Domaine Jacques Selosse, quando i sogni diventano realtà, assieme a Guillaume tra i vari furti dalle botti e la degustazione delle più iconiche bottiglie
21 Aprile 2022
Dopo una giornata cominciata con la visita alla chiesa di Notre Dame ad Epernay, un pellegrinaggio a Hautevilles, dove si trova la tomba di Dom Perignon, le visite ad altre due cantine, la conclusione non poteva che essere con la realizzazione del sogno di visitare la cantina Jacques Selosse.
Ci troviamo nel paese di Avize, nella Côte de Blancs e, dopo una comparsa da parte di Anselme Selosse, il racconto e gli assaggi sono condotti dal figlio Guillaume, appena tornato dalle campagne, dove era intento, assieme ai collaboratori, a ripristinare parte dei terreni collinari, ceduti verso valle.
Ci dirigiamo subito in cantina, nascosta da un’infrastruttura di legno e speculare all’hotel, con ristorante, di famiglia: Hotel Les Avises. La struttura è composta da una sala “al grezzo” dove avvengono le degustazioni e dove non mancano le bottiglie, sia dell’azienda, ma anche delle più famose realtà francesi, italiane ed internazionali. Varcando un portone si entra nella parte principale della cantina, un tunnel nel quale sono custodite le numerose barrique per affinare i vini Jacques Selosse, l’unica tipologia di legno utilizzato per questo processo.
All’interno della barricaia Guillaume racconta la storia della realtà famigliare, che ha avuto origine dai nonni Jacques Selosse e Giselle Les Croux, i quali, dopo la seconda guerra mondiale, hanno creato una piccola cantina che per lo più vendeva le uve, provenienti dai tre ettari situati tra Avize, Cramant, Oger, alle grandi maison. Nonno Jacques Selosse era sordomuto e Guillaume lo definisce una persona estremamente spirituale, capace di capire ed interpretare ogni situazione legata al mondo dell’uva e del vino. Nel 1964 acquistarono la prima cantina, più rassomigliante ad un garage e cominciarono a produrre le prime mille/duemila bottiglie, riservate per lo più agli amici. Dieci anni dopo, nel 1974, papà Anselme tornò da alcune esperienze di viaggio e lavoro sia in Francia sia in altri Stati e iniziò a dedicarsi al lavoro in vigna e alla trasformazione delle uve. Nel corso degli anni sono state abbracciate diverse pratiche e teorie, dalle direttive biologiche ai metodi biodinamici, fino ad arrivare al punto di abbandonare queste categorizzazioni che impongono dei paletti, dedicandosi all’osservazione dei naturali processi che avvengono sia in vigna sia in cantina, cercando di essere il meno interventisti possibile e di portare a casa, da un lato il frutto che ci viene offerto dalla natura e dall’altro favorirne la sua trasformazione. Si vuole uscire dagli schemi prefissati, facendosi guidare dalle annate e dal loro andamento.
Una piccola parentesi sulla 2021, nella quale l’azienda e la Côte de Blancs sono state graziate dal livello medio di piogge cadute nella zona della Champagne.
Dopo aver cambiato tre diverse location, nel 2004 è stata acquistata l’attuale struttura e oggi a fianco di Anselme Selosse troviamo il figlio Guillaume che, dopo gli studi e un viaggio di un anno in Australia, al di fuori del mondo del vino, è rientrato a casa, per prendere quel testimone che il padre gli sta lasciando. Dai tre ettari di partenza, ora se ne contano otto e tremila metri, situati nei Cru di Avize, Cramant, Oger, Le Mesnil-sur-Oger, Ay, Mareuil-sur-Aÿ and Ambonnay. I vigneti sono distribuiti in cinquantaquattro appezzamenti e le lavorazioni rispecchiano la già citata filosofia non interventista, descritta come l’avere il maggior rispetto per il suolo, l’aria, la vigna, senza una ricetta precisa, ma interpretando il biologico come la logica della vita e non come un insieme di parametri. Di certo il presidio nelle campagne è costante, in prima persona e grazie all’aiuto di collaboratori filosoficamente allineati.
Tra le chiacchiere assaggiamo alcuni vini contenuti nelle barrique, che, tassativamente, non vengono mai colmate e la solforosa aggiunta solo se è strettamente necessaria, indicandone l’eventuale quantità fuori dai contenitori. Alcune basi di Chardonnay 2021 per capire lo stile di vinificazione Jacques Selosse e i diversi vini che si esprimono con sentori differenti, dipendentemente dagli appezzamenti, dalle altitudini, dal tipo di legno usato.
Due basi con uve provenienti dal Mont Chenevaux, ad Avize, dove troviamo in una, un vino più agrumato e fresco, con note di pietra bagnata, ananas; mentre nell’altra, note burrose, di foglia bagnata, punte speziate. In entrambi i casi l’acidità è quasi estrema!
