell’orario notturno, il sole incamerato durante il giorno, riducendo l’impatto di potenziali glaciazioni.
Purtroppo non c’è stata occasione di conoscere Dominique, impegnato in cantina ad “energizzare il vino contenuto nei bancali pronti per essere venduti”, ma sicuramente ci sarà l’occasione di tornare a vedere la struttura di Epernay.