In compagnia del giovane Jacopo all’interno di un borgo d’altri tempi, dove sorge l’azienda Fessina
08 Luglio 2022
Una strada tra i vigneti, se non la si sbaglia come è successo a me, fa raggiungere un posto d’altri tempi, un borgo risalente ai secoli scorsi, nel quale oggi sorge l’azienda Fessina.
Siamo in Contrada Moscamento a Rovitello, nella tenuta fondata da Silvia Maestrelli, una toscana innamoratasi di queste terre che, nel 2007, è riuscita ad acquistare il borgo e i terreni vitati adiacenti, addirittura da dodici proprietari diversi. Silvia ci ha lasciati all’inizio del 2022 e oggi alla guida di Fessina c’è il giovane Jacopo, in azienda dal 2014, dopo gli studi a Pollenzo, ereditando fin da subito lo spirito e la filosofia aziendale.
Con lui andiamo a dare uno sguardo ai terreni che circondano l’azienda, sette ettari a corpo a circa seicentocinquanta metri sul livello del mare, di Nerello Mascalese, Cappuccio, mescolati a varietà a bacca bianca quali Alicante, Catarratto, Carricante, Minnella, allevati ad alberello, contornati da più di duecento muretti a secco e racchiusi in un noccioleto. L’azienda possiede inoltre altri sette ettari, divisi in tre a Milo e quattro a Biancavilla, tutti piantati a Carricante.
A Rovitello si contano principalmente due colate che hanno caratterizzato il substrato, quella del 1911, scesa fino al fiume Alcantara, ai bordi del vigneto e quella del 1809, che ha lasciato una conformazione ricca di sabbia vulcanica, basalto, cipria, pomice e una copiosità di rocce.
I vigneti sono condotti in maniera manuale per le principali lavorazioni e i trattamenti portati al minimo; nel 2022 sono stati solo due, a base di rame e zolfo, essendo in conversione Bio.
Tornando alla struttura principale è possibile notare una sorta di cantina diffusa, in più stanze, che cominciano dal vecchio Palmento, oggi rivalutato come intima sala da pranzo per gustare i piatti del ristorante.
Ripercorrendo il percorso del mosto tramite la “Cannedda” (canaletta), si arriva in bottaia, ancora oggi utilizzata per l’affinamento dei vini Fessina. Qui non ci sono più le botti grandi in castagno da cento ettolitri, ma si trovano solo botti di medio e grande formato, partendo come misura minima dai settecento litri.
In cantina si valuta l’andamento dei processi di volta in volta, lasciando le uve fermentare spontaneamente oppure inoculando lieviti neutri, se questo processo lo richiede. Si lavora con temperature controllate, decantazioni statiche, bassi livelli di solforosa, per non inficiare sul prodotto finale. Le bottiglie prodotte sono circa settantamila per anno.
Un’altra porticina, con la scritta “Istenna” (cisterna), nasconde, invece, la parte più moderna, tecnologica e meno romantica dell’azienda, con le botti in acciaio.
Non solo azienda vitivinicola, ma anche struttura ricettiva, aperta nel 2017 dopo un lungo restauro, affittata agli ospiti con una formula di stanze singole, oggi rivalutata come affitto dell’intera abitazione.
Per degustare i vini prodotti da Fessina, ci accomodiamo al piano superiore, dove è stata ricavata una sala da pranzo, con vista vigneti e, in quella giornata, una piacevole brezza a coccolare il tutto. Partenza con il Rosato 2020, “Erse”, rugiada in greco, a base di Nerello Mascalese 80% e Nerello Cappuccio 20% che stanno a contatto per sole tre ore in pressa. Vino dai sentori di melograno, ribes, miele di acacia, note iodate e sulfuree, per un palato fresco, di beva, con una buona verticalità, sapidità e mineralità, oltre ad una piacevole spalla acida.
Non solo vino, ma l’abbinamento del calice ad una ricotta vaccina condita con salsa di pomodoro, olive, e polvere di cappero fermentato.