Spostandoci sul Mont De Cramant, sempre in Avize, a metà collina si trovano le vecchie vigne utilizzate per il vino Substance: qui rimangono le note agrumate e tropicali ma si attenua l’acidità e si acquisisce un maggior corpo e lunghezza al palato. Da un’altra barrique, che contiene un vino ottenuto dalla cima delle colline di Avize, un furto che sprigiona punte di idrocarburo; per poi incappare in uno Chardonnay dai forti sentori di riduzione ed infine un confronto tra le stesse basi contenute in una barrique nuova e in una di un paio di passaggi, con un impatto di legno che ha bisogno di trovare il suo equilibrio sia al naso sia in bocca.
Guillaume fa notare come in alcune barrique si sia formata della fioretta, un velo biancastro che assomiglia ad una ragnatela, risultato del contatto con l’aria e la conseguente ossidazione.
Finiamo con un Pinot Nero, sempre annata 2021, le cui vigne sono piantate in terreni nei quali la terra prende un colore bluastro a causa della presenza di magnesio. Qui troviamo i piccoli frutti rossi, la ciliegia per lo più e una maggiore verticalità al palato, una buona tensione, acidità e persistenza.
Non c’è una regola universale negli imbottigliamenti, ma si preparano i vari blend dopo un monitoraggio costante delle basi e gli assaggi per trovare il giusto connubio da mettere in bottiglia. Bottiglie che andiamo ad assaggiare nella prima sala della cantina, dove l’umidità, per fortuna, si attenua. Cominciamo con l’etichetta più famosa, che con le sue circa trentamila bottiglie per anno, ricopre metà della produzione dell’azienda, l’Initial. Una base di vini del 2015 con l’aggiunta di riserva 2014 e 2013 e un riposo di almeno cinque anni sui lieviti, le note di frutta disidratata, fiori e frutta secca, il tocco ossidato la fanno da padrone, con un ottimo corpo, pieno, persistente, ma anche ricco di mineralità, spalla acida e persistenza.
Continuiamo con il “VO”, frutto dello stesso blend e vinificazione, ma uve provenienti solo dalle parti alte delle colline e un affinamento di cinque anni sui lieviti; più delicato sia al naso sia in bocca, con note di mela, frutta secca, spunti agrumati, piccola pasticceria con una costante e piacevole nota ossidativa, per un palato strutturato, pieno, buona acidità e buona persistenza.
Il terzo vino è un Pinot Nero 2014 con le uve provenienti da Ambonnay “Le Bout Du Clos”, nel quale emergono le note di ciliegia, piccoli frutti rossi, arancia sanguinella, spunti di miele e una nota speziata, per un palato più verticale e una bolla fine, oltre ad una marcata acidità e buona persistenza.
La Reserve Perpéttuelle “Les Carelles” è un blend di vini dal 2003 al 2014, ottenuti da uve Chardonnay le cui vigne crescono tra terreni ricchi di sassi e pietra focaia. Una grande mineralità che si percepisce già dal naso, dove gli agrumi, frutta secca, gli spunti di pasticceria e i sentori di pietra bagnata accompagnano un gusto più delicato, inteso e con un buon corpo.
Un assaggio anche del Rosè Brut Jacques Selosse che nasce da una cuvée di 90% Chardonnay di Avize e 10% di Pinot Noir di Ambonnay, la quale esprime sentori di fragoline di bosco, scorza d’arancia, spezie, ma anche richiami di frutta secca e un potpourri di fiori delicati per un gusto pieno, corposo, dai tocchi minerali e un’ottima persistenza.
Giunti alle battute finali il Substance, con una base di uve del 2012 e una riserva che arriva fino al 1986. Un 100% Chardonnay che proviene dai territori di Avize e si presenta al naso con sentori di frutta secca, note di frutta disidratata, spunti fumè, di tabacco; in bocca pieno, con una buona mineralità, corposo, lungo.
Uno dei motti dell’azienda è la frase “l’Autre memé”, con il significato di raggiungere lo stesso obiettivo, percorrendo di volta in volta strade diverse.
E per finire in dolcezza il Vino Liquoroso “il était une fois” prodotto a base di uve Chardonnay, quando consentono di ottenere questo nettare. Anche in questo caso una riserva che spazia dal 2009 al 2013 e ben centocinquantadue grammi zucchero. Al naso tripudio di profumi che spaziano dalla frutta secca, fichi, datteri, pasticceria, cioccolato bianco, vaniglia, tabacco dolce, spezie, per un ottimo equilibrio al palato, con una buona acidità, mineralità e lunghezza eterna.
Guillaume ha anche un suo progetto personale “perché qui a diciotto anni non si regala un Rolex, ma un pezzo di vigneto”; vigneto a Cramant, nella Côte de Blancs, regalatogli dalla nonna allo scoccare della maggior età, dal quale produce circa seimila bottiglie per anno di Champagne dal nome “Au Dessus du Gros Mont“.
Un sogno realizzato quello di incontrare la famiglia Selosse nell’omonima azienda Jacques Selosse, persone di grande umiltà, cuore e professionalità.