Ca Olivassi, una piccola azienda che non ti aspetteresti, a Noale nella campagna veneziana
Più e più volte dal 2014!
Un’azienda a 10 minuti da casa mia, in un territorio dove una volta si produceva molto, facendo meno attenzione alla qualità…ma le cose cambiano!
La storia di Lino comincia dalla sua grande passione per la coltivazione della vite e della vigna, anche se la sua strada non è sempre stata questa e non lo è ancora al cento per cento.
In origine, tra gli anni ’70 e ’80 suo padre aveva un’azienda agricola basata sulla coltivazione di cereali e sull’allevamento bovino oltre a circa diecimila metri di terra con vigneti di merlot e di riesling.
Nessuno dei figli con il passare degli anni ha coltivato questa passione, lo stesso Lino si è laureato in economia ed ha intrapreso tutt’altra carriera.
Venuto a mancare il papà e con un appezzamento di terra in eredità la lampadina che si accende è quella di investire parte del tempo ed energie in una passione messa fino a quel momento nel cassetto. Non si trattava della coltivazione di mais o frumento o orzo ma nella rivalutazione dei vigneti principalmente di Merlot.
Un progetto che inizia nei primi anni 2000 e prende sempre più forma dal 2006, anno nel quale viene piantato il nuovo vigneto, con principalmente tre varietà di merlot, tutte accomunate dalla produzione di poca uva e vegetazione, ma dal frutto longevo e destinato all’invecchiamento.
La formazione di Lino è stata in realtà un auto-formazione con diverse letture e visite in cantine, principalmente toscane, piemontesi e francesi, affascinato e attento alle spiegazioni e le istruzioni di enologi e viticoltori.
Ci troviamo a Noale, nella provincia e DOC di Venezia, dove il terreno è a medio impasto argilloso favorevole alla coltivazione del merlot, senza alcun problema di siccità. Una “zona di golena”, dove un tempo scorreva un fiume, il Draganziolo, il cui flusso è stato poi deviato.
La scelta del nome Ca Olivassi è dettata dal nome di famiglia dove Ca sta per “casata/famiglia” e Olivassi è il nome con cui veniva chiamato un tempo il nonno di Lino, per la precisione Meneo-Olivasso.
Una cura meticolosa della vigna, volta a dare una bassa produzione di uva che viene vendemmiata rigorosamente a mano durante la terza settimana di settembre. I grappoli selezionati riposano in cassetta, all’interno di una fruttaia ventilata per circa 40 giorni. Dopodichè viene pigiata, e lasciata fermentare con il 50% dei propri raspi ormai secchi, i quali facilitano la fermentazione e cedono una parte di tannino. Una fermentazione spontanea a bassa temperatura (favorendo estrazione di antociani e polifenoli) su tini aperti di castagno, a contatto con le bucce per 45 giorni, con rimontaggi una/due volte al giorno. .
Il vino viene poi separato, con una micro-filtratura, delle vinacce e viene passato su tonneaux di rovere francese e/o di slavonia da 5 ettolitri e per un mese circa fermenta con le sue feccie pesanti. Verso Natale un primo travaso in cui viene tolto dalle fecce pesanti e dopo un altro mese e mezzo un terzo travaso. Il vino non viene mai filtrato e conserva delle particelle che lo fanno fermentare fino a primavera, poi si stabilizza con un successivo travaso verso settembre.
Un riposo per altri 20/24 mesi, con una media di un travaso ogni 9 mesi e continui rabbocchi.
Limpido e filtrato naturalmente è pronto per essere messo in bottiglia.
Nasce così il “Quartese” un nome che fa rivivere la storia del ‘900, infatti il riferimento è alla quota parte che i contadini fino agli anni ’50/’60 del secolo scorso dovevano consegnare al parroco del paese, come tassa disposta del clero.
“Ricordo che da piccolo con il nonno andavo a portare il quartese al prete e si voleva fare sempre bella figura dandogli il mais, il frumento e l’uva più bella, pertanto il nome del mio vino vuole essere anche sinonimo di qualità”.
Il secondo e ultimo vino prodotto prende il nome da “La Decima“, ossia la decima parte della produzione che nell’antica Roma i contadini dovevano versare come tassa all’erario.
Il processo di vinificazione è lo stesso, ma viene aggiunta una percentuale del 5% di un autoctono del Piave, il Raboso.
Entrambi i vini di Ca Olivassi hanno una grande personalità ed importanza sia al naso sia in bocca, con sentori terziari per lo più donati dall’appassimento e dal lungo affinamento che è comunque equilibrato. Versando il vino nel bicchiere minuto dopo minuto si ha un’importante evoluzione e si gusta al meglio con il passare del tempo.
Sentori principalmente di frutta, marasca, marmellata accompagnati da una leggera vaniglia tabacco fanno presagire un tripudio di sapori anche in bocca. Vini entrambi equilibrati che mantengono una freschezza, armonia e un velato tannino che fanno godere i momenti in cui vengono assaporati sorso dopo sorso.
Parlando di futuro l’obiettivo di Ca Olivassi è quello di ampliare la produzione di sole 4000 bottiglie, con una nuova vigna, dedicata al riesling.
Si sta puntando anche alla conversione al biologico, anche se per i trattamenti che vengono effettuati si può parlare già di un lavoro nel rispetto di questi canoni.
“Il mio vino è un prodotto genuino, sano, ottenuto con processi naturali e meccanici, ma assolutamente non chimici”.
Scopri i vini nel dettaglio leggendo l’articolo dedicato.