Il secondo vino è uno dei più famosi e riconosciuti dell’azienda, Etna Bianco “A Puddara” 2020 con uve 100% Carricante, di vigneti con un’età media di settant’anni di Contrada Mansudda (a novecento ottanta metri sul livello del mare), ed un affinamento di un anno in botti grandi da trentacinque ettolitri, oltre ad un secondo anno di bottiglia. Un nome che richiama la costellazione delle Pleadi, che orientava sia i Greci ma anche i popoli Etnei nelle buie notti. Un bianco dai sentori agrumati, tropicali, bergamotto, ananas, salvia, gelsomino, per un gusto fresco, verticale, con ottima mineralità, sapidità e buona persistenza.
L’abbinamento in questo caso con una stracciatella, condita con finocchietto selvatico, olio al prezzemolo, scorza di limone, acciuga del cantabrico, fiori di geranio limonato, olio aromatizzato al pomodoro.
Insalatina eoliana, a base di pomodorini datterini, germogli, farro, pesto di rucola, menta, foglie di santolina, cucuncio (il frutto del cappero), che va ad accompagnare “Laeneo” 2020, un Nerello Cappuccio 100% che affina in solo acciaio. Un nome che ricorda le feste greche post vendemmia, per un vino ottenuto dalla parte più giovane dei vigneti a corpo, il quale sprigiona sentori di frutti rossi al naso, note ematiche, spezie, viola, rosa canina, per un palato non troppo intenso, “scorrevole”, poco tannico, con una discreta acidità, delicato, di beva e non troppo persistente.
Le erbe aromatiche utilizzate nei piatti sono a chilometro meno di zero, essendo coltivate nell’orto a loro dedicato, con diciassette diverse varietà, tra cui tre tipi di origano, quattro di timo, quattro salvie e molto altro.
Non poteva mancare un grande classico, la caponata, in una ricetta che vede come protagoniste: melanzane, zucchine, capperi, olive, mandorle tritate, niente peperoni e niente zucchero, ma miele a completare l’opera. Il quarto vino è anch’esso denominato “Erse”, Etna Rosso 2018 a base di Nerello Mascalese al 100% che si trovano a corpo, in Contrada Moscamento, sul terreno formatosi dalla colata del 1911. Due anni di botte grande e una parte di botte da settecento litri, affinamento successivo in bottiglia, per un vino dai sentori di piccoli frutti rossi, ciliegia, china, note ferrose, ematiche. Gusto elegante, fine, con una buona spalla acida, minerale, persistente.
L’ultimo vino è dedicato ad Ignazio Musmeci, una sorta di “Maestro del Conso” (area del Palmento) che vinificava il vino di tutti i dodici precedenti proprietari terrieri, mantenendo un buon equilibrio tra loro, in ottica di mini-cantina sociale. Si ipotizza che la vigna con cui è prodotto questo vino sia pre-fillossera e ne vengono prodotte circa cinquemila per anno. Etna Rosso Riserva 2018, anche in questo caso 100% Nerello Mascalese provenienti da Rovitello, che affina due anni in legno, tra botte grande e botte da settecento ettolitri, e quattro in bottiglia prima di uscire nel mercato. Sentori di frutti rossi maturi, tabacco, note ematiche, rabarbaro, pietra bagnata, per un palato intenso, ma di beva, tannino smussato, minerale, con una buona acidità e ricco in persistenza.
A sorpresa una chicca finale, Musmeci 2007, primo anno di produzione di questo vino che si presenta ancora in forma, pur con alcune note aranciate, ma con sentori di sottobosco, frutta sotto spirito, goudron, note terrose, di cuoio, tabacco, foglie bagnare. In bocca mantiene una discreta freschezza, spalla acida, mineralità e buona persistenza.
Ad accompagnare entrambi, un altro piatto della tradizione, rappresentato dalle polpette cotte tra foglie di limone, con un macinato misto al cui interno sono presenti delle scorzette di limone stesso.
Deliziati anche da questa ultima chicca di Fessina scopriamo che nei progetti futuri c’è in programma la realizzazione di una piscina, pertanto sarà d’obbligo tornare a testarla a lavori finiti.
A presto Jacopo!